02/03/2014 Il gigione traslocato
Il ristorante Tinti, dopo le trasmutazioni anagrafiche a
Trovatore e Spigo, è stato inevitabilmente chiuso.
L'Empolitour che era annuale e principale fonte di reddito ne ha
pubblicizzato l'immagine e la cucina ma ha contribuito ad
allontanare i clienti diffondendo dubbi e sensi di colpa con la
famosa antinomia del sedentario pranzante, nata dallo stupore di
trovare ogni volta sulla montagna pistoiese gente che la
domenica mangia senza pedalare. Il ritiro dalle scene del
gigione Tinti, che ormai si esibiva solo su prenotazione, diede
a suo tempo il primo incentivo alla crisi che è culminata
nell'odierna soppressione. Niente di nuovo nel panorama
imprenditoriale italiano, ma il presidente Caparrini in qualità
di supremo custode dell'ortodossia si è trovato con un bel
garbuglio giuridico da sciogliere per salvaguardare l'integrità
della Classica delle Classiche. I codici stabiliscono la
costituzionalità della Classica col compimento della triade:
anabasi, panem et circenses e catabasi, purché sia
rispettato il tracciato originale, depositato presso il catasto
nazionale dei percorsi ciclistici, e purché la consumazione del
panem avvenga sotto l'usbergo dell'eponimo mago Mario.
Non si parla in effetti di un sito ben preciso dove debba
svolgersi il rito, e a questa vaghezza legislativa si è
appigliato Caparrini per delegare a Tinti il compito di
prenotazione di un ristorante esogeno, il Rustichello di
Prunetta nella fattispecie.
Con queste premesse insolite è cominciata la corsa solita.
Una pletora di ciclisti debordava dalle vie di partenza non
certo per sperimentare la nuova dispensa.
Più forte della fame è il desiderio di fama, quella che deriva
dalle citazioni. Davanti a un nome sull'Annuario retrocede anche
l'inverecondia che non risparmia nemmeno nobili ciclisti come
Muritano ritiratosi a Lamporecchio dopo sedici chilometri.
Sarebbe conveniente esporre a ludibrio anche tutti gli
interruttori di anabasi, come De Rienzo, che non si sono visti
nemmeno a Goraiolo, ma la memoria cede a tanto oltraggio. E
comunque c'era una pattuglia di asociali puri marchiati Avane o
Boss che probabilmente sfuggiranno anche alla catalogazione
presidenziale. Addirittura trovano l'occasione per uscire
dall'anonimato due tesserati fantasma, Farnetani e Macii, che
con una pedissequa esecuzione di anabasi dimostrano la loro
esistenza in bici.
È superfluo poi soffermarsi su gli altri illustri esecutori che
ogni anno rinnovano la loro inveterata viltà con la
retroversione di massa a Goraiolo.
Tolta perciò la tara di Cordero, Garosi, Giunti, Menichetti,
Tempestini, dovrebbe cominciare ad emergere la crema degli
integralisti. Merita menzione un nuovo riduttore di belle
speranze, Nozzoli, già noto alle rime per la sua imbarazzante
supremazia. Egli, incurante del solipsismo, è partito da
Montecatini col passo da cronoscalatore e così è arrivato in
cima senza mai voltarsi. Mai saprà della muta d'inseguitori
composta da Nucci, Cianetti, Chiarugi, Garosi, Cordero,
Tempestini, Marconcini, Menichetti, Ciampalini e Pisaturo. Già a
Montecatini Alto i ciclisti discendenti scuotevano la testa in
segno d'incolmabilità del distacco.
Eppure tutti e dieci per tutti e quattordici i chilometri di
scalata non hanno mai smesso di pigiare e ponzare, come se un
secondo posto d'anabasi avesse un significato oltre la
constatazione d'inanità.
In verità la classifica della Classica Tinti deve essere ancora
stilata.
I sudori dell'attesa che a Goraiolo volgono verso la
refrigerazione, sgombrano il campo dai pavidi. Mentre Nucci,
Chiarugi, Marconcini, Pisaturo ancora ansimano giunge defatigato
Caparrini che conferisce il diritto di pietosa attesa soltanto
ai dichiarati integralisti. Baglioni, Pagni, Mancini, Bertelli e
Rinaldi saranno perciò accolti coi dovuti ossequi e tutti gli
altri relegati all'oblio. I dieci chilometri innevati che li
separano da Prunetta servono anche per riflettere sulla natura
dei dieci eletti, in particolare sul neofita sebbene atavico
Mancini che aveva già dimostrato al Giro la sua predisposizione
al ciclismo gastronomico e alcolico.
Gli altri sono noti gastrociclisti, compresi i recidivi Baglioni
e Pisaturo, e i redivivi Marconcini e Pagni, ambedue
riconoscibili per i basti dorsali, quello di Marconcini
contenente una copia anastatica dell'Annuario da regalare al
Tinti, quello di Pagni contenente una collezione di vestiario da
camera, comprese le mutande ma escluse le mantelline per la
pioggia che parrebbe imminente.
In subordine anche la neve è un fenomeno meteorico da non
trascurare ma una volta conquistato il Rustichello dotato di
stufa, il problema è sospeso per un paio d'ore.
Il gigione Tinti è lì a fare gli onori come se fosse di casa
mentre una bionda dapifera inquadra con iniziale diffidenza quei
maleodoranti commensali che però in corso d'opera guadagnano la
sua stima grazie alla rapidità con cui riconducono piatti e
vassoi nello status quo ante. Superano facilmente il
turno di qualificazione con gli antipasti e si mantengono
coerenti fino ai cenci passando indenni attraverso tagliatelle,
lasagne e arrosti. Stavolta non aleggia l'horror reliquorum,
nemmeno sulle bottiglie, grazie anche alla solerzia di Mancini
che ottiene una riserva personale di vino bianco. L'unica ansia
da privazione riguarda i circenses, perché il maestro
Tinti col passare delle portate pare affamato e facondo ma
dimentico del suo ruolo di mago.
Bisogna arrivare alla frutta per stuzzicare i suoi più naturali
appetiti ed assistere alla ricomparsa della fede nuziale di
Marconcini dentro un mandarino.
L'anima della Classica è così salva.
Manca solo la catabasi ma nessuno più teme la paralisi
criostatica delle viscere scendendo a Pistoia, né l'esofagite da
reflusso risalendo a San Baronto. Anche il sibarita Pagni
abbandona l'idea del pernottamento presso l'hotel Le Lari di
Prunetta e conferma le sue antiche abilità digerenti pedalando
rimpinzato ma senza rigurgiti. Tutti in effetti riconoscono al
nuovo menù del Rustichello la virtù di non tornare a gola. Ne
approfitta il novello Pisaturo, grande esperto di chili (nel
senso ponderale ed enzimatico) che rinnova il predominio sul
catartico San Baronto.
Aldilà del Montalbano un sole primaverile sorride ai polpacci di
Caparrini e Rinaldi rimasti fieramente scoperti fin dalla
partenza e alimenta soavi pensieri. In più di venti anni la
Classica delle Classiche ha resistito a piogge, glaciazioni,
riduzioni, carenze, avanzi, rimandi e oggi anche a traslochi.
Tinti però ha promesso, non per lucro ma per diletto, di
rifondare il ristorante. Così il prossimo anno si potrebbe
ricominciare tutto da capo.
Fototinti 2014
Partenza O meglio, tutti vorrebbero partire ma manca l'arconte Pagni. |
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Goraiolo L'arrivo del dominatore Nozzoli presso un cassonetto. |
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L'ansimante costernazione degli inseguitori Menichetti, Cianetti e Nucci. | |
I diversi volti della sconfitta: Garosi tenebroso, Menichetti sfibrato e Cordero ilare. | |
Gaia rassegnazione di Pisaturo, ultimo dei primi. | |
L'arrivo del presidente coi denudati polpacci. | |
Innevato avvicinamento al panem degli integralisti. Da notare lo zainetto ultradenso in groppa a Pagni. | |
Bertelli (quella col basto sul manubrio) e Nucci in posa serafica. | |
Prunetta Approdo al Rustichello con parziale disgelo. |
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Rustichello Tinti pontifica a capo tavola in attesa degli antipasti. |
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Il vino cala e l'allegria sale. Caparrini e Rinaldi al cospetto del gigione. | |
Circenses La fede nuziale di Marconcini sta per riapparire nel mandarino. La cameriera piange dall'emozione. |
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Posa finale.
Piccola e sfocata. Ma tanto non si perde niente. |
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