Tour 2012
Bagneres de Bigorre 17-21 luglio
Il Tour del torpedone pirenaico
L'esodo uniformato
Ripetere innovando è uno dei motti dell'Empolitour che per la settima volta
emigra sui Pirenei cercando di migliorarne le tradizionali certezze con qualche
significativa novità umana e topografica. Prima ed emblematica è però
l'unificazione veicolare. Dopo sei Pirenei raggiunti con usura di vetture e
guidatori lungo le interminabili autoroutes, il supremo contabile
Caparrini ha reputato che diciotto ciclisti, due autisti e una levataccia
sarebbero stati sufficienti e convenienti per approdare in tempo di cena a
Bagneres de Bigorre con l'autobus da qualche anno socializzato per le Alpi.
Nasce così quest'esperienza di vita comune stimata in circa quindici ore lorde
di viaggio fra ciclisti che si conoscono bene o non si conoscono o non si
riconoscono senza casco. Molti sono già noti ai lettori e possono essere
enumerati e aggettivati copiando e incollando dal recente Giro valtellinese.
Abbiamo perciò la loquace Bertelli, il supremo
Caparrini, l'ascetico Chiarugi, l'atletico Cocchetti, l'artistico Giunti, il
rigoroso Muritano, il famelico Nucci, il gastronomico Rinaldi, il marsupiale
Ulivieri, l'illocalizzabile Bitossi, l'interruttore Buglione, il pugnace
Corsinovi, il feroce Malucchi, il serafico Seripa e il tecnico Vezzosi.
Annotazioni necessarie: se Muritano continuerà a cassare salite sarà
destituito del titolo di rigoroso; Ulivieri resta marsupiale, anche se da tempo
ha smesso il marsupio, perché come opossum e canguri predilige climi asciutti;
Buglione al suo esordio francese potrebbe su salite più facili scrollarsi di
dosso l'ingeneroso epiteto di pied-à-terre; Corsinovi, anche lui al
primo Tour, pare il naturale sostituto del transgenico Boldrini nel ruolo di
sobillatore in salita; il feroce Malucchi non è quello del Giro che non può
resistere a due corse a tappe e per la seconda volta manda al Tour il meno
talentoso ma più allenato padre Malucchi W. Completano i quadri quattro
esordienti assoluti: il promettente Bartolini, il teatrante Cilia, l'esperto
Scardigli e il triatleta Fontanelli, unico caso in ventitre edizioni di
partecipante stipendiato, quantunque come autista.
Prima ancora di conoscere questo parterre de rois il supremo custode
del programma aveva già stilato un memorabile trittico, tre tappe di montagna
che sarebbero state degne di un Tour vero e che nei primi due giorni saranno
rese ancor più impegnative dalle disfide coi gendarmi e dalle attese geologiche
sul percorso ufficiale. Se il supremo aggregatore, che è riuscito a trasportare
tutti in un unico mezzo, riuscirà anche a condurli su tutti gli otto colli
comandati potrà ambire alla beatificazione. Nel frattempo l'ambizione
dell'arrivo nella Bigorre è soddisfatta quando il sole è ancora alto. L'hotel
restaurant Le Commerce adiacente e contemporaneo alla chiesa medievale di Saint
Vincent è riservato agli Empolitour, col suo cameriere personale Laurent che
con un'evidente ptosi labiale dispensa sorrisi e vivande in abbondanza. La fame
psicologica dei ciclisti tenuti in cattività per tutte queste ore è
definitivamente placata con un tentativo d'imitazione di gelato Carpigiani.
Litri dell'altro sponsor inconsapevole Orangina occorreranno per placare
l'arsura nella tappa dell'indomani.
Sinonimi e contrari
C'è qualcosa d'antico oggi nel sole. Sembra che tutti i luoghi comuni sulle
tappe pirenaiche stiano per avverarsi: l'arsura, i gendarmi, l'asfalto
liquefacente e il ritardo di Bitossi alla partenza. Queste le cose
comprensibili. Fra quelle incomprensibili bisogna citare una foratura ante-motum
di Scardigli e uno zainetto di Fontanelli contenente scarpe da corsa, forse per
completare la prova in caso di furto della bici. Tutto il resto è come
l'avevamo lasciato: la lenta ascesa lungo l'Adour, i pupazzi antropomorfi di
Campan e l'agevole Aspin pieno di tifosi che sembrano pupazzi.
La facilità della salita non basta a tenere unito il gruppo ma si limita a produrre una bisezione: i caparriniani con tutti i lenti da lui a Vezzosi e i pre-caparriniani coi più svegli da Cocchetti a Malucchi, compresi i quattro incogniti neofiti che già dimostrano di non essere venuti al Tour per ambire alla schiena presidenziale. Uno di loro però, Scardigli, bissa la foratura dopo quella in garage e scombina così tutte le gerarchie, poiché i pre-caparriniani sono obbligati ad aspettarlo dal codice etico mentre i caparriniani ne sono esentati, tranne il responsabile tecnico Vezzosi che deve estrarre un microscopico corpo estraneo dal fascione. Ne consegue che l'astuto Giunti, imboscatosi fra i caparriniani, conquista l'Aspin e l'operoso Vezzosi, ben presto staccato dagli alacri ripartenti, è indotto al ritiro precoce con retroversione sulla vetta.
Il primo impatto coi gendarmi è presso il crocevia di Arreau dove si comincia a presagire qualcosa di anomalo. Già il fatto che consentano alla Bertelli di orinare nel giardino di una loro sede pare strano, ma poi hanno volti umani, non indossano il chepì e sorridono ai ciclisti invece di placcarli. Sarà che il Peyresourde è ancora lontano dal Tour ma la premessa è pericolosamente fausta.
Per capire gli eventi che si susseguono bisogna però aprire una parentesi
etimologica. Peyresourde deriva dall'occitano peira sorda (pietra sorda)
ed è a tutti gli effetti un'arida pietraia, stazione della prima tappa dell'Empolitour
e passaggio della sedicesima del Tour. Da non confondere con la limitrofa
Peyragudes (pietre aguzze) che sarà l'obiettivo comune del giorno dopo. È vero
che gli organizzatori del Tour si sono messi d'impegno per confondere le idee
con due tappe che girano sempre intorno alle stesse pietre, però il programma
presidenziale è chiaro, pubblicato, letto e consegnato giornalmente in folio
(nel famoso set caparriniano) ad ogni ciclista. Anche pedalando a testa bassa
senza scorgere le frecce nere in campo giallo è difficile sbagliare perché la
carreggiata del Peyresourde è già segnata da un duplice filare di accampati
pranzanti con addensamenti umani sulle rare ombre di fronda. Infatti l'unico
avversario di quelli temuti è rimasto l'arsura. Gendarmi non se ne vedono,
Bitossi, Cocchetti e Nucci si sono già levati di torno inseguendo eterodossi,
così ciascuno può pedalare in pace da solo o in sociali gruppuscoli. Sulla
cima del colle ovviamente la poca ombra artificiale è già esaurita da tempo ma
non la riserva d'Orangina del rifugio che dovrebbe essere appena bastevole per i
diciotto assetati, anzi quindici perché Bitossi è normalmente illocalizzabile
così come, stranamente, Cocchetti e Fontanelli. A sorpresa Bitossi si localizza
ultimo ben oltre Buglione e Rinaldi raccontando di avere inseguito due spagnoli
fin quasi in Spagna. Mentre il caso di Cocchetti e Fontanelli sarà affrontato a
sete placata, perché per sfogare il loro atletismo il primo potrebbe essere
sceso a Bagneres de Luchon per poi risalire dal Peyresourde opposto e il secondo
potrebbe essere sceso a correre sulla pietraia. Resta il fatto che le
testimonianze di loro avvistamenti s'interrompono a tre chilometri dall'arrivo.
Ma dopo una mezz'ora quando l'arsura presidenziale sta ricominciando daccapo e
quando la pazienza del focoso Corsinovi è già completamente incenerita,
qualcuno decide di ricorrere ai telefoni. Suspense vuole che quello di Cocchetti
sia senza credito e quello di Fontanelli ignoto. Passa così un'altra mezz'ora
d'arsura per trovare gli anelli di congiunzione telefonica che portano al numero
di Fontanelli ma la sua viva voce non risolve il mistero, anzi lo infittisce
giacché sostiene d'essere lui insieme a Cocchetti ad aspettare da un'ora sul
Peyresourde. I sedici aspettanti potrebbero perciò essere sedici aspettati che
per un colpo di calore collettivo avrebbero il sensorio talmente obnubilato da
non riconoscere i due scomparsi seduti a un tavolo del rifugio. Senza contare
che pure questi due dovrebbero avere incassato una bella botta per non vedere o
sentire sedici ciclisti spazientiti che sbraitano in mezzo alla strada. Fatto
sta che qualcuno dà credito alle dichiarazioni di Fontanelli e si mette a
rovistare il Peyresourde con prevedibile insuccesso. Con una seconda telefonata
si ascolta la versione di Cocchetti che conferma sostanzialmente quella di
Fontanelli. Con una terza viene loro chiesto se sono proprio sicuri di quello
che dicono e i due ribadiscono in coro d'essere in un bar vicino all'arrivo e
finalmente si contraddicono perché con una quarta qualcuno fa notare loro che
sul Peyresourde non c'è l'arrivo. Per farla breve i due illocalizzabili per
errore spaziale, temporale ed etimologico sono finiti a Peyragudes con un giorno
d'anticipo e sopravvalutando il loro atletismo pensavano di avere inflitto a
tutti gli altri almeno un'ora distacco in dieci chilometri di salita. Forse per
quest’affronto o per l'attesa assolata il rude Corsinovi, passato alla terza
telefonata dalla voce alta ai moccoli, durante l'anelato incontro con Cocchetti
evita per poco di passare dai moccoli alle percosse. Ma siccome il ciclismo è
sport di gentiluomini tutti i salmi finiscono in tavola, e la scelta fortuita di
Peyragudes consente d'ingannare l'attesa e l'arsura con allegre pizze spagnole.
Questa commedia degli equivoci non deve distogliere la trama dal programma
caparriniano che ora prevede l'assalto alla carovana pubblicitaria e la visione
di tappa, doveri adempiuti con la solita professionalità. Per non fare torto
d'assonanza né a Peyresourde, né a Peyragudes il sito scelto alla bisogna è
la locanda chiamata La Peyrade (la pietraia) equidistante dai due GPM. A
dispetto del nome è pure dotato di vegetazione, così in un campo d'erbacce in
forte pendio e sotto un faggio frondoso marcato da urine varie, si depositano le
membra di chi si esenta dai doveri, mentre Chiarugi e Giunti s'accapigliano con
terribili enfants per raccogliere qualche ninnolo scaraventato
sull'affollata via. Sono disponibili anche ambiti posti alle finestre che
consentono di vedere la tappa in TV e in strada simultaneamente. Muritano, Nucci
e Ulivieri ne sono gli unici beneficiari probabilmente previo pagamento
d'oneroso canone di locazione.
La visione è tanto comoda quanto fulminea. Che la salita fosse abbastanza
pianeggiante ce lo conferma lo sfrecciante Voeckler ma il modo in cui passa ci
fa sentire tutti molto scarsi. La differenza sostanziale è che lui dopo un'ora
è in albergo e noi sull'Hourquette d'Ancizan. L'inedita stradina inserita dal
supremo tracciatore di percorsi per evitare un bieco anda-e-rianda è per
definizione dello stesso Caparrini la più dura di tutto il Tour e qui eccellono
i ciclisti che si sono saggiamente risparmiati durante la faticosa attesa, come
Nucci e Corsinovi che hanno pisolato o come i reprobi Cocchetti e Fontanelli che
hanno goduto di un'ora in più a tavolino. I cacciatori di cadeaux
Chiarugi e Giunti sono invece risucchiati indietro e insidiati rispettivamente
da Bertelli e Caparrini mentre a Buglione non sono bastate tre ore di letargo
per rianimarsi. Un’imprevista risalita durante l’ardita discesa dell’Hourquette
fa traboccare parecchi vasi. Così il pio Buglione come il capitano della
Gerusalemme Liberata molto soffrì nel glorioso acquisto. Domani è un’altra
tappa ma nelle segrete stanze della notte qualcuno invocherà i numi
dell'atmosfera perché esaudiscano un inconfessabile desiderio.
Piovigginando salgono
C'è qualcosa di nuovo oggi sotto il sole. La seconda tappa è una
ripetizione innovativa della prima perché partendo altrove dovrebbe condurre
per altre vie nel solito sito. Ma la vera innovazione sono le nubi. Invocate da
Caparrini come contenimento d'arsura e da Buglione come certificato d'esenzione,
esse si presentano sopra Bagneres de Bigorre accompagnate da espressioni di
stupore o di sollievo. Poiché il via sarà dato a Siradan dopo trasbordo in
autobus, tutte le indecisioni di vestiario o di partecipazione sono rimandate di
un'oretta, giusto il tempo per meditare sul cielo uniformemente plumbeo e sui
finestrini screziati di pioggerella. Anche molte coscienze stanno attraversando
una zona grigia, fra i certi per la partenza e i certi per la rinuncia ci sono
ciclisti che fino all'ultimo oscillano fra tentazione e dissuasione. Si sa che
in ogni caso ci sarà una soluzione dicotomica: partire o non partire, tertium
non datur. Il bello di questa tappa è che non ci sono vie di mezzo o
riduzionismi: chi decide di partire si sorbisce Port de Bales, Peyresourde e
Aspin senza sconti, al massimo è trattabile il Peyragudes per i disinteressati
alla Boutique du Tour.
Quando l'autobus scarica i ciclisti e alle sensazioni visive si aggiungono quelle tattili, il triste grigiore si trasforma in freddo umidore e le due fazioni si delineano in maniera definitiva. Quella dei pavidi capitanata da Buglione annovera i prevedibili Ulivieri e Vezzosi, gli squalificati Cocchetti e Fontanelli e gli inesperti Bartolini e Scardigli. Quella degli impavidi caparriniani ottiene però la maggioranza assoluta grazie al voto di Bitossi, Bertelli, Cilia, Chiarugi, Corsinovi, Giunti, Malucchi, Muritano, Nucci, Rinaldi e Seripa. Ad essere pignoli c'è una scala d'impavidità che va dai duri e puri come Caparrini e Giunti senza zaino e gli impavidi prudenti come Chiarugi, Cilia e Muritano portatori di basto. L'onore è comunque unanime e il rischio per ora incalcolabile. Quel che riserva il Bales nell'alto dei suoi cieli non è facilmente svelabile. I tifosi accampati non rilasciano dichiarazioni perché sono ben rinchiusi in tende o camper e i ciclisti eterodossi allo stato brado sono rari e imbacuccati. Gli Empolitour vorrebbero soffrire insieme nella foschia di quest'alea incombente ma le pendenze li dissipano. Si formano al massimo coppie fedeli come Corsinovi-Nucci impegnati a castigare un fugace straniero, o come i più savi Chiarugi-Cilia o come i rocciosi veterani Malucchi-Rinaldi. La strada è asciutta e tutta l'umidità si condensa sulla peluria. Caparrini sbuffa ma non riesce a distinguere fra la sua fluviale sudorazione e questa rugiada che imperla l'immane fascia frontale. Gli ultimi chilometri di salita regalano sensazioni contrastanti a seconda che gli sguardi siano rivolti verso il basso della catena lenta e tesa o verso l'alto delle nubi che coi loro possenti fiati i ciclisti riescono vittoriosamente a diradare. Un sole pallido e fatuo alla fine dell'ascesa diventa una luminosa medaglia che premia la sofferenza della decisione e del duro pendio. Tutto può ancora succedere ma c'è chi già invia una simbolica cartolina d'auguri ai pavidi.
Fra Bales e Peyresourde c'è un'altra nuvolaglia da perforare in mezzo a
fantasmi di paesini, poi si risale senza soluzione di continuità ma è una
salita gioiosa ove i due garzoncelli scherzosi Corsinovi e Nucci si divertono a
braccare un olandese volante. La loro rivalità mista ad amore li rende presto
paragonabili a Don Camillo e Peppone, ed hanno l'innegabile pregio di onorare
tutte le salite con la lingua di fuori. L'altro connubio fra neofita e patriarca
(Cilia e Chiarugi) li segue con distaccata assennatezza. La conquista del
Peyresourde in maniera bifrontale ci riconduce al caso precedente senza però
enigmatiche sparizioni e con la miglioria del Peyragudes lecito. Anche Bitossi
è localizzabile ed anzi a rigore di programma è il più meritorio perché
scala il Peyragudes dal versante ufficiale dove i gendarmi, attesi in orde
fameliche, latitano pure oggi. Caparrini e Chiarugi guidano invece Corsinovi
verso l'ebbrezza della Boutique tramite scorciatoia discendente. Sempre meglio
degli altri impavidi che per tagliar più corto si rifugiano subito nella nota
Peyrade. La locanda dell'attesa è molto più abitabile del giorno prima perché
per cento metri è fuori dal percorso di tappa. Invece di ritornare sotto il piscioso faggio
i pazienti ciclisti si depongono su sedie sparse in mezzo alla strada nutrendosi
con tranci di baguette ma poi le occupazioni sono le solite: oziare,
televisionare o afferrare oggetti al volo. Corsinovi si dimostra pugnace anche
in tale disciplina sfidando con esito di copioso bottino l'infida concorrenza
dei marmocchi. L'adempimento della visione di tappa è quanto mai rapido,
indolore e insapore come del resto il Tour di quei due segaligni inglesi che a
differenza di Nucci e Corsinovi si amano ma non si danno battaglia. Dopo averne
visti cinque o sei a capofitto senza freni anche il supremo custode
dell'ortodossia decide che può bastare, che la cena a base di canard sarà
più emozionante e che quindi è doveroso ripartire tosto per Bagneres de
Bigorre stavolta con l'intermezzo dell'Aspin. Per la terza volta si passa da
Arreau e per la terza volta la vescica della Bertelli freme. Non lo fa apposta
ma i suoi bisogni suonano sempre nei momenti meno opportuni, o quando sono tutti
impazienti per ripartire, o quando sono tutti pronti per la salita. È una
storia già vissuta come quella di nascondersi e fingere di lasciarla sola dopo
la minzione. Così inizia il secondo Aspin che sembra preludere a un pacifico
tepore e che invece assume, tornante dopo tornante, l'ordito di una belligerante
frescura. Quando passa un treno di australiani che sorpassa in modo troppo
irriverente i placidi Empolitour, Corsinovi e Nucci senza farsi pregare si
gettano come botoli ringhiosi ai loro polpacci trascinando nella tenzone anche
gli incauti Bitossi e Cilia. Non si vede come va a finire perché la cima dell'Aspin
è ammantata da una densa coltre che induce a fuggire senza convenevoli. Da lassù
al Commerce c'è poco da pedalare e molto da ripensare. La soddisfazione di
avere scalato tre colli con valore e asciuttezza non è sminuita nemmeno dalla
notizia che i pavidi dopo un pellegrinaggio a Lourdes si sono permessi di salire
ad Hautacam con un giorno d'anticipo.
Il consiglio degli anziani si riunirà nottetempo per deliberare sul loro
misfatto ma l'impressione è che dovranno ripeterla anche il giorno dopo se
vorranno essere degnamente menzionati.
Piovigginando risalgono
C'è qualcosa d'antico oggi sotto il sole. A parte le nubi che persistono,
l'antichità che non può mancare in ogni Tour pirenaico è il Tourmalet anche
quest'anno protagonista di una tappa privata e coadiuvato dal controverso
Hautacam. La libertà dai fasti della carovana e la possibilità di molteplici
varianti peggiorative rendono il garbuglio decisionale alla partenza nettamente
più inestricabile del giorno prima quando l'incertezza poteva vagare al massimo
tra due opzioni. Così circolano ipotesi raccapriccianti come il Tourmalet
palindromico, il Tourmalet senza Hautacam, l'Hautacam senza Tourmalet o la messa
di Lourdes che il pio Buglione ha già prenotato anche per Vezzosi e Fontanelli.
Alla fine gli impavidi rimangono tali anche con un più alto rischio di piovosità
ed osano pure affinare la loro vestizione ausiliaria dopo che molti zainetti di
ieri sono stati utilizzati soltanto per il trasporto dei cadeaux. Fra i
pavidi meno pavidi fervono angosciose consulte. Scardigli, sinceramente pentito
della precedente rinuncia, è il primo a varcare la soglia dell'ardimento mentre
Bartolini è il primo a cedere. Ulivieri desiste quando ha già un piede sul
pedale, così come Cocchetti che si era vestito da Froome per sembrare più
atletico. Rimane solo da attendere l'imperscrutabile Bitossi ma dopo un quarto
d'ora si scopre che non è mai sceso dal letto.
La formazione degli impavidi è perciò compiuta e quasi inalterata, e la
fine pioggerella sembra farsi beffe dei rinunciatari perché si smorza già ai
confini del paese. Il Tourmalet è tutto ancora da scalare e l'impavidità è
condizione necessaria ma non sufficiente, per esempio nel caso di Muritano che
si stacca già nei preamboli meditando forse un'invereconda retroversione. Le
sensazioni d'ascesa sono simili a quelle che accompagnavano il Bales: la strada
è deserta e spettrale, fiducia e timore s'inseguono nella bruma, al pari di
Corsinovi e Nucci fra i quali stavolta s'intromette Chiarugi a reggere il lume.
Poi il miracoloso copione si ripete: i respiri s'intensificano, i corpi si
surriscaldano e la nebbia evapora. Fra i grattacieli di La Mongie rinascono il
sole e la vita. Mucche, pecore e lama pascolanti sull'asfalto salutano
festosamente i ciclisti che completano gli ultimi tre chilometri di Tourmalet
con la beatitudine nel cuore, tanto che pure l'indomito Corsinovi si scioglie in
commozione e regala il primato al silente Chiarugi. Il cielo assolato sopra di
noi, le nuvole fredde sotto di noi. Può essere scritta come epigrafe di questo
Tour e come dedica per la solita cartolina di rimpianto ai pavidi. Ma la via che
conduce alla virtù è ancora lunga. Dopo l'infaticabile Rinaldi e il coriaceo
Malucchi compare, contro le previsioni dei maligni, anche Muritano a passo di
lama. L'integerrimo nucleo così ricomposto fa scorta di sole per rituffarsi nel
grigiore della valle fino al solito bivio minzionale della Bertelli che serve a
schiarire qualche idea visto che il cielo non ne vuole sapere. I dubbi non
riguardano la scalata di Hautacam ma la sede di ristoro e il supremo custode
dell'alimentazione, prevedendo inospitalità in vetta, precetta ad Ayros l'Auberge
Le Bouic per espugnarlo dopo la discesa. Il solo Malucchi con un rigurgito di
pavidità decide di fermarsi lì ad aspettare i desistenti in itinere, primo fra
tutti probabilmente lo spossato Muritano. Perché per non perdere il diritto
alle cucine qualcuno opina di adottare la formula della salita ad eliminazione:
il primo che arriva e torna indietro ha il diritto di trascinare seco in discesa
tutti quelli che incontra. Non tutti annuiscono, in particolare Bertelli e
Chiarugi che undici anni fa hanno già interrotto un Hautacam per malattia, ma
la perseveranza a qualunque costo pare un proposito comune. Il costo dell'opera
non è la salita in sé, che comunque è bizzosa, ma la visibilità lentamente
evanescente. L'unico elemento di panorama è la schiena presidenziale che
diventa una sagoma ambita e faticosa anche per Bertelli, Chiarugi e Giunti.
L'arrivo s'intuisce dall'eco dell'affettuoso chiacchiericcio fra Corsinovi e
Nucci. Cilia e Scardigli ascoltano intabarrati, gli altri sono dati per
dispersi. Come perse ormai sono le cucine del Bouic. Caparrini sta per suonare
la ritirata verso altre forniture quando compare nella nebbia il faro rosso del
naso di Rinaldi. Non sorprende la sua caparbia possanza e nemmeno la costanza
dell'imperturbabile Seripa che lo accompagna, ma dietro ai due scudieri si
materializza anche la facies esangue ma appagata di Muritano che così si
riappropria del vacillante rigore morale.
Uno scassato autocarro lungo le rive della Gave è eletto a ristorante e la cuoca Nathalie elargisce con modica spesa e lauta mancia panini, patatine, vini e buonumore che rasenta l'ebbrezza. Con la spinta dell'alcolemia i dodici impavidi devono ritrovare la via del Commerce ma ormai dopo otto colli di lussuosa categoria non li ferma più niente, nemmeno sei chilometri di ghiaia e sette di asfalto viscido. A Bagneres de Bigorre ritrovano tutti i pavidi e la nube piagnucolosa che non si è mai mossa di lì. Ritrovano Laurent coi suoi sorrisi contagiosi e la sua pasta scotta. All'alba ritroveranno anche la voiture-balai a sancire il fin de course et de Tour. Quindici ore soporose nel torpedone pirenaico non basteranno per digerire tutti questi ricordi.