06/05/2018 Il gigione rigenerato

 

 

 

Dopo avere vantato innumerevoli tentativi d'estinzione la Classica delle Classiche inaspettatamente è riuscita a conciliare il desiderio di tradizione con la necessità di cambiamento. Per un ventennio il presidente Caparrini era riuscito a preservarne i cinque comandamenti: la data, il percorso, la sua anabasi cronometrata, il ristorante e il Tinti. Poi negli ultimi anni l'immutabilità istituzionale ha cominciato a vacillare: il ristorante ha cambiato varie volte sede o gestione, la data è diventata primaverile, il percorso si è incattivito e il presidente sembra irreversibilmente deciclisticizzato. Pertanto, se oggi registriamo la ventisettesima edizione, significa che la Classica Tinti è fondata solo sulla presenza dell'eponimo gigione Mario che sulla soglia degli ottant'anni ancora irretisce gli astanti al desco con le sue magiche esibizioni.

Fermo restando questo postulato, Caparrini in qualità di supremo legislatore può decidere di cambiare ogni altro addendo e fattore della classica senza snaturarla, anche lo sport compreso nello svolgimento della medesima. E siccome è diventato il condottiero di un assiduo manipolo di camminatori boschivi, ha visto bene di autorizzare anche il trekking come attività meritoria per il cospicuo panem tinticum. Non sappiamo come evolverà o involverà questa manifestazione, nata nel 1992 quando Tinti di Casamarconi salvò dall'inedia i quattro fradici patriarchi, ma difficilmente potrà ridursi a banale convitto di mezza montagna, se non altro per non incorrere nel famoso paradosso del sedentario pranzante che di fatto impedisce alle coscienze intrappolate in corpi immoti di gustare appieno il cibo domenicale.

In questo maggio poco odoroso e molto nuvoloso era perciò prevista la convergenza di due gruppi semoventi nei locali del ristorante Tinti, ora rinominato Sciuscià: i ciclisti impegnati nell'anabasi di Sammommè e i podisti imboscati in un circuito attorno al Valico del Poggiolo comprensivo di anabasi e catabasi. Trattandosi di attività che in apparenza richiede come massima abilità tecnica la deambulazione, il progetto caparriniano ottenne un'incredibile quantità di adesioni. Non solo ciclisti renitenti alla pioggia come la Bertelli ma anche una serie di esemplari riesumati da ingiusto oblio: in primis il patriarca Bagnoli L la cui ultima partecipazione risaliva a più di vent'anni fa, o l'omonimo Bagnoli F che aveva sempre scansato il Tinti da ciclista, o addirittura Sani che in letteratura ispirò l'appellativo di sosta Vinicio per le intermittenze minzionali. Appiedati anche due illustri esponenti della storia recente di Giro o Tour come l'arconte Pagni o lo stentoreo Goti, per tacer del vespista Masini già parecchio aduso al tintico desco e del neofita Alderighi con moglie al seguito e cane al guinzaglio.

Alle otto sulla strada bagnata di fresco si aspettano anche ciclisti, normalmente un'invasione di vili riduzionisti indegni di panem et circenses. Stavolta un deserto. Alla chetichella arrivano il patriarca Chiarugi che non monta in bici dal Tour 2017, il gastrociclista Pisaturo che non scende di bici dal Tour 2017 e il quarto patriarca Nucci Ro che dal Tour 2017 non si rade e quando si leva il casco sembra Platone della scuola di Atene di Raffaello. Quindi il miracolo: la pioggia aveva lavato via il contagio del riduzionismo. Gli integralisti si stavano godendo da soli un'acquerugiola fine fine, cheta cheta, ugual uguale: i nuvoli alti e radi stendevano un velo non interrotto, ma leggiero e diafano. I tre predestinati pedalavano in silenzio verso San Baronto aspettando da un momento all'altro l'epifania di un quarto adepto. Una luce pulsatile lo annunciò nella nebbia che circuiva la collina: con lento incedere l'inedito Nonni A fu avvistato. È lui l'uomo nuovo dell'Empolitour per classiche e corse a tappe. Un baldo ultrasessantenne con trascorsi di vero ciclismo e vera obesità che ambisce al martirio dello Zoncolan al Giro e che intanto ambisce a una serena sopravvivenza sul Sammommè.

Potrebbe anche ambire alla schiena del derelitto Chiarugi se non s'incaponisse ad arrancare alla velocità pedonale che in altra simultanea salita stanno tenendo Caparrini e suoi dodici apostoli, cane compreso. Ma è comunque in largo anticipo sulla loro tabella di marcia e può ulteriormente rallentare. Non si vedono ciclisti vivi fino a Pian di Giuliano dove sbuca un branco di americani che forse ha sbagliato strada. Qui il platonico Nucci e l'insaziabile Pisaturo decidono d'ingannare l'attesa con un circuito suppletivo sul passo dell'Oppio mentre Chiarugi e Nonni s'appagano della loro lentezza fino alla meta di Casamarconi.

Passa più di un'ora prima della solenne riunificazione al cospetto del maestro. Il tavolo è lo stesso del 1992 ma quintuplicato. Tinti apre la valigetta d'ordinanza prima del panem e si esibisce al posto degli antipasti. Palline rosse di gommapiuma si moltiplicano nella mano di una novizia. Così si fece conoscere ai padri fondatori e così continua ad eludere ogni velleità d'interpretazione. Gli occhi e le fotocamere registrano la loro inanità anche di fronte all'otto di mattoni materializzato dal pensiero di Goti che poi subisce la definitiva umiliazione intellettuale con una bustina di zucchero versata nel pugno occultatore del Tinti. L'acqua arriverà più tardi dai cinquanta euri di una banconota arrotolata.

I circenses non distraggono i commensali dalle loro mansioni e Caparrini può essere fiero dei variegati consumatori che ancora una volta esimono i vassoi dall'onta degli avanzi. Poi però perché l'epilogo possa essere ortodosso deve dirimere la questione della catabasi rimpinzata che è sempre stata parte integrante della Classica Tinti. Considerando infatti che i podisti dispongono di macchine parcheggiate in loco e che Chiarugi e Nucci, in virtù del loro patriarcato, si autorizzano a caricare le bici in ammiraglie personalizzate, il supremo custode dell'ortodossia può solo prenderne atto e deliberare un'indulgenza plenaria. A tale dispensa si sottraggono senza indignazione Nonni, in quanto neofita desideroso di saggiare lo spirito completo della classica, e Pisaturo in quanto ancora insoddisfatto di chilometraggio. A loro spetta l'encomio per avere salvato la tradizione e il saluto presidenziale misto a velata nostalgia.

 

 

Fototinti 2018

 

 

Via Baccio
Partenza
Il podista Goti e il ciclista Pisaturo ascoltano le disposizioni presidenziali.
Salita di Sammommè
Inizia il tratto duro. Schiena di Nucci già staccato da Pisaturo.
Pian di Giuliano
Il platonico Nucci fra gli americani...
...che si stupiscono dell'arrivo di Nonni.
Castello di Cireglio
Nel frattempo posa unanime di camminatori umani e canini.
Ristorante Sciuscià
Tinti introdotto da Pagni pronto ad esibirsi nei circenses ante-panem.
Panem
Cala il silenzio masticatorio.
Circenses post-panem
Tinti gabba il canuto Goti con la bustina di zucchero mentre Sani riprende la scena.
Facce ebeti, compite, distratte e filosofiche nella posa finale.
Poi cambia il fotografo.