04/03/2012 Il gigione difettivo

 

Nell'arco del suo ventennio d'immutabilità strutturale la Classica Tinti si è evoluta o involuta in maniera poco lineare. L'invecchiamento dei fedeli partecipanti e dell'eponimo gigione soggiace a leggi biologiche implacabili che potrebbero avere indebolito nel corso degli anni le capacità scalatorie e digerenti dei ciclisti e quelle manipolatrici e affabulatorie del Tinti. Eppure ad ogni nuova edizione in questa prevedibile caducità s'inseriscono frammenti d'imprevedibile devianza che ci permettono di trovare parole inedite per descrivere un evento che con una disamina superficiale sembrerebbe sempre uguale ai suoi precedenti. Un contributo a questa pulsatile mutevolezza lo hanno dato eccezioni climatiche, varianti gastronomiche, ciclisti effimeri, scorte di cirenei non ciclabili, abbigliamenti indescrivibili e naturalmente i tempi d'anabasi del presidente Caparrini che sfuggono ad ogni funzione matematica.

In questo 2012 l'occhio del cronista cercava invano nubi minacciose, abiti asociali, basti ridondanti o ridicoli orpelli. Tutto pareva molto serio, sereno, uniforme e compito. Un solo zainetto, ma flaccido e sociale, adornava la schiena dell'esordiente Marconcini che della Classica Tinti sarebbe passato da lettore ad integralista in un solo tentativo, senza il transito funesto dalla vile schiera dei riduzionisti. Di costoro non si può sempre tacere anche perché a fine annata assurgeranno ad immeritata fama negli elenchi dell'Empolitour. C'erano quelli come Nonni, Maltinti e Bagnoli F alla salute dei quali l'integralismo avrebbe nociuto gravemente, e quelli come Boldrini, Giunti, Pelagotti e Tempestini che tempo addietro seguirono l'esempio di Hinault alla Parigi - Roubaix: vincerla per mai più tornarvi. E si sa che per vincere la Classica Tinti ci vuole uno stomaco non comune, una dote da pochi eletti che li fa somigliare ai professionisti che digeriscono le pietre aguzze del pavé. C'erano i redivivi recidivi Garosi e Martini, fin dalle loro origini intimoriti dall'ordalia del panem tinticum. C'era il primiparo Cordero, riduzionista ma di belle speranze. E c'erano gli illuminati, Bertelli, Caparrini, Chiarugi e Rinaldi a cui la natura e l'esperienza hanno fornito le capacità viscerali necessarie per sopravvivere alla catabasi rimpinzata con l'appendice esornativa di San Baronto. O almeno così credevamo. Marconcini li osservava con silenziosa reverenza. Aveva letto che lassù nell'iperuranio del Tinti questi dotti prelati onoravano senza lasciti una trinità di primi seguita da carni propiziatorie e dolci sacrificali, e lui temeva di non essere degno di cotanta mensa. Si era allenato meticolosamente per staccare Boldrini sul Goraiolo ma sapeva che l'onore di una prevalenza sul transgenico non avrebbe compensato il disonore di una crisi sugli arrosti.

Queste ed altre meditazioni tormentavano tutti i ciclisti più sensibili fin dal clivo introduttivo di Cerreto. Martini non voleva ripresentarsi in pubblico con una botta, che nella sua attuale carenza pedalatoria sentiva ragionevole, ma nemmeno avrebbe tollerato un'imperitura definizione di ultrariduzionista. Bagnoli F aduso a botte e definizioni più invereconde era pronto ad accettare anche l'irrisione per un'anabasi interrupta, mentre Nonni e Maltinti intenzionati a non interrompere speravano almeno che al culmine della pena nessuno li avrebbe aspettati per testimoniare la loro cachessia. Il meno pensieroso era Boldrini che presto farà capire di non essere venuto qui per rimirare schiene. In questo turbinio di pensieri la prima voce che s'ode chiara e vibrante è quella della Bertelli, paladina del codice stradale e delle infrazioni semaforiche. Poi s'entra subito nel vivo dell'anabasi e della schiena di Boldrini che solo i temerari Cordero e Pelagotti annusano per qualche chilometro con disastrose ricadute. Chiarugi guida Marconcini verso più miti consigli che pure non disdegnano il pedinamento a debita distanza della sagoma boldriniana. Libero da fastidiosi fiati sul collo il transgenico può millantare improbabili tempi di scalata mentre gli inseguitori, compresi anche i tardivi Garosi e Tempestini, sembrano strenuamente interessati a una patetica seconda posizione. L'approdo al crocevia del riduzionismo è soltanto una stazione dibattimentale dove si sopportano le arringhe di Boldrini fino alla pazienza del presidente che termina molto prima dell'arrivo di Nonni, e dove compare in veste di triste autista l'egro patriarca Nucci. Inane alla partecipazione ciclistica egli vuole verificare su se stesso l'incredibile teoria del commensale non pedalante secondo la quale esisterebbero persone che la domenica pranzano abitualmente senza essere andati in bicicletta.

Scortati da siffatta ammiraglia e senza l'interferenza della plebaglia riducente, i cinque meritevoli di Tinti possono crogiolarsi sulle ondulazioni del crinale dove le secrezioni salivari cominciano a sostituire quelle sudoripare. Il rito del panem et circenses richiede infatti salivazione copiosa e indumenti asciutti, e così giunti al cospetto del grande maestro in sacri paramenti di maglione e camicia, i catecumeni cercano di ricomporsi con ciò che il dovere dell'autosufficienza ha consentito di portare seco. Mentre il fondamentalista Chiarugi ha portato soltanto la speranza non vana della stufa, dallo zainetto di Marconcini, dalle tasche di Caparrini, dalla borraccia della Bertelli e dal telaio di Rinaldi escono camiciole asciutte o altre suppellettili che dovrebbero garantire un minimo di decoro pubblico, sempre che in quel ristorante disabitato si possa parlare di pubblico. La constatazione che tutte le provviste saranno riversate su un unico tavolo conforta e inquieta al tempo stesso Caparrini perché come custode dell'ortodossia della Classica teme molto il vizio d'incompletezza che nella fattispecie del panem et circenses sarebbe rappresentato da una carenza o un avanzo di cibo, o da una soppressione di magie del gigione Tinti. Così il presidente di fronte all'incessante fornitura di vassoi cerca di spronare i compagni al loro radicale svuotamento sacrificandosi sempre in prima persona in caso di raviolo residuo o di compromettenti tracce di polenta. Anche il debilitato Nucci dimostra la veridicità dell'annoso paradosso del sedentario pranzante contribuendo ad occultare persino le temibili porzioni di agnello fritto.

Di piatto in piatto senza resa e con fiera coscienza arrivano i dolci e un truce presentimento: Tinti è ancora scevro di carte e di palline. Caparrini e Nucci come massime autorità dell'Empolitour chiedono spiegazioni di questa lacuna nel programma ricevendo dal maestro gesti elusivi che sembrano riferirsi a un certo malfunzionamento del pollice. La delusione è evidente ma lo spettacolo deve andare avanti anche senza circenses ma con molto panem da sopportare e rigurgitare durante i freschi chilometri di catabasi congestizia. L’integralismo è compromesso ma il presidente per salvare l’ortodossia della Classica si appella alla causa di forza maggiore, equiparando la presunta tendinite del pollice all’abluzione gelata del 2005 quando Tinti si astenne dalla magia per la cagionevole salute dei suoi astanti. Sperando in un identico condono la Bertelli decide di viziare anche il rimanente integralismo con l’imbarco sull’ammiraglia di Nucci. Il suo caso sarà discusso dal consiglio direttivo ma dovrebbe risolversi con un’esemplare sanzione di classificazione nell’annuario. La catabasi infatti è una pena necessaria non solo per tentare un debole consumo calorico sul San Baronto, ma anche per cercare le riflessioni adatte all’epilogo. Quest’anno si può sostenere che il futuro della Classica delle Classiche è nelle gambe e negli stomaci dei ciclisti ma soprattutto nelle dita del Tinti.

 

 

 

Fototinti 2012

 

Partenza

Coacervo confabulante senza interesse alla posa.

Coacervo confabulante con raro interesse alla posa.
Cerreto

Schiene di gruppo con primi piani d'inverecondi gambali e inopportuno zainetto.

Montecatini

Inizio d'anabasi col solito zainetto basculante.

Goraiolo

Imbarazzante primo piano del transgenico dominante.

Segni d'inconsolabile rassegnazione fra gli sconfitti.
Anche il presidente si unisce al dibattimento.
Gaio arrivo di Giunti disimpegnato dalla sfida con Boldrini.
Bertelli e Martini ancor più disimpegnati.
Ex Ristorante Tinti

Il gigione pontifica mentre Caparrini inforca il primo assaggio di trinità.

Marconcini e Tinti alle prese con la seconda sostanza della trinità.
Trinità compiuta con la polenta. Tinti ride ma non gigioneggia.
Posa da barriera su punizione col presidente che si protegge gli zebedei.
Seconda punizione. Anche Chiarugi provvede a pararsi.