Giro 2015
Sestriere
29 - 31 maggio 2015
Il Giro delle terze Finestre
Il gioco delle trentaquattro carte
Cantato,
ricantato, decantato e incantato, lo sterrato del Colle delle Finestre, dopo i
fasti del 2005 e del 2011, titola emblematicamente anche questo ventitreesimo
Giro d'Italia dell'Empolitour, che invero avrebbe potuto sottotitolarsi Giro del
Sestriere o dei tre Sestrieri, in onore al recipiente e capiente Villaggio
Olimpico e al numero delle sue attese scalate, per tacere delle discese.
In principio il supremo cartografo Caparrini poteva disporre di un mazzo
di ciclisti da briscola, poi rinunce, defezioni e resipiscenze lo hanno portato
a giocare con le definitive trentaquattro carte, con un solo re (se stesso), tre
donne (Bertelli, Cucinotta e Maltana) e trenta fanti. Nonostante le prenotazioni
disdette ma in linea col paradosso del sorite di Eubulide l'autobus dell'auriga
Coletti e il furgone del vice-auriga Sabatini partiranno gremiti di uomini, bici
e mezzi di sussistenza senza apparente disavanzo di spazi vitali. E nonostante
questa debordante popolazione la storia esige una minuziosa quanto tediosa
elencazione di nomi. Un facile criterio di classificazione tricotomica è quella basata sulla memoria di
partecipazione. Sono solo sei infatti i ciclisti che vantano ambedue le
precedenti Finestre: Bagnoli L, Caparrini, Chiarugi, Giunti, Salani e Bitossi.
Una sola finestra è appannaggio di Bertelli, Boldrini, Buglione,
Cocchetti, Garosi, Muritano, Nucci Ro, Traversari, Ulivieri, Cucinotta e Seripa.
Esattamente pari alla somma dei finestrati è il numero dei non
ancora finestrati che comprende: Cianetti, Corsinovi, Farnetani, Maltana,
Martini, Menichetti, Nucci Ri, Starnella, Bartoli, Ceccanti, Cilia, Gastasini,
Innocenti, Mazzanti, Pisaturo, Scardigli e Selmi.
I commentatori più puntigliosi fanno notare che tali punteggi
di graduatoria si riferiscono sensu strictiori al numero di
partecipazioni a spedizioni imperniate sul Colle delle Finestre che non
necessariamente coincide con quello delle sue scalate effettive e ortodosse. E
si citano a tal esempio i casi di Ulivieri che nel 2011 scalò le Finestre dal
versante sbagliato e della Cucinotta che le ha sempre scansate e che neanche
quest'anno sembra intenzionata ad incontrarle. Negli annali del Giro e del Tour
sono descritti pensieri, parole, opere e omissioni di quasi tutti questi
personaggi. Quattro però sono le carte bianche, anche se non del
tutto sconosciute alla musa: il bradicinetico Farnetani, il palafreniere
Ceccanti, il benzinaio Innocenti e il sessuomane Menichetti. La strada, e non
solo quella sterrata, giudicherà il valore di questo poker d'inediti e del
restante mazzo di editi, ma a una prima scorsa si nota una pericolosa deriva
elitaria. Sembrano mancare per estinzione o allenamento i bubboni di una volta,
quelli che s'immolavano sulla cruenta polvere con botte, pied-a-terre,
retroversioni et similia. Ma in questo ciclismo moderno e con questi ciclisti
canuti nulla è dato per scontato.
Scala minima
Il Col de l'Echelle o della Scala fu teatro nel 2005 di un penoso alterco
fra Boldrini e Nucci Ro che i maligni vorrebbero rinverdire. Allora si scalava
anche il Monginevro che oggi è retrocesso a stazione
di partenza e di vestizioni. Dopo dieci anni il dualismo non è attenuato dalla
senescenza bensì diluito nella concorrenza, poiché si sono moltiplicati
quelli che più o meno esplicitamente vorrebbero staccare
il transgenico in salita. È un onesto modo per procurarsi citazioni e
fama sanza la qual chi sua vita consuma, cotal vestigio in terra di sé lascia qual fummo in
aere e in acqua la schiuma. Vivendo in questo popoloso Giro al riparo della folla si rischia
seriamente l'anonimato. Chi non può evitarlo con
l'atletismo ci prova con l'esibizionismo, come Buglione che scende in campo
scosciato, smanicato ma con manicotti e zainetto pendulo. E non possiamo
indulgere su altri incomprensibili ornamenti, come la visiera da saldatore di
Cianetti che pure non avrebbe bisogno di questi mezzucci per mettersi in
evidenza. Del resto lo stesso Boldrini, a cui la storia concede sempre molte
occasioni di notorietà, si presenta con un cespo d'insalata
tatuato sull'avambraccio.
Infatti dopo trecentosessanta metri di pedalate l'occasione è prontamente sfruttata
grazie a un connubio di ruote fra Bagnoli e Boldrini che porta quest'ultimo a
contundere il suolo francese con la transgenica coscia. Boldrini non emette
lamento anche perché con rapide palpazioni constata subito
l'integrità della bici. Il trauma però gli procura in tutto
il territorio transalpino un torvo mutismo gradito ai colleghi ma poco
confacente alla sua indole, che comunque lo porta a compiere quello che avrebbe
compiuto anche senza contusione, cioè una fuga a chiorba
bassa nella valle della Clarée. Qui la pietà che si deve ai
sinistrati cede all'istinto di predazione che sommuove una muta d'inseguitori in
cui si riconoscono oltre a Nucci Ro anche Pisaturo, Salani, Cianetti, Selmi e
Corsinovi. Ma l'Echelle appena cominciato è già finito e tutti i
salmi finiscono in foto. La salita è troppo breve per
svelare alcuni misteri, come la localizzazione di Bitossi o la docenza di
Gastasini che tutti continuano anche quest'anno a chiamare maestro.
In tema d'incomprensibilità c'è anche il caffè a Bardonecchia che
secondo gli intenti del supremo custode delle soste Caparrini dovrebbe essere
veloce se, aggiungono gli osservatori, esistesse una macchinetta capace di
erogarne trenta contemporaneamente. Dopo che un manipolo d'impazienti,
capitanato ovviamente da Boldrini a chiorba bassa, è già fluito a valle
insieme alla Dora di Bardonecchia, il gruppo sperimenta due ricorrenti fattori
di turbamento: il pavé di Oulx e l'ascendente stradone che porta a
Cesana lungo la ruscellante Dora Riparia. Qui Caparrini, notoriamente mediano
d'eccellenza, si sposta inesorabile come ai vecchi tempi verso la porzione
caudale della massa rafforzando i sospetti d'evoluzione atletica dei suoi
sottoposti che ingratamente non lo degnano nemmeno della doverosa attesa.
Attendono invece ai piedi del Sestriere i fuggiaschi della Dora che vogliono
dimostrarsi equi. Boldrini con la coscia minorata vuole comunque offrire pari
opportunità a chi desidera staccarlo, ma accettano
l'invito soltanto Salani, Garosi, Cianetti e Pisaturo mentre gli autorevoli
Nucci e Chiarugi ne rimirano da lungi e con ansia l’arcuata schiena. Con
Bagnoli e Caparrini impegnati in onorevole lena sorge a distanza una comune
riflessione patriarcale su questo colle, scalato per la prima volta al Tour del
1996 e allora definito insignificante. Il significato che imprime oggi nelle
loro gambe esperte ma decadenti lascia spazio a esuli e affannosi pensieri che
giungono fino al Villaggio Olimpico.
Unici vip in questo gigantesco labirinto, gli Empolitour largheggiano e
saccheggiano il buffet. Rare tracce di Giro vero nel vasto vetro strutturale
accompagnano i loro schiamazzi. In tarda ora riaffiora il tema del
l'invecchiamento con l'arrivo di Greg Lemond che vinse il suo terzo Tour quando
Caparrini partecipava al suo primo. Questo campione obeso, canuto e grinzoso
rammenta come si può diventare quando si smette di pedalare. Le
strade invece sono fiere di rimanere vecchie e sassose, e perdono ogni fascino
quando l'asfalto ringiovanisce la loro pelle.
Tris di Finestre
La partenza per il supremo colle ha perso l'enfasi di dieci anni or sono
quando la terra incognita incuteva timori di forature, lesioni, appiedamenti e
chissà quali equilibrismi. Appurata la banalizzazione del terreno irsuto con
ruspe e schiacciasassi e scongiurata dallo splendore dei monti la pioggia
infangante, resta solo un vago pavor ascensionis suscitato dai dati
anagrafici della salita. Dal Villaggio Olimpico un solo ciclista eterodosso è diretto alle Finestre
e non è il grasso e sedentario Lemond ma l'ex
professionista Juan Antonio Flecha che parte in anticipo dopo che la Bertelli
gli ha cazziato il parcheggio della bici al tavolo della colazione. I
trentaquattro ortodossi sono animati da insolita puntualità comprensiva
addirittura di Bitossi. Le operazioni di assetto delle bici sono coordinate dal
maestro Gastasini che da esperto docente in pressurometria palpa le gomme
sgonfiando quelle sgonfie e gonfiando quelle già gonfie.
La partenza in discesa inibisce ogni ipotetica compattezza del gruppo che
infatti a Cesana è già sparpagliato:
Boldrini col codazzo degli indomiti, Caparrini coi lenti, e Ulivieri con gli
addobbati, quelli cioè che hanno richiesto l'ausilio del furgone
per depositare gli strati di panni posticci usati in discesa. Comunque vada, il
pavé di Oulx ha un effetto sussultorio maggiore dello sterrato delle Finestre
che sembra rimosso dalle menti dei ciclisti a giudicare dalla velocità di avvicinamento a
Susa. Poi Boldrini rinsavisce e arresta i suoi accoliti ai piedi della salita.
Solo Garosi sfugge al posto di blocco e subisce la squalifica da ogni menzione.
Gastasini invece è dato per disperso ma nessuno se ne
preoccupa giacché è considerato maestro
di delocalizzazione migliore di Bitossi.
C'è quindi un attimo storico in cui almeno
trenta ciclisti Empolitour affrontano insieme almeno trenta metri di salita.
Quelli che bastano per scavare i primi distacchi. La vicenda s'ingarbuglia per
commistione con una fiumana di eterodossi prevalentemente lenti e ingombranti.
Le difficoltà dell'ascensione sono variamente ripartite
in tre componenti: i sorpassi appunto, la pendenza e alcuni demenziali pulmini
che trasportano in vetta analoghi spettatori.
Dopo un breve periodo d'assestamento i nostri ciclisti tentano di
finalizzare lo scopo del loro gioco. A staccare Boldrini provano Cianetti,
Pisaturo, Salani, Selmi, Corsinovi, Bartoli, Menichetti e Nucci Ro. In posizione
borderline veleggiano Scardigli, Chiarugi, Giunti, Starnella, Cilia e
Nucci Ri. Interessante è l'azione di quelli che un tempo erano i
caparriniani o i post-caparriniani e che ora tentano di affrancarsi dal loro
mentore: Traversari, Mazzanti, Farnetani, Seripa, Innocenti, Ulivieri, Martini,
Maltana e Bertelli sembrano intenzionati a solcare la polvere prima del
presidente. Solo l'atavico compagno Bagnoli e il convertito Cocchetti gli
rimangono fedeli. Dietro di loro Buglione, Ceccanti e Muritano ambiscono
ottimisticamente all’equilibrio e alla sopravvivenza.
Naturalmente lo sviluppo della trama non è così lineare come lo si
tenta di descrivere. L'unico che ha una visione globale della corsa é Bitossi che, smesso
l'abito d'indolenza, parte in coda e li sorpassa tutti. In una curiosa
congiunzione astrale i sei triplettisti di Finestre si trovano pedalanti due a
due: Bitossi con Salani, Chiarugi con Giunti e Caparrini con Bagnoli.
L'inizio dello sterrato scombina un po' quest'armoniosa simmetria anche
perché i simpatici pulmini si fermano ad incastro presso la fontana del
Colletto di Meana, detta anche fontana della botta perché i ciclisti che vanno
in crisi ivi si fermano simulando la borraccia vuota. Neanche un'arsura
caparriniana collettiva potrebbe infatti giustificare un tale marasma in cui,
quanto meno, sono colti Cilia e Nucci Ri, ma s'immagina che il numero degli
esplosi e dei falsi assetati sia sottostimato per reticenza. Mancando quest'anno
una rappresentanza di ciclisti profondamente scarsi si suppone che la musa abbia
assistito ad alcune botte da ambizione, come quella di Bartoli partito con mire
boldriniane e miseramente rinculato sulle alpestri zolle.
Sull'angusto e petroso cacume l'ansimante presidente tenta un
approssimativo bilancio di uomini e forze. Nucci Ro ha staccato Boldrini in
extremis e sta brindando con un calice di polenta. Zio Garosi ha scontato la
squalifica e si è infiltrato in qualche
foto commemorativa. Bitossi è già illocalizzabile
quando scollinano Buglione e Muritano sderenati ma felici. Nel momento in cui i
calcoli prevederebbero l'arrivo di Gastasini, giunge la notizia che egli non si è mai mosso da Cesana, evidentemente maestro anche in scienza della
resipiscenza.
Unico caso in letteratura in cui la fine della tappa vera coincide con
quella della tappa finta, il Sestriere attira in un ritorno a ranghi anarcoidi i
conquistatori delle Finestre che alle fresche polveri del colle preferiscono le
calde docce del Villaggio. Placidamente affranto Chiarugi osserva con occhi
languidi l'imbocco della strada dell'Assietta, uno sterrato, questo sì, epico e selvaggio.
Complice corruttibile sarebbe il coriaceo Pisaturo ma forse i tempi non sono
maturi, e nemmeno le gambe a giudicare dal saggio ripiego sul percorso di tappa.
Da Pragelato al Sestriere Chiarugi sembra infatti pedalare su sassi e spine con
i cirenei Giunti e Pisaturo che per rispetto gerarchico preferiscono non
infierire. Con le Finestre già acquisite molti altri
inconfessati ciclisti subiscono le angherie di questi ultimi facili chilometri,
ma con l'approdo al Villaggio Olimpico manca ancora un piccolo sforzo per
coronare l'ortodossia del programma: la visione di tappa. Tre sono le modalità d'attuazione: alla televisione sprofondati
nel proprio letto; al maxischermo dell'albergo con birra, olive e patatine;
all'arrivo dal vivo dietro le transenne. Tale canonica modalità, che però necessita di trecento
metri a piedi in salita, è
scelta da una minoranza di caparriniani pronta a reggere il confronto
ravvicinato con gli eroi tutti giovani e belli. Hanno scalato le Finestre senza
pulmini e bubboni fra le ruote e saranno ricompensati con una bella cena servita
a base di riso in bianco e prosciutto sgrassato. Gli Empolitour sono invece
attesi ai tavoli del buffet per l'ennesima lotta intestina e intestinale. Le
vivande del villaggio sembrano illimitate e riciclate, e non c'è più la concorrenza del
vorace Lemond. D'altronde l'ultima tappa del Giro finto sarà molto più dura di quella del
Giro vero.
Tris di Sestrieri
Non sarà un'appendice esornativa come quella di
Milano. Nelle sacre scritture l'inedito Jafferau e la terza variante di
Sestriere hanno finalità propedeutiche al pranzo ecumenico e
dovrebbero dare un definitivo ordine ai valori finora visti in strada. Il
supremo classificatore Caparrini ha infatti dati certi in coda, dove pochi gli
sono arrivati dietro, ma molto frammentari in testa, dove non si sa nemmeno con
certezza chi abbia staccato Boldrini sulle Finestre. Pertanto lo Jafferau sarà un ottimo modello di
valutazione, privo di variabili confondenti come ciclisti eterodossi e veicoli
interferenti. La tappa è decisiva ma indecisa perché dotata d'insidie non
calcolate in stesura, come il martellante pavé di Oulx o la
petulante risalita della Dora Riparia. Per queste ed altre considerazioni
psicofisiche l'esperto riduzionista Bagnoli opta per un circuito di solo
Sestriere, trascinando seco altri insospettabili come Bertelli, con certificato
ortopedico di gonalgia, e Bartoli con certificato di postumi da botta. Un
certificato di febbre tiene completamente appiedato Martini mentre gli inani
Buglione e Ceccanti decidono di rinunciare anche senza ricetta medica. Vaghezza
poco pedalatoria aleggia anche su Cocchetti, Cucinotta e Seripa, mentre
Gastasini che aveva portato due biciclette rimane in loco a gingillarsi con la
pompa dimostrandosi grande maestro anche nel campo dell'astrusità.
Tutti gli altri sono abili e arruolati per lo Jafferau. È assoldato anche il
vice-auriga Sabatini con la moglie in serpa come giudici di gara sul furgone che
all'occorrenza può fungere anche da carro scopa. Caparrini
guida un gruppo denso e volitivo, nemmeno il pavé di Oulx stavolta lo
frantuma. S'erge la strada a Bardonecchia e con essa l'emozione. Lo Jafferau è annunciato dalla
liturgica frase presidenziale e da una scritta cubitale su un'aiuola fiorita,
poi la via tende a restringersi e ad impennarsi al tempo stesso. È un chiaro segnale di
sfida per un ottetto di pretendenti al primato: Bitossi, Boldrini, Cianetti,
Corsinovi, Garosi, Menichetti, Pisaturo e Nucci Ro avanzano con piglio e
curvatura di schiene, e quando i fiati sono rotti e le pedalate rotonde si
ritrovano presso un ampio parcheggio senza sfondo. Siccome nessuno osa pensare
che il supremo e infallibile topografo li abbia condotti in un cul de sac,
l'incredulità e il disorientamento dirigono le bici verso
spazi disordinati fino a un fatale cozzo fra Corsinovi e Garosi con conseguenti
atterraggio e moccoli dello Zio. Quando Caparrini si rende conto che doveva
prendere per Gleise e non per gli impianti di risalita, il gruppo è ancora carico e
Garosi integro. Si ricomincia tutto daccapo col solito ottetto che parte
all'assalto, ma con circospezione, perché non si sa mai.
Lo Jafferau si squaderna in tutta la sua asprezza e stavolta le schiene
sono curve per un giusto fine. In una fila sgranata e chilometrica i ciclisti
possono finalmente definire il loro ordine naturale. L'inguardabile Bitossi con
manicotti e gambali viene giustamente sottomesso dal castigatore Salani. Garosi,
Nucci Ro, Menichetti, Selmi, Pisaturo e financo Chiarugi lasciano alle spalle
l'affitto Boldrini che per
l'occasione si rammenta della coscia lesa sul Monginevro. Il belligero Corsinovi
s'adagia sul transgenico suo simile. Nucci Ri prevale a mala pena sulla Maltana
che non per cavalleria semina lo stuolo di Cilia, Giunti, Traversari, Mazzanti e
Scardigli. E ovviamente Caparrini la cui autorevole schiena è rimirata dall'assai pago neofita Farnetani.
Altro neofita e altrettanto pago è Innocenti che sorride
alla scampata maglia nera sopravanzando Ulivieri con la sciarpa e Muritano con
la bava. Con lui si potrebbe notificare in modo rigoroso il fin di corsa e di
Giro, e invece bisogna ripercorrere a ritroso eventi topologici già incontrati: gli
interminabili caffè veloci di Bardonecchia, il vibrante pavé di Oulx e
l'autostradale risalita della Dora Riparia. Illusorie speranze di una parata
unanime sul terzo Sestriere qui si dividono in due parti diseguali: i
boldriniani che continuano a battagliare come se qualcuno li citasse, e pochi
caparriniani che con l'infiltrazione di Menichetti possono imparare in salita
almeno qualche barzelletta sconcia.
Le due anime e quella dei renitenti si riuniscono in un solo ventre
quando il Villaggio Olimpico apre le danze al buffet e in pochi minuti si vede
razziato di tutti gli avanzi. Il supremo presidente Caparrini ha già memorizzato il
bilancio della spedizione ed è pronto a copiarlo sul libro contabile. Le
ancelle del Villaggio lo hanno vezzeggiato e omaggiato. Per la sua vittoria
meriterebbe un palco con spumante spruzzato al festante pubblico come Aru e
Contador. Per quest'anno può bastare anche il solo bacio salutante della
miss.