Giro 2016
Corvara
20 - 22 maggio
Il Giro delle Dolomiti
Protagonisti
"In una Corvara invasa da alte personalità ciclistiche Caparrini,
Nucci e Chiarugi vengono notati sotto un tendone da circo pieno
di montanari alticci che addentano polli arrosto serviti in mano
senza posate, il tutto allietato dai fragorosi ottoni della
filarmonica della Val Badia. L'indomani i tre escono a fare
quattro passi ed assistono ancora una volta ad una vittoria di
tappa di Chiappucci ed un’anticipata vittoria finale di
Indurain."
Correva l'anno 1993 e l'Anonimo del Manoscritto così
stringatamente liquidava il primo Giro d'Italia della neonata
Società Ciclistica Empolitour. Oggi le cronache parleranno
ancora di questi tre inossidati patriarchi sui quali svetta il
supremo presidente Caparrini che ha voluto rievocare col
gigantismo attuale quella primordiale spedizione. Decuplicati i
partecipanti, raddoppiati i pernottamenti, triplicate le tappe,
potenziati i mezzi di trasporto e centuplicate le spese: tutto
cambia perché niente cambi, come queste maestose montagne che
subiscono solo erosioni impercettibili ai nostri occhi mortali.
Narrate e pedalate altre volte da altre angolazioni queste
superbe rocce non hanno mai perso l'occasione di mostrare il
loro carattere più ostile. Solo in tarda età dopo nubi,
pioggerelle, piogge, temporali, geli e geloni sono apparse ai
ciclisti in uno splendore inconsueto e inatteso. Per questo
verrebbe voglia di elencarle tutte una per una coi loro nomi
d'arte:
Sassongher, Lavarella, Conturines, Lagazuoi, Setsas... Come se
fossero partecipanti al pari di
Bagnoli F, Bertelli, Caparrini, Chiarugi, Cocchetti, Corsinovi,
Farnetani, Innocenti, Maltana, Muritano, Nucci Ri, Nucci Ro,
Salani, Ulivieri, Bagnoli M, Bartoli, Cilia, De Rienzo,
Gastasini A, Gastasini L, Lupi, Mazzanti, Pisaturo, Scardigli,
Selmi, Seripa, Starnella. Loro sono i protagonisti mobili
vigilati dai giganti immobili. Ambedue le classi di protagonisti
sono noti a pochi e documentati lettori che possono associare il
nome all'immagine dell'oggetto. Gli stessi ciclisti del resto,
affacciati ai balconi dell'hotel Gran Fanes di Corvara
rimanevano estasiati in mezzo a cotante visioni senza però
riuscire a distinguere il Lavarella dal Lagazuoi, proprio come
gli spettatori ai bordi della strada di fronte al fluire di
tanti Empolitour ignoravano quali fossero Caparrini, Chiarugi e
Nucci nonostante la loro ventennale fama, né sapevano
discriminare fra Nucci Ri e Nucci Ro, fra Bagnoli F e Bagnoli M
o fra la Bertelli e la Maltana.
Col passare
dei Giri oltre ai soggetti e agli oggetti si sono moltiplicate
anche le parole necessarie a raccontarli: dalle sintesi estreme
degli anni novanta alle analisi dettagliate dei giorni nostri,
prediligendo più le debolezze delle forze, più i vizi delle
virtù, più le botte degli scatti, perché gli ultimi siano i
primi, i mediani restino mediani e la fine sia l'inizio. Non per
caso si comincia da Chiusa.
Erbe
La storia ha
inizio nel parcheggio del ristorante Brunner Hof di Chiusa in
Val Gardena dove un omino con la paletta sta coordinando il
parcheggio dei clienti ed è visibilmente contrariato quando si
accorge che l'autobus dell'auriga Coletti non ha scaricato
potenziali consumatori.
La tappa in
itinere con trasbordo di ciclisti è una strategia che ha
riscosso favori negli anni precedenti e che Caparrini ha
riproposto per scalare il Passo delle Erbe o Jü de Börz o
Würzjoch e raggiungere in bici il Gran Fanes di Corvara o
Corvara o Corvara. Anche il furgone del vice-auriga Sabatini con
la moglie in serpa è predisposto a fungere da ammiraglia durante
la scalata mentre l'autobus se ne va in albergo per le vie brevi
recando seco Ulivieri, tradito da un bombolone autostradale, e
Gastasini L, l'ipotetico esordiente di dubbia complessione
ciclistica. La frenesia d'un bonario agonismo induce molti
ciclisti a sgravarsi di orpelli nell'ammiraglia e approfittando
di questi indugi di vestizione gli esperti di fughe bidone,
Cocchetti e Muritano, sono già partiti con Lupi, De Rienzo e
Bagnoli M alle calcagna. Il presidente durante il viaggio aveva
rassicurato che la strada delle Erbe è univoca e che è
impossibile sbagliare, ma al primo bivio è già fermo con la
cartina in mano fra un nugolo d'indecisione di cui approfittano
con senso d'orientamento Bertelli, Chiarugi, Nucci Ro e poi
Mazzanti per una controfuga bidone che sortisce l'effetto
immediato di riacciuffare lo statico Bagnoli M. Queste scaltre
manovre anticipatorie tagliano fuori dal rango i pur volitivi
Nucci Ri e Pisaturo mentre Salani e Selmi recuperano il divario
con riserva dì vendetta. Ovviamente la scure del sorpasso si
abbatte inesorabile sugli inani De Rienzo e Lupi, e quindi sui
mandanti Cocchetti e Muritano. Nucci Ro è l'unico membro della
controfuga a reggere il vindice ritmo di Salani e Selmi. La
salita s'erge e si posa con ripetuti fendenti che fiaccano le
sporgenti ossa di Selmi ed esaltano le pelose polpe di Salani
addentate con bava grondante
ancora da Nucci Ro, mentre i pugnaci Corsinovi e
Scardigli risalgono metodicamente la china senza però
oltrepassare il confine dei primi inseguitori, nelle statuarie
figure di Chiarugi e Mazzanti che in questo Giro sembra
predestinato a vincere la sfida delle taglie forti col
presidente, nel frattempo impegnato ad inglobare Bartoli e Cilia
nell'implacabile rete che sfiora di poco il rubesto Starnella. I
post-caparriniani più evoluti come Bagnoli F, Innocenti, Maltana
e Seripa sono attesi senza patemi. Farnetani qualche patema lo
dà con quel suo piedone destro fresco di frattura ma dopo un
intervallo di quaranta minuti giunge vitale all'Ütia de Börz,
dove si erano rifugiati i compagni per ingannare l'attesa con
strudel galleggianti su stagni di crema.
I conti alla
fine però non tornano perché manca un succo di mela da pagare e
mancano pure Bagnoli M, De Rienzo e Gastasini A, evidentemente
scortati dal vice-auriga perché manca anche lui. Più che la
mancanza dei ciclisti, notoriamente bradicinetici, preoccupa
quella del furgone al quale molti ingenui hanno affidato gli
abiti da rivestimento perché, checché ne dica l'atermico
presidente, in cima fa freddo. E lo spontaneo e svestito
Corsinovi si scalda con un escalation di moccoli che risale
tutta la gerarchia ecclesiastica fino alla Trinità.
Rivelazioni
telefoniche non tardano a collocare gli scomparsi che, a
dispetto dell'univocità della strada, si sono immessi in un
lungo cul de sac montano con la complice accondiscendenza
dell'ammiraglia. Diffidati e mai sfiorati dal proposito di
risalire in bici, i tre si mescolano a zaini, borse e valigie
conquistando il Würzjoch fra lazzi e cachinni. E così al terzo
anno di partecipazione al Giro pochissimi testimoni possono
giurare sull'esistenza in bici di Gastasini A, detto maestro.
L'arrivo in
albergo è perciò diviso in partes tres, fra alcuni frettolosi
capitanati da Pisaturo, il gruppo presidenziale e i tre sommersi
e salvati che il furgone un po' protegge dalla pubblica onta. Il
tuffo nella statale della Val Badia è un brusco risveglio dagli
erbosi e silenziosi alpeggi. Un'impercettibile salita convive
coi mezzi leggeri e pesanti ma il crescente sentore del Gran
Fanes attenua i disagi. A La Villa o La Ila o Stern s'entra nel
prossimo futuro di Giro con rosee esposizioni di fiori,
palloncini, vetrine addobbate e cartelli con Bëgnodüs (e non
Benvenuti o Willkommen). Le Dolomiti cominciano a colorarsi di
rosa, senza scomodare l'Enrosadira.
Nevi
"Sono pietre o
sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?" Così scriveva Dino
Buzzati delle Dolomiti nel 1956 e così copiava l'Anonimo del
Manoscritto nel 2007. Quando Caparrini si sveglia e dalla
finestra del Gran Fanes s'accorge che sono pietre e non nuvole
ripone i manicotti in valigia e ammette che è bello prendere
decisioni così importanti scrutando il cielo e non navigando sui
siti di meteorologia. C'è qualcosa d'irripetibile oggi in un
sole non voluto dagli aruspici: il circuito di ottanta
chilometri ricalca interamente il percorso della rosea tappa ove
giganteggia il Passo Giau.
Man mano che i
ciclisti scendono nell'arengo sale la fierezza del presidente
nell'apprezzare la realizzazione del suo progetto. È fiero
dell'italianità perché una tappa del genere al Tour non sarebbe
mai nata: alberghi precettati e gendarmi placcanti non esistono
al Giro. Qui c'è un blando impedimento ai motorizzati che potrà
dispiacere a chi sperava nell'agio dell'ammiraglia ma che regala
strade libere e incontaminate. È fiero di vedere tanti seguaci
pronti ad immolarsi al crudele gigante, ma a pensarci bene
sarebbe meglio, per la loro salute e quella di chi dovrebbe
aspettarli all'addiaccio, che Bagnoli M, De Rienzo e i due
Gastasini rinunciassero al Giau scorciando per il Falzarego.
Sebbene nessuno di loro avesse mai pensato a diversa iniziativa,
la benedizione presidenziale li rende meno vili agli occhi delle
loro coscienze e con gli animi rinfrancati dall'autorevole
placito sarebbero pronti a condividere con gli altri un'unica
salita, nella figura dello snobbato Campolongo. Sennonché nel
garage del Gran Fanes si verifica un evento tipico dei ciclisti
più negligenti come Nucci Ro: la foratura ante motum che per
essere canonica deve essere percepita non prima dell'ultima foto
nell'imminenza della partenza. Gastasini A, la cui maestria è
sempre stata un mistero ma che sembra abile nello sgonfiare e
gonfiare camere d'aria, viene perciò reclutato alla bisogna. Per
tutta riconoscenza Nucci Ro non si premura di accertare la sua
posizione una volta ricevuto il servizio. Lungo la blandizie del
Campolongo pochi notano l'assenza di Gastasini e chi la nota la
ritiene una norma.
In cima al
passo dopo la decima foto qualcuno pur di ripartire sparge la
voce incontrollata che Gastasini sta bene e che non vuole essere
aspettato. Un manipolo d'impazienti col solito Muritano non se
lo fa dire due volte. Con lui ci sono Chiarugi, Mazzanti, Nucci
Ro e Scardigli che anticipano la calata dei presidenzialisti col
malcelato intento di beffare i belligeri Corsinovi, Salani e
Selmi. Ma ai piedi del Giau i pretendenti al primato si
riunificano dopo avere abbandonato i ligi caparriniani in balia
del Colle Santa Lucia che a dispetto del nome nessuno considera
un colle anche se la strada sale. Dopo tante strade fresche e
deserte dove al massimo s'incontrava qualche veicolo
strombazzante da tergo il Giau è caldo e popoloso e per i forti
dell'Empolitour inizia il frenetico conteggio dei sorpassi
eterocliti. Le battaglie intestine non hanno invece esito
scontato. Corsinovi abbaia ma non morde mentre Salani morde
senza abbaiare. Sfianca subito la resistenza di Nucci Ro e
Selmi, cuoce a fuoco lento Chiarugi che lo aveva rimontato e
infine si permette pure di castigare un eterodosso giungendo
invitto al traguardo del GPM appena montato fra due muretti di
neve che rendono più seria l'impresa in fotografia.
Meriterebbero
una parola tutti coloro che in tempi e modi diversi arrivano
felici sulla biancheggiante vetta, ma la musa non ha ventidue
occhi e deve accontentarsi delle lacrime della Bertelli, del
piede diseguale di Farnetani e del bombolone di Ulivieri
finalmente digerito. Poi s'accorge della Maltana che supera un
guaio al filo del cambio grazie alla servitù di Seripa e poi
supera di slancio gli antecedenti caparriniani. Il presidente ha
consigliato con un sottinteso obbligo la sosta-Pagni sul Giau
quantunque le bulimiche colazioni del Gran Fanes siano per lo
più indigerite. Egli comunque dà il buon esempio sbocconcellando
una fetta di torta in piedi e all'ombra perché coi circa quattro
gradi del nevaio teme l'insolazione. Altri che non sono dello
stesso avviso alimentare e termico cominciano a sfollare il Giau
anzitempo. Il freddoloso Bartoli è il primo a tagliare la corda,
seguito da Cocchetti, amante delle fughe. Anche il digiuno
Chiarugi e il rifocillato Pisaturo non disdegnano l'anticipo che
consente loro di scansare l'ennesima foto. Caparrini invece
acconsente, ma con sollecitudine, perché il suo programma
prevede a Corvara una doppia visione della rosea tappa.
Da queste
premesse si capisce che i corridori torneranno alla meta in
gruppuscoli casuali. Ciò che la sosta ha unito la discesa verso
Pocol disunisce e provoca il colpo di grazia sul cambio
raffazzonato della Maltana. La gentile e affranta donzella, di
fronte alla prospettiva di scalare il Falzarego con un rapporto
da velocista, si appella all'onnipotenza del presidente che
adocchia e blocca il pullman della squadra belga Etixx-Quick
Step. Gesticolando in francese e fiammingo Caparrini convince il
pilota a caricare la sinistrata ciclista che così termina la
tappa da una visuale privilegiata, in bilico, curva dopo curva,
fra onore e vergogna. Sorpassa gli ignari fuggitivi che in tema
di pena non se la stanno passando molto meglio. Sul pur mite
Falzarego tante fatiche tornano a galla. Chiarugi patisce
l'eccesso di sosta brancolando fra Innocenti e Cocchetti, e
forse gli unici che mantengono lucidità e dignità d'integralismo
sono Pisaturo e Starnella che a cinque chilometri dall'arrivo
deviano correttamente sul muro del gatto, o mür dl giat o
katermauer, da tutti gli altri dolosamente o colposamente
ignorato. Ma Caparrini che alla fine, nonostante soste e
intoppi, riesce a realizzare due visioni di tappa con due abiti
diversi, propone una moratoria sul riduzionismo perché,
sostiene, chiunque oggi abbia pedalato anche un solo metro in
questo spettacolo di natura e di sport merita rispetto e cena
completa.
Rocce
Continuano ad
essere pietre, non nuvole. Caparrini ha ormai sepolto i
manicotti e intasca la mantellina come amuleto, certo di non
usarla. Come Chiarugi indossa da tre giorni lo stesso completino
sociale intessuto di una bionica fibra che trasforma i sudori in
aromi montani. Sa che basterà a proteggerlo equamente dal caldo
delle salite e dal fresco delle discese. Perché in questa ultima
e commemorativa tappa tertium non datur, si sale o si scende.
Sono quei quattro passi del 1993, quel concentrato di Dolomiti
che da solo vale l'oneroso prezzo della spedizione.
Tutti, da
Salani a De Rienzo, vorrebbero godere di cotanto idillio ma,
sostiene Caparrini, siccome c'è da sbrigare la tradizione del
pranzo obbligatorio, bisogna rimanere nei tempi della sua
rigorosa tabella di marcia. Pertanto i noti lenti sono bene
accetti ma devono partire prima, insieme ai fiacchi e ai
debilitati. L'aureo circuito non offre margine di riduzionismo,
fatta salva l'ignominiosa retroversione sul Passo Gardena.
Bagnoli M e De Rienzo godono dell'insperata concessione
accompagnati da Gastasini A, finalmente pedalante davanti a
testimoni oculari. Fra di loro s'infiltrano indebitamente il
solito Cocchetti, Ulivieri che non ha digerito lo strudel e
Bagnoli F che però ci ripensa quando lo additano come bubbone.
Per gli altri
il Gardena è l'unico passo sul quale possono sfilare in breve
parata compatta prima di snocciolarsi secondo le proprie forze
residue. Anche qui Salani non concede sconti e continua a
seminare con irsuta vigoria i soliti patriarchi Chiarugi e Nucci
Ro che veleggiano con l'eterno piazzato Selmi. Il veterano
combattente Scardigli può gioire per la semina di Corsinovi che
viene braccato addirittura dalla Maltana alla ricerca della
riabilitazione dopo la gita in corriera. Ovviamente tutti gli
anticipatori tornano al pettine dei più forti. Neanche la spinta
propiziatoria di Chiarugi rinfranca De Rienzo che con Bagnoli M
medita e poi attua un rapido ritorno a Corvara mentre il maestro
Gastasini si esibisce in strane evoluzioni circensi con frenate,
retromarce e risalite. Caparrini, immaginando che nessuno gli
avrebbe dato retta, non ha impartito disposizioni per il
comportamento sui passi, tranne un vago consiglio d'attesa sul
Pordoi. I ciclisti, già indisciplinati di natura, si sentono
perciò autorizzati a discendere in tempi, velocità e modi
incontrollati. Lo scaltro Scardigli cerca di tuffarsi in discesa
per riattaccare Corsinovi e non solo lui, ma è presto frenato
dal contrappasso di una foratura che obbliga i compagni che lo
seguono a fermarsi per principi etici. Il gruppo è quasi
compatto al bivio del mezzo Passo Sella. Corsinovi freme di
vendetta e smoccola in buon italiano verso un'auto polacca che
lo costringe al piede a terra. Ma anche qui fra baluardi
rocciosi che incutono religiosa lentezza, Salani mette in fila
la compagnia e chi vuole, con le buone o con le cattive,
staccarlo almeno una volta nel Giro, decide di scollinare il
Sella senza requie mirando direttamente al Pordoi. Scardigli,
Nucci Ro, Corsinovi, Chiarugi e financo la discesista Bertelli
non badano ad attese e giocano sulla penultima salita la carta
della sorpresa. Tagliato fuori con la frode l'ingombrante e
ignaro Salani, il Pordoi diventa così un affare di pochi metri
tra Chiarugi e Nucci Ro per tacere delle gaie scaramucce fra
Scardigli e Corsinovi che vorrebbero insieme a Cilia essere i
protagonisti dell'ultimo Campolongo se non fosse per il redivivo
Selmi nel ruolo stavolta di primo attore.
Le Dolomiti o Dolomites o Dolomiten volgono al desio e inteneriscono il forte cuore ai ciclisti che le hanno vissute come un regalo di una breve parentesi lieta e soleggiata. Mentre le bici tornano smembrate nel ventre dell'autobus, dalle pietre mescolate al cielo si forgiano le prime vere nuvole che sembrano proprio della stessa loro materia. Ma gli Empolitour sono ormai al riparo, impegnati al ristorante nel loro passatempo preferito dopo il ciclismo. Al presidente che ha reso possibile questo trittico con suprema costanza e dedizione osano soltanto dire, ma tutti in coro, grazie o dilan o dank.