Tour 2014
Gripp 22 - 26 luglio
Il Tour degli ottavi Pirenei
Similitudini
Supremo come Caparrini (47,25,8), bubbolante come Bertelli (30,15,5), spartano
come Chiarugi (45,23,8), riprogrammato come Cocchetti (14,7,3), ruspante come
Garosi (6,1,1), diligente come Giunti (24,13,4), attesa come Maltana (5,2,1),
indisciplinato come Muritano (18,9,3), impulsivo come Nucci Ri (5,2,1),
compulsivo come Nucci Ro (46,25,8), inossidabile come Rinaldi (15,7,3), pavido
come Ulivieri (10,5,3), elegante come Alotto (6,4,2), illocalizzabile come
Bitossi (27,13,4), sconosciuto come Del Conte (1,1,1), custodita come Cucinotta
(9,3,1), feroce come Malucchi W (4,4,2), sperimentale come Pisaturo (4,2,1),
combattivo come Scardigli (5,3,2), serafico come Seripa (19,10,3), ultimo come
Vezzosi (15,6,3).
Ora l'Empolitour può dirsi attivamente partecipe a quarantasette Grandi Giri,
venticinque dei quali Tour, otto dei quali pirenaici (47,25,8), stesso codice di
accesso del presidente Caparrini che in senso algebrico è una parte in
corrispondenza biunivoca con la totalità e quindi un insieme infinito. Nella sua
infinitezza egli ha accolto settantasei ciclisti, quarantatré dei quali al Tour,
trenta dei quali sui Pirenei, venti dei quali quest'anno. Hanno codici che
celano annosa esperienza, poche unità si leggono: ovvero cinque esordienti
pirenaici, due dei quali anche al Tour, uno dei quali anche a tutto. Nessuno
pretende ventate di giovinezza né da Garosi, che è lo Zio per antonomasia, né da
Del Conte, che è il palafreniere di Vezzosi. D'altronde la squadra dimostra
l'età che ha, e quei numeri sfrondati dal vanto delle referenze significano
molte annate e molte pedalate, sane ma usuranti.
Il supremo custode dell'ortodossia e del programma continua però a legiferare
più per rispetto della tradizione che per adattamento alla senescenza. Allenta
sugli epifenomeni, concedendo viaggio in autobus, albergo unico e confortevole,
e assistenza tecnica e spirituale, ma stringe sulla sostanza, con percorsi e
tappe degni di un florido atletismo che nessuno si rassegna a sentire sminuito.
Dagli ottavi Pirenei spuntano perciò otto colli mai banali in tre giorni mai
riposanti con due tappe da visionare mai insignificanti e con migliaia di
gendarmi mai docili. Il soggiorno e i percorsi sono scelti a misura di gendarme
perché brucia ancora dopo un anno l'interruzione armata della tappa integrale.
Spunta così la Maison d'Hoursentut a Gripp che dista dagli arrivi di tappa di
Pla d'Adet e Hautacam un tempo che, tenendo conto di partenze ritardate di
Bitossi, forature di Scardigli, Orangine di Caparrini e velocità di Rinaldi,
deve essere per forza inferiore a quello che intercorre fra il risveglio dei
gendarmi e l'imposizione del coprifuoco ciclistico.
Come arrivi a Gripp il torpedone di duplice autista è storia lunga ma evitabile,
di come sia stato difficile trovare questa Maison in una frazione di quattro
fattorie è meglio tacere. Di questo lungo e tedioso prologo rimane la prima cena
immeritata quanto raffinata sotto l'egida di madame Laffont che di questo
hotel de charme è direttrice,
portiera, cameriera, barista e cuoca. Nonché vivandiera, dacché accetta di buon
grado la fornitura di olio, parmigiano e pomodori esportati da Rinaldi che
sempre previene le lacune della cucina francese. E rimane il primo dopocena con
le stelle come lampioni, la corrente dell'Adour come traffico e una ventina di
ciclisti come avventori che fingono d'interessarsi alla lettura della recensione
presidenziale.
Sineddoche
Accantonata per ora e forse per sempre l'idea della tappa integrale, si ritorna
all'antica e soddisfacente figura della parte per il tutto. Anche perché se
aggiungiamo alla parte finale della tappa il ritorno a Gripp con l'Hourquette
d'Ancizan l'integralismo dell'Empolitour diventa molto più duro di quello del
Tour. Questo Pla d'Adet posto da Caparrini come sezione aurea dell'intero
tragitto, sembra un traguardo raggiungibile senza ansia da gendarme nonostante
sia preceduto da un Aspin e da un Val Louron-Azet. Il supremo topografo ha
calcolato questa rassicurazione inserendo le già citate variabili confondenti,
come il ritardo in partenza di Bitossi che puntualmente si verifica, però
vorrebbe essere rassicurato dai bradicinetici estremi, come Cucinotta e Vezzosi,
sul loro annunciato riduzionismo in modo da impartire l'esenzione plenaria dalla
loro attesa sui colli. Ottenuta la certificazione di scorciatoia da parte loro e
da parte di Ulivieri che è pavido, di Del Conte che è palafreniere e di Seripa
che è coniuge, Caparrini può finalmente impartire anche il via alla prima tappa,
mentre secondo indole certificata Bitossi è altrove e la Bertelli bubbola perché
non vuole passare dall'inesplorato Hourstentut.
L'Hoursentut che dà il nome alla Maison è semplicemente la
rive droit dell'Adour di Gripp dotata
di viuzza che porta alla strada dell'Aspin senza passare da Saint Marie de
Campan. Inizia su questa viuzza il Tour di Chiarugi e Pisaturo, unici
insensibili al bubbolio che anticipano Bertelli e compagni sensibili e
pedissequamente discendenti dalla più lunga
rive gauche. L'anticipo non ha
particolari risvolti morali o agonistici. I due conquistano un Aspin ancora
dormiente e abitato solo da vacche stradali di Payolle senza apparente bovaro.
L'ignaro Muritano, lanciatosi in fuga bidone per la supremazia non pare però
contrariato quando si scopre terzo. Del resto l'Aspin anche se è un colle
rinomato non sta propriamente sul percorso giallo e quindi non ispira
belligeranza nemmeno nelle gambe dei più imprudenti, come i fratelli Nucci o gli
arzilli Garosi e Scardigli.
D'altra pasta è fatto il successivo Val Louron-Azet. Spettatori rigogliosi
fioriscono ai bordi ma già ve n'erano piantati da giorni anche nelle plaghe
assolate coi tavolini da picnic. Questo profumo di Tour eccita gli animi sopiti
ma nei pressi di Genos in gruppo si assiste al noto fenomeno della diaspora per
guasto inopportuno, che consiste nella tripartizione di un insieme compatto di
ciclisti quando uno di loro si ferma nel bel mezzo dell'agone. Il primo di una
lunga serie di salti di catena appieda Cocchetti e divide i ciclisti in
partes tres: i posteriori costretti a
fermarsi per fair play, gli anteriori
che non odono i richiami alla sosta dei posteriori e quelli che fanno finta di
non udire e proseguono. Ci sarebbe anche una quarta categoria, qui rappresentata
da Chiarugi, di coloro che, testimoni del guasto, si tolgono dall'impiccio con
la scusa d'avvertire i fuggitivi.
Cocchetti rimane così con l'unto in mano mentre la salita è appannaggio di un
manipolo di irrequieti ove si scorgono in coppie ordinate Chiarugi e Pisaturo,
Garosi e Scardigli, Giunti e Muritano. Al bivio fra Val Louron e Azet la prima
affiatata coppia interpreta correttamente il
droit dei tifosi mentre gli
inseguitori Garosi e Scardigli traducono
dritto e finiscono a Val Louron. Nessuno si sorprende della loro assenza in
vetta conoscendo l'ortodromia di Garosi che è famoso in tutta Italia per le
scalate di colli indesiderati. Come è poco sorprendente la presenza di Bitossi
che nessuno aveva mai visto finora. Di pari usualità è l'Orangina di Caparrini
che in carenza di gendarmi si concentra sulla profilassi dell'arsura.
In un Tour che si rispetti arsura e gendarmi sono il principale e storico
nocumento che dovrebbe esprimersi in tutto il suo fulgore sulla decisiva salita
di Pla d'Adet. Il problema è che con una partenza così razionale il gruppo a
Saint Lary Soulan trova il sole non ancora allo zenit e i gendarmi non ancora
bellicosi. Trova anche Ulivieri che dopo aver capeggiato la fazione dei
rinunciatari è deciso a redimersi. Allora il presidente sottraendo la doppia
coppia Vezzosi-Del Conte e Seripa-Cucinotta prevede un bottino di diciassette
ciclisti all'arrivo e mentre pedala nella sua inesorabile collocazione
baricentrica pensa alla strategia più convincente per trattenerli tutti alla
visione di tappa. Intanto la tête de la
course si rende interessante perché
il binomio Chiarugi-Pisaturo stavolta non è trascurato ma avidamente braccato da
Garosi-Scardigli che è meglio non lasciare da soli. L'illocalizzabile Bitossi
che invero in corsa può avere due e solo due localizzazioni, davanti a tutti o
dietro a tutti, qui decide di tirare il colle e il collo con la complicità di
Pisaturo e Garosi, in evidente sintonia con la loro prima arsura pirenaica. Chi
spera in una volata sotto lo striscione non ha memoria di venticinque Tour e non
sa che per percorrere gli ultimi trecento metri col traguardo montato
bisognerebbe che l'Empolitour acquistasse la licenza UCI Pro Tour. La transenna
con quattro gendarmi aggiogati è il massimo traguardo per tutti, pre-caparriniani
e post-caparriniani, con la differenza che gli uni salgono a piedi fino alla
Boutique du Tour mentre gli altri
obbediscono alla volontà presidenziale. Caparrini ha infatti rinunciato al
saccheggio della Boutique per dedicarsi all'esproprio proletario di un tavolo
ove sopravvivere sei ore. S'ignorano la tattica e la caparra ma lo ritroviamo
poco dopo col contratto di locazione di un bar chiuso al pubblico che prevede il
diritto alle consumazioni e al rimessaggio delle biciclette. Richiamati indietro
anche i pre-caparriniani, già rassegnati alla fotosintesi, l'Empolitour può
trascorrere in gaia compattezza il lungo rito ortodosso della visione di tappa.
Con molte varianti di attendismo.
Nutrizionismo. Per fame o per noia le patatine fritte prevaricano i sensi di
colpa e prolungano la stazione sul ligneo desco. Si possono aggiungere gelati e
caffè ma mancano ancora quattro ore.
Sonnambulismo. Per non tradire le abitudini di una sana pennichella Malucchi
giace russante su un balcone mentre Rinaldi occupa per tentazione la cameretta
del figlio della barista, venendone però subito espulso con modi garbati ma
decisi. Alla peggio c'è il ligneo desco su cui si posa la testa ciondolante di
Nucci Ro.
Attivismo. La concorrenza di scattanti e piagnucolosi
enfants dissuade i ciclisti meno
motivati nell'incetta dei cadeaux
meteorici della carovana pubblicitaria. Chiarugi che si è portato dietro
un'apposita gerla sembra il più spietato, mentre Giunti afferra svogliatamente
senza muoversi e Cocchetti funge da guastatore. La Maltana si stufa dopo poche
prese e Caparrini vaga indefesso fra transenne e scomodi televisori.
Alcolismo. Alotto viaggia ad una media oraria di birre superiore a quella con
cui ha scalato il Pla d'Adet. Ma anche alla settima appare molto più sobrio di
quando è arrivato in cima.
Ciclismo. Li aspettano per cinque ore e quando arrivano non vedono l'ora di
ripartire. Il vincitore Majka è uno che ha fatto molte salite coi velocisti più
scarsi e poi si è svegliato. Un po' come fa Bitossi che ovviamente nessuno sa
dove sia. Caparrini ammonisce più volte di aspettare la
voiture balai prima di gettarsi nella
mischia della discesa ma alcuni frettolosi contravvengono e oltrepassano le
transenne molto prima dell'arrivo di Kittel, con la lusinga di spartire qualche
sorpasso coi professionisti di ritorno. Tutto ciò è reso possibile da uno strano
lassismo dei gendarmi che in altre occasioni avrebbero sparato alle gomme. È
così che assistiamo alla liaison fra
la Bertelli e Purito Rodriguez fatta di sorpassi e apprezzamenti ammiccanti.
Per lui e per molti suoi colleghi autosufficienti la tappa termina con questa
difficoltà dello slalom tra i tifosi. Per la Bertelli e i suoi colleghi poco
sufficienti v'è ancora la difficoltà dell'Hourquette. Il
tasso di vitalità è mediamente appiattito dopo sette ore di piaghe da decubito.
Pescano energie recondite Pisaturo, Scardigli e Garosi per marcare questo passo
di recente conio col loro sudore. La Bertelli continua ad informare che ha
sorpassato Purito in discesa e già che c'è cerca di sorpassare Chiarugi in
salita. Dall'Hourquette all'Hoursentut c'è un
rinfrescante soffio di vento intervallato dalle solite vacche brade di Payolle.
È tardi ormai ma il meridiano di Gripp è spostato ad occidente e il cielo ancora
celeste può applaudire senza retorica i meritevoli ciclisti.
Anticlimax
In un Tour pirenaico che si rispetti non possono mancare arsura, gendarmi e
Tourmalet. Se l'arsura dopo una nottata di pioggia è teorica, se i gendarmi
rischiano d'essere troppo tolleranti, il Tourmalet non è in discussione, basta
varcare l'Adour per apprezzarne la subitanea inclinazione. La terza cifra del
curriculum parla anche di questo colle: ottavo pireneo significa anche ottavo
Tourmalet, eccezion fatta per Ulivieri che per pavidità ne cassò due su due. Ci
sono quindi molti ripetenti e qualche matricola, come Pisaturo che ridiscende
all'alba dall'Hoursentut per scalarlo da Saint Marie de Campan nella sua
interezza cartografica. È la tappa decisiva per il Tour di Nibali e per quello
di Caparrini. Sulla carta le difficoltà sono distribuite in ordine decrescente:
Tourmalet, Hautacam e salitelle di chiosa, ma sulla strada i problemi fisici e
climatici potrebbero crescere proporzionalmente.
Dopo la foto unanime al covone di fieno sul quale hanno appeso un lenzuolo con
la scritta EMPOLITOUR AL TOUR, il Tourmalet è già pronto all'uso e tanto per
cambiare Pisaturo e Chiarugi rompono gli indugi. Gli inseguitori sono i soliti
disorientati Garosi e Scardigli, un paio di Nucci, un Cocchetti indeciso, un
Muritano pugnace e un Ulivieri impavido. Segue una filiera di post-caparriniani
che ha compiutezza in Bitossi capace di rimirare le schiene di Vezzosi e Del
Conte. È il Tourmalet più precoce della pentalustre storia. I tifosi accampati
non danno segno di risveglio, tranne quelli che cominciano ora il rifornimento
di birra per essere pieni fra otto ore al passaggio della corsa. Segni di vita
animale compaiono a La Mongie con pedoni, asini e lama, ma poi nei cinque
chilometri più selvaggi fanno capolino anche il sole e i camperisti. Sul nobile
cacume Pisaturo e Chiarugi trovano anche gli addetti agli striscioni e qualche
assonnato ciclista eterodosso. Quindi si aspetterebbero di vedere Garosi e
Scardigli, giacché il Tourmalet è privo di bivi, invece arriva l'accorto e
raggiante Nucci Ri che li ha superati mentre Scardigli forava.
Piuttosto spontanea è l'attesa degli ultimi poiché dal tiepido valico si vede un
nuvolone di gelida fama che induce a tergiversarne il trapasso. Ma è un
refrigerio necessario e propedeutico. Nessuno, nemmeno Vezzosi, ipotizza un
ignominioso rinculo alla Maison. È l'Hautacam che invece rischia l'espunzione a
giudicare dalle voci profetiche dei più deboli. Regge fino ad Ayros la
compattezza, comprensiva addirittura di Bitossi. Un gendarme blocca il gruppo
con fischio e braccia crociate. Caparrini sussulta mimando e additando
l'orologio. Ma è solo un incaglio di veicoli. Solo il primo. È così presto che
lasciano ancora salire autocarri, autotreni e autobus carichi di pubblico
pagante. Gli autotreni scaricano le loro masserizie e tornano indietro per
incastrarsi con quelli che salgono. Così i pedoni intasano e i ciclisti
capitombolano, tranne gli abili a passare nel pertugio tra i due mezzi pesanti
che lì rimangono intrappolati fino al disincaglio.
Si va avanti così per qualche chilometro poi la situazione migliora perché i
pedoni si diradano e gli autobus se la vedono solo coi ciclisti ma ne
scaraventano pochi nel dirupo durante il sorpasso. Ma la corsa è corsa e
Pisaturo stacca tutti inseguendo un Muritano che credeva davanti e invece era
dietro. Ligio alla consegna supererà il solito baluardo di gendarmi schierato
sul più bello, e per zolle e cacche bovine giungerà al traguardo vero aspettando
vanamente gli altri. Il suo sodale Chiarugi si fa infatti precedere da Garosi,
libero da Scardigli, e Nucci Ro, libero dall'egritudine, e tutti decidono di
rimettersi alla volontà del presidente che aspettano in mezzo alla strada
denudandosi davanti ai gendarmi. Caparrini, che ha mire pragmatiche e
alimentari, sa che sulla cima d'Hautacam c'è soltanto una calca e una superflua
Boutique du Tour e sancisce pertanto
l'accampamento presso una buvette
posticcia che ha avvistato a due chilometri dall'arrivo.
Qui gli Empolitour sono di nuovo insieme, e qualcuno giura di aver visto anche
Bitossi. Sembrerebbe facile rimanere tutti ad attendere, anche cinque ore, un
italiano mezzo toscano, che vincerà la tappa in maglia gialla, e anche il Tour,
prenotato da dieci mesi, dopo quattordici ore di autobus e due colli HC, unici
italiani ai bordi della strada. E invece fioccano le eccezioni.
Bertelli dice che pioverà, Malucchi dice che ci sono troppe cacche, Muritano che
c'è poco campo, Bitossi che c'é poco sole, Alotto che c'è poca birra, Maltana
dice che ha ragione la Bertelli, Nucci Ri che ha ragione la Maltana, Scardigli
vorrebbe rimanere ma segue il gruppo sbagliato. In definitiva considerando che
cinque innominati non hanno mai visto Hautacam, i superstiti sono otto, come il
numero dei Pirenei, il numero di colli di questo Tour e quello di Orangine già
bevute dal presidente.
Chiarugi, Cocchetti, Garosi, Giunti, Nucci Ro, Pisaturo e Rinaldi. Caparrini li
elenca e li controlla, ma dopo il coprifuoco è impossibile evadere. La malga è
recintata da transenne che i gendarmi vigilano con mitra e filo spinato per
impedire l'attraversamento della strada. È però un luogo dotato di comfort e
servizi. Nella buvette c'è dovizia di
salsicce, bevande e frutta. Un faggio frondoso e qualche cespuglio garantiscono
igiene e intimità. Erba soffice e umida, se scorporata dagli escrementi,
garantisce riposo e sonnolenza. Sotto un telo di nylon è allestito un cineforum
con televisore percepibile e comodi posti in piedi o appoggiati. Insomma, cinque
ore così passano in agio ed allegrezza. Oltretutto la fauna stanziale è mite e
poco competitiva: francesi sobri, spagnoli silenziosi, una coppia di slovacchi
che non esce mai dalla tenda e due tizi belgi e alcolici vestiti da pinguini.
Purtroppo passando da quest'ambiente privo di schiamazzanti
enfants, i festosi carovanieri
diffidano e lanciano pochi oggetti. Gli otto italici ciclisti sanno comunque
ingannare il tempo mangiando e bevendo senza fame né sete. Qui l'Orangina non si
misura in unità di lattina ma di bottiglia e Rinaldi a un certo punto, incerto
tra fame e sete, compare con tre poponi.
L'alimentazione forzata ha anche finalità preventive. Nibali, sostiene
Caparrini, avrà il pasto servito anche se arriverà tardi in albergo. Gli
Empolitour che distano tre ore da madame Laffont potrebbero invece subire l'onta
della nullità di cena qualora l'immeritata fame dei reprobi colleghi
assecondasse la premura della cuoca. Pertanto il ritorno all'Hourstentut
dell'ottavina reale è vissuto sul filo del digiuno. Ogni rampa, che si chiami
Silhen, Juncalas o Neuilh aumenta il dispendio calorico ma li allontana dalle
calorie bramate. Ogni catena scardinata da Cocchetti è un pugno nello stomaco
vuoto. Il famelico Nucci Ro comincia ad ululare e a bisbigliare in misteriose
telefonate. Il mistero sarà tristemente svelato quando la discesa e la vicinanza
a Gripp stavano infondendo nei ciclisti un riverbero di speranza. A Bagneres de
Bigorre la realtà supera ogni invereconda ipotesi con l'apparizione a guisa
d'ambulanza dell'autobus sociale che carica l'esploso Nucci offrendo agli altri
medesima ma ripudiata assistenza. L'ottimismo della volontà prevale sul
pessimismo delle pedalate, anche perché gli ultimi quindici chilometri sono
percorsi dai sette fieri ciclisti sullo slancio della preservata dignità.
E come lieto fine trovano la cucina di madame Laffont ancora aperta. Probi e
reprobi cenano in tavoli separati ma accomunati dal medesimo sollievo e dal
medesimo omaggio all'italico trionfo con scodelle di farfalle Barilla che da
scotto contorno diventano, in gentile connubio con olio e cacio di Rinaldi, un
ambito e divorato trofeo.
Enjambement
A forza di pensarla, sentirla, prevederla, temerla e annunciarla, la pioggia era
arrivata davvero. L'opera è quasi completa e densa di trame, si potrebbe anche
chiuderla così ma sarebbe un peccato rinunciare all'ultimo singolare verso,
benché privo degli accenti del Tour: lineare da Louvie-Juzon a Lourdes, scritto
da Caparrini per un ideale connubio di sacro e profano, il sacro delle
biciclette e il profano dei venditori di madonne. Il Col de Marie Blanque e
quello d'Aubisque darebbero maggior lustro alla sacralità, ma l'idea di salirli
e scenderli sotto l'acqua affligge anche i meglio intenzionati. Ai patriarchi,
quelli degli otto Pirenei, dispiacerebbe infatti cassare il Marie Blanque che
scalarono soltanto in macchina nel 1991, per gli altri la carenza d'Aubisque
dopo Aspin e Tourmalet significherebbe un'offesa alla trinità pirenaica.
Però, sostiene Caparrini, l'autobus è carico, Louvie-Juzon lontana e il tempo
potrebbe cambiare. Infatti sbarcati in loco la pioggia cessa, permette
l'assemblaggio delle bici e l'ottimismo dei ciclisti, e poi ricomincia con ugual
fastidio. Scene viste e riviste si susseguono davanti agli occhi del vagolante
Caparrini. Per farla breve la formazione dei puri di spirito si ridimensiona
rispetto al giorno prima, perdendo gli ammutinati Cocchetti e Rinaldi ma
guadagnando Alotto, Bertelli, Bitossi, Maltana, Malucchi, Nucci Ri, e pure
Seripa finalmente libero dal giogo della Cucinotta. Inutile precisare che
l'indisciplinato Muritano, il pavido Ulivieri e il placido duo Del Conte-Vezzosi
rimangono sotto la tettoia di un bar insieme agli ammutinati e a Scardigli che
credeva d'essere con quelli che partivano.
Come era già scritto nella storia delle piogge pirenaiche la ragione è nei
partenti. Bastano un paio di mantelline e qualche cappellino scaramantici per
placare i numi. La strada che porta al primo colle è solinga e agreste, e con
calma pure asciutta. Il fiducioso ardimento dei tredici ciclisti è ripagato con
una salita che in principio ammalia con una blandizie femminina, tanto che
Pisaturo la aggredisce col duro rapporto e Nucci Ri poco più sotto si rammenta
d'essere scapestrato. Nel finale però Marie Blanque mostra un volto maschio e
rude, tanto da respingere i pretendenti troppo esuberanti. Nucci Ri è ovviamente
risucchiato nelle retrovie mentre Ro sembra resistere all'implacabile avanzata
di Garosi. Il moto sussultorio di Pisaturo è meno efficace di quello ondulatorio
di Garosi e Nucci che al postutto si compiacciono di staccarlo, così come
Chiarugi fin troppo abituato alla sua schiena.
Nell'ultimo chilometro una mendace informazione d'agevolezza castiga un po'
tutti con la disillusione ed esalta il rustico Garosi. Complicanze
cardiovascolari frenano Alotto, distanziato anche da Malucchi che sale a piedi e
addirittura da Bitossi che sale con la mantellina. Questo bagno di sudori e di
pendenze sarebbe di per sé un bastevole epilogo. L'autobus li aspetta a Laruns
per trasbordarli a Lourdes, ma prima il sole uscente e poi le notizie sugli
ammutinati premono per insistere nell'Aubisque. Infatti si viene a sapere che
Cocchetti e i suoi frondisti alle prime avvisaglie solari hanno abbandonato
l'autobus e i propositi di messa a Lourdes per cimentarsi in un fraudolento
Aubisque: troppo lontani ormai per subire l'esemplare punizione
dell'inseguimento. È vero che trasportano anziani e lenti, ma nel gruppo
presidenziale ci sono comunque donne e stanchi. E poi, sostiene Caparrini,
l'autobus precettato all'uopo stavolta non la prenderebbe bene se tornasse alla
base senza carico. Insomma, anche se il tachicardico Alotto si offre subito come
passeggero, si patteggia con gli autisti il ritrovo a Gourette nel pieno della
salita, dopo però avere scalato tutto l'Aubisque e salvato la faccia a dispetto
dei reprobi.
Questa curiosa tappa lineare diventa perciò un specie di doppia semitappa
accavallata e tuttavia almeno tra i caparriniani la corsa è vera ed è accesa da
Bitossi. Evade dopo pochi chilometri da un plotoncino maschile ma nessuno lo
insegue vista la sua abitudine a dileguarsi in universi paralleli. Perciò tolta
la tara dei pur volitivi Giunti, Nucci Ri e Seripa, rimangono a giocarsi
l'ambito ultimo colle di questo Tour i soliti Chiarugi, Garosi, Nucci Ro e
Pisaturo. La baldanza di Garosi gli attribuisce i favori del pronostico, anche
perché le gambe di Pisaturo sembrano paghe dei sette colli. Lo Zio è nettamente
favorito ma anche topograficamente insipiente e ancora una volta sbaglia strada.
A Gourette prende la destinazione di un ampio parcheggio, e fin qui nulla di
strano. Il bello è che trascina nell'insipienza anche gli esperti patriarchi
Chiarugi e Nucci Ro che vorrebbero ritirarsi in autobus dalla vergogna. Pisaturo
perciò si ritrova in testa a sua insaputa, almeno fino a quando non sente alle
sue spalle la foga del redivivo Garosi, mentre ormai moralmente sconfitti
peregrinano gli altri due devianti. In realtà come proroga ai colpi di scena
sulla vetta dell'Aubisque tutti e quattro scoprono che il primo arrivato è
davvero Bitossi che una volta tanto si è comportato da ciclista normale.
È dibattuta invece l'assegnazione dell'ambito titolo di
fin de course et de Tour. Se spetti alle gentili donzelle sull'Aubisque o
agli anziani ribelli sul Soulor è questione che rimarrà a lungo irrisolta
giacché implicherebbe l'assegnazione di un ottavo colle, seppur abortivo, anche
ai sette miscredenti che a onor del vero sono gli unici ad arrivare a Lourdes in
bicicletta. Qui le anime dei ventuno ciclisti e dei due autisti si riuniscono.
Stanno per calare i titoli di coda insieme a un dilavante acquazzone ma c'è
tempo ancora per onorare lo sponsor inconsapevole Carpigiani e per ripensare
nella mente del supremo contabile ai numeri di questo Tour (47,25,8): ottomila
metri di dislivello superati, dodicimila euri spesi, diecimila calorie consumate,
trecento chilometri percorsi in bici e duemila in autobus, più molti numeri
indeterminati, come i litri di sudore versati o le ore attese, e tutto questo
con qualche milione di pulsazioni cardiache non sempre ascoltate. Per ricordare
che i veri miracoli sono dentro di noi, poi basta allenarsi e prenotarsi.