14/03/2004 Il gigione
disgelato
Non prometteva bene questa Classica Tinti: una
vigilia lunga e tormentata, anzi infreddolita, non solo e non tanto per le
nevicate. Raffreddati erano pericolosamente gli animi dei convocati e il
presidente ne aveva sempre maggiore consapevolezza ogni giorno che si avvicinava
alla fatidica partenza, ed è strano che le roventi linee telefoniche non
favorissero il disgelo. Verbi d’amara espunzione, come annullare, abrogare,
cassare, depennare, s’insinuavano nella storica mente organizzatrice, turbata
dall’indifferenza degli umori. Poi le pedalate hanno sciolto il ghiaccio dai
cuori ingrati dei ciclisti più di quanto il timido sole abbia potuto fare col
baluardo di neve recente che difendeva la montagna e che ingoiava nelle algide
sue fauci le stupefatte bici venute su dai primi tepori mattutini.
Bisogna saper crescere, abituarsi
all’invecchiamento, anche a quello della Classica delle Classiche. È solo in età
preadolescenziale e la trattiamo come se fosse anziana. Nemmeno la storica mente
presidenziale ne ricorda con precisione la data di nascita, un vago giorno
piovigginoso dei primi anni novanta, quando i tetrarchi dell’Empolitour, dopo
aver invano mendicato un pasto caldo in tutti i ristoranti di Prunetta,
scamparono all’inedia grazie all’intervento sopranaturale del gigione Tinti
che li ristorò nell’animo, con doviziosi giochi di prestigio, e nello
stomaco, con un allora parco tris di primi, ed allora unici, piatti.
Da quel dì la Classica Tinti è cresciuta troppo in
fretta. È solo dodicenne e già ci sembra senescente. L’età media dei
partecipanti ciclisti in effetti aumenta: invecchiano fedeli e fedelissimi, e
l’unico esordiente integralista è l’imminente pensionato Ziodipucci. Per
rinverdire l’anagrafe si ricorre all’escamotage dei pargoli, invitando al
magnificente desco la figlioletta di Boretti e l’infanta dell’arconte Pagni,
la piccola Marta che con i suoi 0,8 anni entra nel Guinness dei Primati, non
solo per essere la più giovane partecipante alla Classica Tinti, ma anche per
aver dilaniato con le sole gengivine una coscia d’agnello fritto offertale dal
premuroso papà.
Comunque, per correttezza, pargole ed annesse mamme,
devono essere additate nella categoria riduzionisti, in quanto partecipi ad una
sola su tre delle prove d’ordalia che le Classiche Scritture impongono. Come
tutti sanno infatti, il Tinti integrale è un indissolubile trinomio composto da
anabasi, con volata all’Intergiro di Larciano e scalata ansimata del
Goraiolo, panem et circenses, con strippata e magie del gigione, e catabasi,
con discesa diaccia e risalita di San Baronto a pancia tracimante. Additabili,
additabilissimi sono pertanto i riduzionisti d’ogni specie e giustificazione,
quelli che ordiscono la loro citazione nell’albo d’oro in veste di comparse,
sottraendosi alle ultime due fasi, come Bagnoli L., Boldrini, Giunti, Tempestini
e Malucchi (che ci tocca citare più dettagliatamente perché esordiente,
vestito di brache estive e vincitore dell’Intergiro), e quelli come il
ciclista in rottamazione Salvini che con la morosa si allinea alla stessa
gradazione di pargole e mamme.
Menzione speciale spetta invece all’egro, non
allegro, Nucci retrocesso, suo malgrado, al compito di ammiraglio con camera, al
centauro veterano Torcini, che vince il premio d’alta fedeltà, e al centauro
neofita Masini, che allieta il gruppo col clangore della marmitta. A modo loro
sono integralisti e meritano elogi, perché non deve essere facile smaltire i
tris di primi e d’agnelli senza la combustione delle pedalate.
Con tutti questi discorsi proemiali non ci siamo
dimenticati dei veri protagonisti ciclisti integralisti della Classica Tinti,
quelli che hanno sopportato fino in fondo gli incauti tabarri sociali e dentro
di loro hanno versato sudori che gelavano e disgelavano sulla pelle come il
manto nevoso in liquefazione sulla nera strada; quelli che hanno sopportato fino
in fondo, dai ravioli al vinsanto, il sacro rito dell’abbuffata
transciclistica; quelli che hanno sopportato fino in fondo la perpetuata inanità
al cospetto delle manipolazioni del gigione; quelli che hanno sopportato fino in
fondo la melodica marmitta della Vespa di Masini. Li ricorderemo brevemente
nell’esercizio delle loro funzioni scalatorie: Chiarugi ponzante che invano
tenta di staccare Ziodipucci non ponzante; il nipotino Pucci che con metà età
va a metà velocità (ed a rigore non è nemmeno integralista perché aggira
l’ostacolo catartico del sambaronto rimpinzato); la strana coppia Caparrini -
Bertelli che sale al passo del raccoglitore di crochi (in realtà Caparrini era
intenzionato a battere il suo record di scalata ma, distratto dalle ciarle
dell’indesiderata compagna, sbaglia il calcolo dei minuti al chilometro);
l’insana coppia Pagni – Boretti, cent’anni in due e cento chilometri
d’allenamento nel corrente anno, sempre in due: l’un l’altro confortati e
fiduciosi nelle preghiere delle donne a loro più care, che non a caso si erano
portati dietro, i due impresentabili ciclisti sono sopravvissuti egregiamente al
rito integrale anzi, nella fase postprandiale, dopo aver ammortizzato
l’attività a loro più consona, pedalavano con brio ed eleganza,
confondendosi con l’atletismo appannato dal chilo di Caparrini, Chiarugi e
Ziodipucci, mentre l’anoressica Bertelli, dopo un pasto finalmente decente,
sul sambaronto volava leggera infliggendo distacco inverecondo ai maschi
bulimici.
Se ancora i reprobi riduzionisti si stessero
chiedendo che cosa si siano persi a tornare indietro da Goraiolo, sappiano che
anche in una classica antica e senescente c’è stato spazio per novità e
miglioramenti. Due in particolare: l’inversione del rapporto di commensalismo,
in quanto seduti al nobile desco v’erano per la prima volta più sedentari che
ciclisti, e la cilecca del gigione che ha sorpreso tutti gli astanti, molti dei
quali hanno pensato a lungo che fosse una finta per dare suspense al gioco. E
invece l’esperto gigione Tinti ha fatto proprio cilecca, per la prima volta in
dodici anni, impaniandosi in una manovra d’occultamento di carte in un
borsello. L’esito fallace, che lo ha lasciato con lo stesso imperturbabile
sguardo vitreo di quando i giochini gli riescono bene, restituisce una patina di
gradita umanità al nostro buon Tinti che smentisce così coi fatti le voci
sulla sua presunta natura diabolica. I padroni del ristorante, coi quali ha
stipulato un regolare contratto di circense da tavolo, non gli hanno però
perdonato l’errore, degradandolo al ruolo di cameriere personale al tavolo
Empolitour, in luogo delle usuali poppute vergini dapifere. Naturalmente con
questo servizio speciale il conto, noblesse oblige, è oltremodo
lievitato (altro netto miglioramento).
Tutto questo per concludere che non è mai troppo
tardi per migliorarsi, senectus ipsa non est morbus. Anche quando
l’abitudine ci nasconde gli stimoli dobbiamo imparare a cercarli. Tutti i
record di questa Classica Tinti sono ancora battibili. Forse nel ciclismo
abbiamo pochi margini, ma ne restano moltissimi nell’extraciclismo. Negli anni
a venire i sedentari potranno aumentare a dismisura. Pagni e Boretti non possono
durare a lungo così. Bagnoli L. è seriamente interessato ad un futuro di
vespista insieme a Masini, e poi ci sono carte che quest’anno non sono state
giocate, come Ciardi, Goti, Brando e il longevo Marchetti. Pure il record
anagrafico della lattante Marta non è in teoria imbattibile. Si potrebbe
invitare una donna incinta per farla partorire nel locale, e sarebbe ancora un
record battibile perché l’anno dopo si potrebbe puntare ad un parto
gemellare.
Vietato dunque usare verbi d’espunzione. La
Classica Tinti deve vivere almeno quanto il Tinti.
Excerpta fotografici
Pubblichiamo le immagini più significative della Classica Tinti, informando il pubblico interessato che l'intero copioso repertorio curato dal fotocameraman Torcini è disponibile a prezzi esorbitanti presso la sede sociale.
Partenza. Ferve l'emozione e l'interesse per la posa. |
|
Pronti, via. Bertelli in fuga sulle prime rampe del Goraiolo braccata dall'inseparabile Caparrini. Ma gli inseguitori tirati da una chiorba pelata incombono. |
|
Fuga decisiva. Chiarugi devasta il gruppo e gli alberi. Solo Ziodipucci imperterrito col camauro gli resiste. E si vede chiaramente che non ponza. |
|
Il crollo. Boldrini, devastato e sbudellato, sbuffa e ondeggia |
|
Lo sfogo. Boldrini circospetto si appresta ad eliminare gli umori nefasti. |
|
Circenses. Sale lo stupore e cala il vino. A piatti ancora vuoti, Tinti gigioneggia con gli incauti astanti. |
|
Commiato. Sobria esultanza dei commensali, con Pagni che solleva un trofeo, Salvini appeso ad una forca ed un grizzly che tenta di nascondersi per la vergogna. |
|
Non è mica finita. Bertelli sazia infierisce sul sambaronto seminando i maschi indigesti. |