14/05/2017 Il gigione riformato
Il
ristorante Tinti, che
l'eponimo gigione aveva appositamente riaperto per la Classica
del 2016, non durò più di un amore estivo e la manifestazione
dell'Empolitour che vanta innumerevoli tentativi d'abolizione
rischiò seriamente di portarne a compimento l'ennesimo, con
l'imprevista aggravante dell'assenza del presidente Caparrini
che un destino cinico e baro ha reso temporaneamente inabile al
ciclismo. Ora si sa come in queste condizioni la squadra
pedalante sia diventata nave sanza nocchiero in gran tempesta,
figuriamoci dunque la possibilità di tenerla ferma due ore al
desco seppur allietato da tintiche magie. Il gigione era
disposto ad essere affittato dal ristorante Rustichello di
Prunetta come due anni prima ma per garantire la presenza
presidenziale come entità aggregante su panem et circenses
occorreva un autista. Chissà come, qualcuno si ricordò di uno
storico partecipante passivo, ingaggiato alla bisogna come
centauro, fotografo o traghettatore di basti con abiti di
ricambio, ovvero il vespista Masini che col suo assenso sarà
assunto a salvatore della Classica nel prestigioso ruolo di
trasportatore di presidente. Il supremo Caparrini accettò con
due riserve: il trasbordo con autoveicolo e non con Vespa per
incompatibilità con ogni sorta di casco, e l'astensione dalla
tradizionale ironia sul paradosso del sedentario pranzante, nato
dall'incredibile constatazione dell'esistenza lassù sulla
montagna pistoiese anche di commensali non ciclisti.
Con queste
premesse la Classica partì dalla sede presidenziale priva di
presidente che come terza riserva aveva posto l'esenzione dal
ripiego di commissario tecnico in ammiraglia e come condizione
necessaria il rispetto del suo innovativo tracciato che
rivoluzionava i precedenti inviluppi introducendo l'ostica
salita di Sammommè come anabasi e il Cerretino come catabasi
con finalità digestive.
Cambiano le
strade ma non le cattive consuetudini. Via Baccio si popola
d'ogni genere di riduzionisti, intesi come semplici
accompagnatori sul San Baronto, prolungatori sul Sammommè o
integralisti apparenti che rispettano il chilometraggio ma non
il ristorante. Gli eletti, diluiti nella folla, sono sei storici
e stoici gastrociclisti: la piluccatrice Bertelli, il
digiunatore Chiarugi, il divoratore Mannucci, il consumatore
Marconcini, il famelico Nucci Ro e l'assaggiatore Salani. Il più
additato è Mannucci che in attesa di esibire voracità e
tabagismo, esibisce un voluminoso basto dorsale, comprensibile
solo come nostalgica riedizione di antiche abitudini sbagliate.
Almeno
all'inizio sembrano disciplinati. Pur nella pesante assenza di
Caparrini e di comuni intenti, il gruppo fino a San Baronto
rispetta lo spirito d'unità, di lentezza e d'attesa predicato
dal presidente. C'è così la possibilità d'intravedere alcuni
esemplari di ciclista destinati all'oblio narrativo: due
Vezzosi, due Innocenti, l'altro Nucci, Bagnoli F, Traversari,
Piacenti, Menichetti, Muritano, Ulivieri, Garosi e addirittura
il riesumato Lelli: in ordine sparso, come sparsi si ritrovano
dopo avere varcato il confine di provincia. Poi fra Pistoia e
Piteccio subodorando il Sammommè torna ad aleggiare un certa
tendenza alla compattezza. Le ruote s'avvicinano, s'addensano e
si toccano. Ne fa le spese Zio Garosi che collidendo con un
nuovo Innocenti (Innocenti Se) s'adagia per terra rischiando la
frattura di un terzo femore. L'incidente avviene sulle strisce
pedonali nel rispetto del codice della strada e si risolve con
un bolo di saliva sull'escoriazione omerale. L'indugio serve ad
animare la corsa perché alcuni cacciatori di fughe come
Mannucci e Muritano riescono ad avvantaggiarsi sulle avvolgenti
spire della salita che dopo Sammommè transita nel puro silenzio
di Pian di Giuliano. La moltitudine qui si scompone in tante
solitudini talora accoppiate come quelle di Ulivieri e Innocenti
St, staccati ma amorevolmente attesi.
I reduci
sulle Piastre ripercorrono a ritroso la strada verso Casamarconi
che un tempo era la discesa postprandiale, quella dei primi
rigurgiti. I ricordi salgono verso il Tinti e il suo ristorante
ora contornato da erbacce. Poi devono salire poco più in su,
verso Prunetta per incontrare il presidente Caparrini in
borghese appostato insieme a Masini sull'ultimo tornante ad
osservare gli sviluppi di una pur misera competizione ove
Marroncini sembra particolarmente ispirato.
Quando
giunge anche il gigione Tinti in giacca e camicia d'ordinanza
come Caparrini, la Classica comincia ad assumere la sua vera
anima scorporando i riduzionisti che sbocconcellando frettolose
crostate cercano di redimersi dalla rinuncia al vero panem ed ai
circenses.
Con calma,
perché l'orario è da mensa ospedaliera, gli integralisti
provano a riassettare gli abiti, le chiome e l'afrore
nell'avvicinamento al desco. Mannucci si riveste integralmente
col contenuto del basto e si mette pure a fumare una sigaretta
che il gigione provvede a fargli sparire e riapparire sotto il
naso. Poi cominciano ad apparire e sparire le pietanze del
Rustichello anche senza tanti giochi di prestigio. Caparrini,
sia pur con l'attenuante del certificato medico, dimostra che il
sedentario pranzante non è un'entità paradossale ma che anzi
può contribuire attivamente allo smaltimento dei temuti avanzi.
Prima dei dolci arriva anche il momento del dieci di cuori che
Tinti estrae dalla mente di Chiarugi e lo svela nel mazzo
tramite il suo dito. Con le evoluzioni di quelle dilavate e
graffiate carte irretisce i razionali e ravvicinati astanti
ormai rassegnati da venticinque anni alla constatazione d'inanità
cognitiva: è più facile credere al paranormale che tentare di
carpire gli stratagemmi delle mani tintiche.
La catabasi in questo maggio odoroso non è più lo spauracchio che fu quando la Classica era invernale e la diaccia discesa delle Piastre favoriva le prime avvisaglie di una subocclusione intestinale che la risalita di San Baronto avrebbe consolidato. In verità qualche buontempone indossa mantelline protettive ma, per evitare onta e rimprovero, solo quando la vettura presidenziale s'allontana dalla visuale. La partenza del supremo custode dell'ortodossia e dell’abbigliamento invita ad un'innocente insubordinazione topografica: la discesa da Casore invece che da Goraiolo, un tempo anabasi cronometrata tanto cara al presidente. Qui nessuno cronometra, la Bertelli però sfreccia sfrenata e tallonata da un codazzo di temerari, mentre Chiarugi e Salani frenano in continuazione e le loro viscere oscillano al ritmo delle brusche decelerazioni in curva. Transitorie pirosi gastriche valgono il prezzo di un'altra edizione conclusa. La Classica Tinti è resiliente: si piega ma non si spezza, resiste a piogge, venti, nevi, sangui e malattie. E vanta innumerevoli tentativi riusciti di resurrezione.
Fototinti 2017
Incrocio Via Baccio - Via Dupré
Sguardi rivolti alla venuta d'altri partenti. Si riconoscono due Vezzosi in primo piano e schiena di Mannucci con foulard e basto. |
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Sammommè
Gli integralisti Mannucci e Bertelli in posa affettuosa. |
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Conciliabolo tra riduzionisti. Bagnoli F molto preoccupato per trovare la strada di casa esprime i suoi timori a Ulivieri e Innocenti Se. | |
Prunetta
Epifania caparriniana coi riduzionisti Muritano e Menichetti. |
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Epifania tintica con la stessa uniforme caparriniana. S'intravede anche il cireneo Masini. | |
Mescolanza di riduzionisti e integralisti davanti al Rustichello. | |
Panem
Sguardi ebeti, ridenti e allibiti intorno al tintico desco. |
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Stessi sguardi un'ora dopo davanti ai dolci. | |
Circenses
Il gigione Tinti comincia a smazzare. |
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Caparrini tenta invano di carpirne i segreti. | |
Dito di Chiarugi sul dieci di cuori pensato davanti alla serena rassegnazione caparriniana. | |
Mannucci già ebbro che pensa la carta sbagliata. | |
Posa finale a solatio ma con alcuni buontemponi in mantellina. | |