A
come Giro
24-26/05/2002
Nel giorno in cui l’Empoli calcio di Silvio Baldini
conquista la promozione in serie A, l’Empolitour di Andrea Caparrini torna dal
decimo Giro consapevole che la permanenza nella sua serie A del ciclismo è
ormai stabile e consolidata nelle alte posizioni di classifica. A come
amicizia, allegria e arrosto, è la triade di vitali elementi che può essere
considerata il leitmotiv di questa innovativa spedizione in terra d’Abruzzi
(altra A). E se nessuno poteva dubitare sull’amicizia e l’allegria, punti
molto pesanti sono stati guadagnati a tavola dove la squadra si è dimostrata
degna di Champions League senza passare dai preliminari. Per lo scudetto
sarebbero bastati i tre fedifraghi, il mozzo Pagni, il voltagabbana Pelagotti e
l’inaffidabile Boretti (A come assenti).
Ma ecco a pari merito morale ed alfabetico i 12
protagonisti di questo successo.
Assennato attrezzista abbastanza adiposo Bagnoli
Alessandro, adottato, adattato automaticamente alle
abitudini avverse Baricci
Avvenente, assonnata, amabile attaccabottoni, atleta
allora asceta Bertelli
Abbronzantissimo, anarchico, atipico alimentatore
Bitossi
Abominevole alieno, attaccato, adorato Boldrini
Andrea, antico, autorevole artefice Caparrini
Allenato, attaccante assoluto, atleta allora asceta
Chiarugi
Alessandro, albino, armadio abituato all’armo Goti
Avo arzillo addetto all’attività assistenziale
Marchetti
Appena assurto ancora all’antica attitudine Nucci
Allegro, attivo animatore, adibito all’auto ampia
austera Tempestini
Alessandro, adesso abbastanza allampanato, autonomo
auriga Torcini
E questa la formazione schierata in campo.
Caparrini ovviamente allenatore-giocatore con la
fascia di capitano sempre madida in testa.
In porta Goti, in fondo a tutti a guardare le schiene
altrui.
Difensori centrali, Baricci, col numero 26 come i
suoi denti preferiti, e Bagnoli. Coppia un po’ statica ma rocciosa. Abili nel
gioco aereo.
Cursori di fascia, Torcini e Marchetti. Uno dietro
l’altro. Poliedrici. Corrono su e giù per il campo svolgendo anche i ruoli di
cameraman e telecronista.
Bertelli, incontrista. Blocca con facilità l’uomo
in possesso di palla. Invoglia l’avversario al fallo, soprattutto alla
trattenuta per il retro dei pantaloncini.
Bitossi, libero. Extracomunitario (forse colombiano)
con regolare passaporto Empolitour. Gioca senza schemi passando
indifferentemente dalla difesa all’attacco.
Nucci, fantasista ridotto ad un ruolo di contenimento
dietro le punte per precarie condizioni fisiche. Era però stato selezionato
addirittura per stare in panchina.
Tempestini, promosso da mediano a terza punta, fisso
sulla fascia sinistra della carreggiata.
Boldrini, seconda punta arretrata con compiti di
copertura grazie alla sua naturale facies intimidatoria sugli avversari.
Chiarugi, centravanti, punta fissa. Si piazza davanti
e poi si ferma ad aspettare le palle dei compagni.
Siamo a Teramo, città di quelle come Pordenone o
Macerata, poco visitata ma molto citata nei cruciverba. Finalmente possiamo
ammirare automobili targate TE e degustare piatti tipici. Le quattro stelle del
ristorante Il Carpaccio sono garanzia di prelibatezze locali che faranno
macerare d’invidia il maître a penser Pagni, a quest’ora costretto a
mangiar carrube in cambusa. E infatti la sera prima della tappa lo chef prepara
un bel binomio tipico prosciutto-formaggio e un tipico piatto di spaghetti al
Pomì, perseverando a colazione nella medesima strategia alimentare: affettato
tipico, tipici tranci di Belpaese Galbani e tipica terna confezionata di fette
biscottate Mulino Bianco. Concordate apposta, e quindi invano, per Pagni le
dieci fette d’affettato tipico che rimangono per nove decimi nel vassoio
d’origine. Ci salva il genio di Bitossi che, giunto al banchetto per ultimo
depilato e corrusco, semina sconcerto fra i camerieri ordinando caffè d’orzo,
yogurt e spremuta d’arancia.
La colazione tipicamente insufficiente genera subito
un errore freudiano di percorso e la salita di Torricella Sicura con tanto
d’Intergiro viene aggirata dal basso. Bitossi calcola la plusvalenza di
calorie ottenuta con quel tiro ad effetto, stima una previsione d’attesa sul
tardigrado Goti e decide di tornare indietro a conquistare da solo
l’Intergiro. Così facendo perde però l’occasione di sfilare in
un’ecumenica ed assai immortalata ascensione del Pagliaroli dove si riesce a
tenere in gruppo sia Goti, a suon di spinte e rallentamenti, che Boldrini poco
pugnace e volitivo. Tanto per soppesare l’entità della salita, nemmeno in
questo Giro di mezzi colli e false cime hanno osato piazzarvi un GPM. Eppure
quella di Pagliaroli è una bella strada, silenziosa e rilassante, coronata da
una sosta-fontana con spartizione di un gustoso bottino caparriniano, la
cioccolata ultra-nera-extra-fondente-iper-amara Novi.
Le prime scaramucce cominciano ora. Torcini scalda il
motore, Marchetti la telecamera. Si aspetta la salita del Ceppo dove invece il
GPM c’è, e si aspetta da un anno l’attacco di Boldrini, e non solo per
similitudine toponomastica della sua dura chiorba con la salita in questione.
Invece parte saettante la Bertelli in discesa con un ghirigoro di virate secche
in odore di scontro frontale. Ma sono vie dove al massimo ci si può scontrare
con una pecora o scivolare su un suo fresco escremento. I cani, tutti sciolti,
non hanno mai visto una ciclista e scrutano la Bertelli col languore negli occhi
e nella lingua penzoloni, senza muoversi e capire. Le sue movenze irretiscono i
cani e la gravità ma non fino al punto di annullarla quando è a sfavore. Così
la salita decreta un nuovo amalgama e la sfrecciante amazzone si ritrova ben
presto attorniata dagli armipotenti cavalieri che diventano cinque ai piedi del
Ceppo, i quattro avanguardisti dell’Empolitour ed un eterodosso incaricato di
scandire il passo. L’arrivo della moto filmante condiziona l’esito del
traguardo. Davanti alla televisione il vanesio Chiarugi inscena tre scatti.
Primo scatto di Chiarugi: Boldrini insegue e digrigna. Secondo scatto di
Chiarugi: Boldrini annaspa e sbuffa. Terzo scatto di Chiarugi: Boldrini sfiata
ed allarga le braccia a mo’ di resa. Più indietro Tempestini tentenna inibito
mentre Nucci bracca la Bertelli e la batte cavallerescamente allo sprint.
Grazie alle notizie dei fidi telecronisti si
alimentano speranze di rivedere gli altri entro un’ora. In anticipo la coppia
storica Caparrini-Bagnoli, puntuale il pacato Baricci e pure Bitossi che ha già
colmato l’iniziale gap (questa è una gaffe perché non si dovrebbe parlare di
corda in casa dell’impiccato o di Gap in casa di Bitossi). Il distacco di Goti
si misura in fusi orari. Il biancocrinito e stentoreo canottiere sta ancora
transitando sul meridiano di Pagliaroli ma quando arriva si vede che non ha
perso il morale ed ha scaricato tutta la sua potenza inespressa sul movimento
centrale, rendendolo vacillante. Gli esperti in arti meccaniche, Bagnoli e
Boldrini, si scambiano opinioni sul caso con dotte citazioni di chiavi ed
estrattori compatibili per addivenire alla conclusione che in quelle condizioni
è già tanto arrivare sul S.Giacomo a 40 chilometri da lì e poi tornare a
Teramo dove nessuna delle dotte chiavi citate sarà reperibile.
Bisogna a questo punto sapere che una lunga,
sconnessa ed infida discesa conduce all’inizio dell’ultima tenera salita e
che la Bertelli è sì diventata fatina e crocerossina, assiste gli infermi,
conforta gli invalidi e saluta i vecchietti, ma che ogni tanto dal nocciolo
dell’anima lascia eruttare quell’impetus di donna d’agone col quale un
tempo incettava maglie tricolori. In questi momenti non le garba affatto essere
vinta dai masculi colleghi anche se in palio ci sono traguardi simbolici come
quelli dell’Empolitour e così, approfittando del pavor declivitatis di
molti compagni e dello stato di ebbrezza di Bitossi, unico discesista decente,
che sul passo si è scolato un boccale di birra per sciogliere l’acido lattico
(sic), la vulcanica atleta schizza giù come un lapillo accumulando vari minuti
di vantaggio. Quindi le balenano due opzioni: iniziare il S.Giacomo da sola ed
essere raggiunta da Chiarugi dopo un chilometro oppure attendere il medesimo in
fondo alla discesa a braccia conserte, battendo il piedino sul pedale in segno
d’impazienza e facendosi cogliere mentre rimira un grande lago artificiale (a
proposito, siamo sui monti della Laga) con occhi trasognati e persi nel blu come
se fosse lì da un’eternità. E sceglie la seconda opzione, cosicché il
gruppo può radunarsi per la finale e speriamo vera asperità. Che si tratti di
una salita del Giro lo s’inferisce dai cartelli indicatori rosa ma, a
giudicare dalla densità ciclistica a due ore dal passaggio della corsa,
potrebbero essere anche cartelli dimenticati da qualche edizione precedente. A
quest’ora al Tour i gendarmi avrebbero cominciato a sparare a vista sui
ciclisti mentre qui passerebbe indisturbato anche Bin Laden col carro armato,
figuriamoci la moto ufficiale dell’Empolitour col professionale labaro sul
parabrezza che circola in totale libertà e i pochi poliziotti la salutano per
farsi riprendere dalla telecamera.
L’ultima inquadratura idilliaca di Marchetti è la
macchia biancoazzurra che si muove tacita sullo sfondo di una distesa di rose
rosse, poi finalmente il gioco si fa duro. Ma Boldrini delude anche stavolta.
Dopo l’ultima revisione il ciclista transgenico è stato un po’ umanizzato e
si stacca su di un bello ed unico qunidicipercento. È il sornione Bitossi che
tenta di smaltire lo strapotere chiarugiano dopo aver smaltito la sbornia,
ubriacandosi di agili pedalate. Fra le negre glabre gambe di Bitossi col 23 e le
rosolate pelose di Chiarugi col 19, si giunge ad una media di compromesso che
conduce appaiati a S.Giacomo mentre Boldrini arranca a distanza e giudica il
comportamento di Chiarugi illeale (avrà imparato da Berlusconi che dice sempre
illiberale all’avversario da cui perde).
Si apre un lungo processo alla tappa in attesa di
Goti. Boldrini sostiene che Chiarugi non avrebbe tentato di staccare Bitossi per
non provocare una sua reazione uguale e contraria. Chiarugi sostiene che è
venuto al Giro solo per staccare Boldrini. Bitossi si avvale della facoltà di
non rispondere. Caparrini sostiene di non essere mai stato in affanno. Nucci
sostiene a livello addominale una discreta pinguedine. La Bertelli sostiene
d’essere stata frenata da un moscerino nell’occhio e dal ditone contundente
di Caparrini che tentava l’estrazione e chiede l’opinione di Cassani sulla
vicenda. Bagnoli si sostiene a fatica sulle gambe ma ha la forza di rilasciare
una lunga intervista sull’Empolitour ad un cronista del Gazzettino di
S.Giacomo. Intanto sono avvistati all’orizzonte Baricci e Goti che salgono con
l’agile passo dell’orso bruno marsicano, dunque si può cominciare a pensare
al cibo. Tramontata l’era del panino sull’asfalto, la grandeur
dell’Empolitour prevede gambe sotto il tavolo anche durante l’attesa della
tappa e, in ottemperanza alle tre A della spedizione, il cameriere serve una
vassoiata d’arrosto non ordinato che viene rispedito indietro con qualche
malincuore (Pagni non l’avrebbe mai permesso). E mentre la Bertelli viene a
sua volta intervistata da Grezzo Brotini, noto anchorman e opinionista
ciclistico di una TV locale empolese che fra il serio e il faceto e fra il lusco
e il brusco lascia intendere che per lui non sarebbe cosa sgradita toccarle il
culo, i commensali consumano le portate di riserva e cioè i salumi vari che
stavolta non rimangono nel vassoio d’origine, compresa la razione spettante
alla Bertelli medesima la quale, fra il serio e il faceto e fra il lusco e il
brusco lascia intendere fino all’ossessione di non aver gradito la cosa.
A chiosa della giornata, per giustificare questo
viaggio, questo nutrimento e questo scritto, bisogna pur assistere festevoli al
passaggio della tappa vera insieme a pochi intimi transennati. Il vincitore
messicano è uno dei pochi riconoscibili anche dalla Bertelli (l’altro sarebbe
stato l’enfant du pais Dario Cioni che viene da lei incitato quando passa
Cadel Evans). Si chiama Perez Cuapio ed ha le gambe color Bitossi, i denti stile
Pagni e il peso di Nucci quando non portava la trippa. Boldrini vorrebbe
intromettersi nel processo alla tappa della RAI per sbandierare a tutta Italia
l’illealtà di Chiarugi, ma poi preferisce sguinzagliarsi verso l’albergo,
dove con belluina foga si lancia anche Goti, ormai tristemente o felicemente
consapevole che, per colpa di quel santo accidente meccanico, quelle saranno le
sue ultime pedalate del Giro.
Ora siamo per incanto e per autostrada a L’Aquila
(altra A) dove ci aspettano tre stelle di cena tipica dal Duca d’Abruzzi. Sarà
la cena più altolocata nella storia dell’Empolitour perché il ristorante
dell’albergo è al quinto piano. Il maître in livrea annuncia con solennità
prosciutto-formaggio e spaghetti al Pomì. Evviva la fantasia e le mezze
pensioni abruzzesi. Però le porzioni sono abbondanti ed economiche ed al Tour
un menu del genere sarebbe accolto con un’ovazione. Qualcuno fa notare che
prosciutto comincia con la P anche se è affettato e consiglia di ripiegare sul
tradizionale arrosto. I tavoli sono divisi in due fazioni e gli annunciati
contendenti dell’indomani, Boldrini e l’illeale Chiarugi, si oppongono di
schiena come due pistoleri. In città invece si punta molto su Tempestini che
domina la cartellonistica elettorale con lo slogan Tempesta Sindaco. È
vero che i partiti candidano spesso qualche celebrità per attrarre
l’elettorato ma in questo caso ci sembra che il Polo delle Libertà abbia un
po’ esagerato anche se il nostro biascicatore è molto migliorato in salita.
La notte porta consiglio e la colazione glicogeno.
L’esito della scalata del Gran Sasso-Campo Imperatore è vivamente
condizionato dall’imbandigione del buffet. Caparrini trasecola, quasi sviene.
Il bombolone. Ripete questo suono labiale più volte come se fosse in trance
prima di ardire a toccare con le dita ciò che agli occhi era apparso come un
miraggio. Il bombolone. Prima di addentarlo Caparrini lo rifrigge con lo
sguardo, lo sguardo illuminato di un bambino felice che finalmente ha trovato
sotto l’albero il dono chiesto invano per dieci anni a Babbo Natale. Il
bombolone. In dieci anni di Giro e tredici di Tour Caparrini aveva eletto nel
croissant la massima espressione di desiderio al risveglio, perché il
presidente è temperato anche nei sogni e fino ad oggi sapeva che la speranza di
un bombolone a colazione apparteneva al regno di quegli appetiti onirici che
feriscono profondamente con la disillusione. Il bombolone. Nell’arco di tempo
in cui Caparrini rimaneva basito in questa ecolalia fanciullesca, Chiarugi aveva
già divorato il primo e mirava al secondo, ridondante di crema, seguito a ruota
da Bagnoli e Nucci. I quattro padri fondatori si pascevano perciò di quel cibo
che la decennale dedizione alla causa Empolitour e la puntualità alla mensa
avevano loro concesso. Difatti i ritardatari pagavano un pesante dazio anche a
causa del passaggio di uno sciame di locuste tedesche che razziava il buffet.
Dopo dieci minuti niente più bomboloni ma comunque ancora disponibile una
cornucopia di dolciumi, yogurt e succhi di frutta che metteva in difficoltà
Bitossi, stavolta incapace di ordinare il mancante, ma astuto e rapido ad
accaparrarsi tutte le terne di fette biscottate Mulino Bianco rimaste
inspiegabilmente inevase su tutti i tavoli. La colazione rischia di durare più
della scalata del Gran Sasso anche perché Goti e Bertelli demoliscono il record
Empolitour di ritardo mattutino, fermando il cronometro ad un’imbattibile
mezz’ora, pari all’esaurimento di quasi tutta la cornucopia e di tutte le
fette biscottate impilate da Bitossi a torre di Babele.
Però alla fine bisogna pur partire senza sapere dove
andare e il Gran Sasso potrebbe diventare un’altra Torricella Sicura se la
Bertelli da buona incontrista non ghermisse un ciclista giallo come il sole
(Elio appunto) che ci scorta fino a Paganica. Da tutto questo dolce preambolo la
vetta dista ancora quaranta chilometri nei quali gli spettatori vorrebbero
ascoltare epiche battaglie fra Chiarugi, Boldrini e Bitossi, magari con la
rifioritura completa di Nucci che non ha mai cessato di sperarci o con un
exploit di Tempestini incitato dagli elettori o col record assoluto di Caparrini
o con l’abbordaggio di qualche indigeno da parte della Bertelli o con
un’esemplare lotta cartesiana per non retrocedere fra Bagnoli e Baricci.
Invece accade che gli unici sorpassi li esegue la moto della regia di Torcini e
Marchetti; Chiarugi scatta al chilometro meno cinque e col suo ippogrifo nero
non lo rivedono più fino a Campo Imperatore; Boldrini finge di disinteressarsi
dello sfidante e del mondo intero; Bitossi non si sa mai quando si stacca per
finta o per davvero; Nucci vede infrangere i suoi sogni di rivalsa
nell’invasione stradale di un gregge di pecore ma esulta lo stesso perché
fino ad un mese fa doveva essere il Goti della situazione che lo affianca in
maniera sospetta con la macchina; la popolarità aquilana non giova a Tempestini
che prende più minuti di distacco che voti; gli unici indigeni che la Bertelli
potrebbe abbordare sarebbero i quattro cani per strada a badare il gregge;
Caparrini in effetti batterebbe in un sol colpo il record assoluto, lo
stagionale, l’annuale pari e l’assoluto ventoso ma non fa partire il
cronometro ed è contento perché rimane sempre, come dice lui, in respirazione,
forse grazie a quei due bomboloni d’ossigeno; Bagnoli e Baricci staccano il
cogitante Cartesio e contengono il ritardo nei limiti di congelamento del primo
arrivato. Bagnoli è staccato di dieci anni a giudicare dall’abbigliamento
ancestrale e dalla Colnago ancora uguale e pulita come al primo Giro. Baricci è
l’unico a ricevere gli applausi di tutti, perché è l’ultimo arrivato,
perché ce l’ha fatta, perché è un esordiente, perché è simpatico e perché
finalmente si mangia.
Mentre fuori si sta radunando l’unica perturbazione
atmosferica della penisola, in una calda tavolata si celebra il rito
dell’ultimo pranzo, l’ultimo atto comunitario prima di un ritorno disgregato
nella velocità della discesa e dell’autostrada. Ancora assistiamo all’avido
assalto ad armi appuntite all’arrosto. Crollano le barriere alimentari, sgorga
l’ebbrezza nei vetri e nei cuori e come epilogo la Bertelli elargisce premi e
diplomi a tutti. Sembra una degna fine con foto ma si deve pur ridiscendere a
L’Aquila passando attraverso la perturbazione che nel frattempo ha avuto
comodamente l’opportunità di farsi cupa ed acquosa e di scaricare in un
chilometro tutta l’ira glaciale sulle inermi spoglie dei ciclisti i quali
eroicamente subiscono o fanno come Nucci che sale sull’ammiraglia di Goti. Poi
in base alla legge della circolarità degli elementi alimentari che dalla terra
nascono e sulla terra ritornano, Chiarugi per poco non si collassa e restituisce
al suolo gran parte del pranzo facendolo ripassare dal via. I bomboloni però
sono salvi ed indigeriti fino a casa. Bertelli da buona crocerossina, appena ha
sentore di quel malo conato, se la svigna con Baricci estorcendogli la storia
della vita in un’unica discesa.
Ci si avvicina così stancamente al novantesimo e la
squadra comincia a giocare di melina anche se la vittoria è netta e nessuno
ormai ce la potrà negare. L’autostrada è un lungo minuto di recupero prima
del triplice fischio di chiusura. Sotto la luna ed i riflettori l’Empolitour
è accolta trionfalmente in patria da un corteo di clacson e bandiere azzurre,
festeggiamenti che molti erroneamente credono dedicati ai calciatori promossi in
A.
Alla luce di tanto successo, dopo i diplomi della
Bertelli, il sindaco Bugli e tutte le autorità empolesi hanno deciso di
elargire anche premi Oscar.
Miglior film e miglior regia: Torcini e Marchetti.
Premiati sulla fiducia ancor prima di vedere l’opera realizzata.
Attore protagonista: Chiarugi.
Attrice protagonista: Bertelli. Bella forza.
Attore non protagonista straniero: il colombiano
Bitossi.
Attore non protagonista transgenico: Boldrini.
Sceneggiatura e scenografia: Caparrini. Prenotazioni,
percorsi, contatti, conteggi sono il suo punto di forza.
Colonna sonora: Goti. Voce e russamento da tenore.
Montaggio: Tempestini. Inteso come montaggio sulla
sua Multipla delle bici più preziose, salvate così da vento e moscerini.
Costumi: ex aequo Bagnoli e Baricci. Bagnoli per il
completino d’epoca, Baricci per i calzettoni da viaggio stile gatto con gli
stivali.
Effetti speciali: Nucci. Potevamo stupirvi con
effetti speciali e invece vi abbiamo stupito col miracolo di quest’omino con
le ruote tornato a pedalare forte contro tutte le avversità.