01/03/2015 Il gigione riesiliato
La promessa di restaurare il primigenio ristorante Tinti che diede i
natali alla Classica durò l'illusione di un estate. D'inverno a
Prunetta è già bastevole un
Rustichello per sfamare i domenicali autoctoni che
incredibilmente pranzano senza pedalare, e l'ingaggio del mago
Tinti come ospite d'onore pranzante e gigioneggiante ha reso
possibile come l'anno scorso il compimento della prima prova di
calendario, evitando pericolose innovazioni ed eterodossie.
Così Caparrini, supremo custode dell'ortodossia
e del conformismo, è riuscito a rispettare l'aurea regola dell'invarianza
tintica anche con l'apparente e reiterata violazione dell'unità di luogo. E così lo scrivente potrà iniziare copiando
l'immutabile incipit che da ventidue anni recita: "Classica
Tintis est omnis divisa in partes tres: anabasi, panem et
circenses, catabasi." Ed ogni parte non è fruibile separatamente senza pubblica onta.
Questo comma ci porta inevitabilmente al doloroso capitolo dei
riduzionisti che ogni anno affollano la linea di partenza con la
convinzione che l'anabasi del Goraiolo possa fungere da lecita
sineddoche della Classica. Convinzione che deriva dalla
tradizionale indulgenza di Caparrini che ha sempre elencato in
una colonna infame anche coloro che tornavano indietro per
scansare scientificamente l'eroica fatica del ristorante.
Sennonché il presidente, forse per oggettivi limiti
computazionali o forse per incentivo estremo all'antiquato
integralismo, ha voluto premettere due innovative disposizioni:
la citazione nell'Annuario sarà riservata solo a
coloro che avranno completato il percorso in omnes partes
tres; l'attesa umanitaria a Goraiolo sarà garantita solo fino all'ultimo di tali
probandi. Ergo, le dichiarazioni d'intenti dovranno essere
esplicite e preventive per non rischiare che volenterosi ma
lenti siamo abbandonati ai propri destini.
Ecco che dall'incommensurabile gruppo s'alzano mani anche impreviste a
suggellare l'adesione incondizionata al Rustichello che
Caparrini annota con sollievo, nel rispetto della sua minimale
prenotazione di sedie. Se storiche e irrinunciabili sono le mani
di Bertelli, Chiarugi e Nucci Ro, se recidivante è quella di Pisaturo,
svettano ben quattro nuove iscrizioni al panem tinticum:
predestinate per influenza parentale e affettiva quelle di
Maltana e Nucci Ri, insospettata quella dell'asociale ma
ultimamente assiduo Mannucci, e apparentemente provocatoria
quella del redivivo Martini che per ideologica avversione alle
soste era riuscito otto anni fa a espletare una Classica Tinti
senza Tinti.
La prima delle disposizioni draconiane non si applica però a questa cronaca che
non si può sostentare coi soli accadimenti
gastronomici e ludici, e deve appellarsi a quel minimo
d'agonismo che traspare dall'anabasi ove i molti riduzionisti e
i pochi integralisti erano mescolati in un'ambita comunione
d'intenti: staccare Boldrini. La presenza del transgenico è motivo d'orgoglio e
di vitalità per la tediosa salita e il desiderio di
lasciarselo alle spalle è confessato per alcuni e inconfessato per
molti. Tanto che pure la frode non è disdegnata: Cianetti,
Cordero e Scardigli I nemmeno aspettano il segnale presidenziale
d'inizio scalata, anticipando la foga boldriniana e mal celando
il desiderio molto più inconfessabile di staccare anche Nozzoli,
considerato hors categorie dai più avveduti
commentatori. Egli infatti non smentisce indole e pronostici, e
dopo pochi metri in comune si dilegua verso un solingo e
sbrigativo Goraiolo, castigando con fulminei sorpassi i reprobi
anticipatori. Boldrini che si schermisce ma che in cuor suo
vorrebbe inseguirlo, tenta un abbozzo di emulazione che lo porta
al sorpasso dell'inane Scardigli I ma che gli conferisce anche
l'inamovibile strascico di
Chiarugi, Nucci e Pisaturo adesi alla sua ruota. Perché chi non si fa staccare da un Boldrini non
staccabile ambisce pur sempre a felicità surrogata.
E questo è il sugo di tutta l'anabasi che con paziente
filtro a Goraiolo seleziona i nove eletti al soglio tintico da
una pletora di dozzinali ciclisti, scalatori mercenari o puri
figmenti (qualcuno giura di avere visto in salita l'esplosivo
Maltinti o addirittura l'estinto Mirmina) che mai saranno
ricordati. Il desco del Rustichello è invece memore di
antiche tradizioni: panni ciclistici maleodoranti disseminati su
sedie e caloriferi, Tinti pontificante a capotavola e vassoi
accuratamente nettati dagli originali contenuti alimentari. Dopo
l'acquisizione del gastrociclista Pisaturo, un forte alleato
nello smaltimento delle scorie caloriche si è dimostrato il colosso
Mannucci che ha compensato il clima di generale inappetenza
forse dovuto alla morigeratezza delle femmine, alla
convalescenza di Nucci Ri, all'incorruttibilità di Martini o alle distrazione di Caparrini,
spesso occupato a fronteggiare un Tinti particolarmente loquace
ma inizialmente poco produttivo.
Richiamato dalla platea ai suoi doveri circensi, Tinti ha cominciato con
l'occultamento di un fazzoletto verde e dopo svogliate
manipolazioni ha preso Mannucci come ciclista espiatorio.
Sottoposto a un esercizio di psicocinesi con un ventaglio di
dieci carte, il neofita, emotivamente confuso dal magnetismo del
gigione, ha pensato erroneamente di pensare un asso di mattoni
mentre Tinti estraeva dal mazzo quel due di fiori che avrebbe
dovuto correttamente pensare. Così gli astanti, dopo un attimo di smarrimento teologico e confortati anche
dalla prova fotografica, non si sono dovuti ricredere sul dogma
dell'infallibilità tintica.
La catabasi comincia dopo che la bionda dapifera ha soddisfatto anche come fotografa la famelica clientela. L'aria plumbea e refrigerante non sembra consolare le replete viscere. I quattro catecumeni aspettano con ansia il completamento del rito battesimale. Si sono documentati sui fenomeni di paralisi criogenica o di reflusso esofageo descritti durante la discesa delle Piastre o la risalita di San Baronto ma col passare dei chilometri nessuno dichiara di accusare complicanze. Nemmeno una pioggerella fine e insistente che arriva sulla temuta curva di Mamma Ebe riesce a turbare i processi digestivi. Pisaturo si conferma il miglior scalatore postprandiale e Mannucci ne è degno rivale, Nucci Ri sopravvive alla botta e Martini alla vergogna, Nucci Ro s'esibisce e Chiarugi s'inibisce, la Bertelli canta e la Maltana decanta, e infine Caparrini col suo abitino primaverile e il suo cappellino scaramantico induce la pioggerella a placarsi. Sic transit gloria Tintis.
Fototinti 2015
Partenza
Boldrini e Nozzoli di schiena gìà in posizione di sparo. |
|
Partenza ufficiale.
Da notare accanto al gaio Menichetti e al colosso Mannucci un Pelagotti col numero attaccato.
|
|
Goraiolo
Nozzoli, dopo che era già salito risceso e risalito, occulta l'arrivo dell'esploso Scardigli I. |
|
Processo all'anabasi fra Boldrini e Pisaturo. | |
Chiarugi autoreferenziale. | |
L'arrivo di Nucci allo specchio. | |
Ciampalini e Garosi riduzionisti delusi. | |
Caparrini soddisfatto del responso cronometrico. | |
L'arrivo di Maltana decreta la scissione fra integralisti e riduzionisti. | |
Rustichello
La medesima riscaldata e rimutata. Sullo sfondo Nucci e Mannucci presso la stufa. |
|
Panem
Silenzio e concentrazione. |
|
Poi il vino cala e l'allegrezza sale. | |
Circenses
Tinti che fa sparire il fazzoletto verde. |
|
La prova che Mannucci ha pensato erroneamente l'asso di mattoni in settima posizione invece del due di fiori in quinta. | |