Novantatreesima puntata 27/03/2011

Torri, pane e presciutto. Parole vecchie e uomini nuovi nella Classica di Monteriggioni.

 

L’antica tradizione non perdona:

però che, come sulla cerchia tonda

Monteriggion di  torri si corona.”

Di rime nostra musa non abbonda

e queste sempre fungono da icona

del pan che di presciutto assai ridonda.

Monteriggion infatti è quella tappa

santificata al pane detto sniappa.

 

Requisito importante dei partenti

è quello d’aver forte almen la bocca,

ben larga senza piaghe o mal di denti.

Così quando la mezza all’otto scocca,

dentro al brusio di noti e ignoti accenti

a Caparrin incominciare tocca:

“O frati, non sarà duro il percorso

quanto duro deve esser vostro morso.

 

In pane finiranno i vostri salmi

quando, posate già le biciclette,

lo terrete ben stretto in mezzo ai palmi.”

C’è chi con ansia ad ascoltare stette

mentre i più esperti si mostravan calmi

consci dello spessor di quelle fette.

“Ma vedo” proseguì “facce un po’ strane

che forse mai conobbero quel pane.”

 

V’erano alcuni coi vestiti neri

ed uno che pareva più sociale

che disse: “Noto son, son Ulivieri,

il famoso ciclista marsupiale

giunto con un dei miei palafrenieri

per essere citato nel manuale.

Però la sniappa è cosa troppo densa,

e indegno sono ancor di vostra mensa.”

 

“Anch’io son noto, ma non mi ritiro.”

Disse un altro dei cavalieri oscuri.

“M’avete già portato un anno al Giro.

Acciò che pur quest’opera mi curi

venuto son con altro probo viro

che come me non teme i cibi duri.

De Rienzo son, l’esploso del Ghisallo:

coi denti schiaccio noci anche col mallo.”

 

Mentre il gruppo muoveva lento il passo,

l’altro si presentò con discrezione:

“Del presciutto manduco pure il grasso,

e sono qui per questa libagione.

Epigono del capitan del Tasso,

non son Goffredo ma sono Buglione.

Coi miei molari triturare posso

un intero presciutto pur con l’osso.”

 

A Montespertoli il plotone acquista

pur le virtù di Marroncini e Rossi

che giuran fede al pane integralista.

Vestiti sembran come gli ortodossi

ma è Rossi che si mette ben in vista

tanto da far tremar le carni e gli ossi.

Due neri calzettoni alle ginocchia

son ciò che al primo palpito s’adocchia,

 

però la bizzarria qui non finisce,

giacché sotto un social raro farsetto

spuntan due maniche verdastre a strisce.

Caparrin che lo guarda con sospetto

lo assolve e nella lista lo inserisce

di quelli ammessi al sapido banchetto.

“Si veste strano” dice “ ma al postutto

basta che mangi il pane col presciutto.”

 

Frattanto si susseguon dossi e clivi

ma il numero total degli invitati

si scopre solo dopo vari bivi.

Barbieri ed A Bagnoli sono ingrati

come Boldrin repenti e fuggitivi,

e quando il marsupial pur lascia i frati

Caparrin può contare a Castellina

di bocche una famelica decina.

 

La storia da qui in poi s’è già sentita

ma ripeterla ancora val la pena,

cantando il gruppo dentro la turrita

che il tavol ammannisce come a cena,

così che scoprono i turisti in gita

come un ciclista Empolitour s’allena.

“Oste!” Reclama allora Caparrini.

“Ci porti tosto i più pregiati vini!”

 

Rinaldi che ha già il naso di ciliegia

rode la sniappa, il calice risvuota

e d’onorevol titolo si fregia.

Nucci, che degnamente gli sta a ruota,

bocconi più minuti privilegia

ma la sua sniappa fa la fine nota.

E Caparrrin che serve e che apparecchia

di Chianti beve una discreta secchia.

 

Gli ospiti neri senza tanti ingegni

del presidente imparan presto l’arte

e di salir al ciel diventan degni.

Chiarugi e Ramerin rudi in disparte

d’impazienza e digiuno mostran segni,

tradotti in tre parol: “Quando si parte?”

Ma alfine anche Chiarugi vien corrotto

dalla Bertelli con un vil biscotto.

 

Quando rimontan sulle dure selle

non tarda a far sentir l’effetto il Chianti

che in quelli meno avvezzi vieppiù eccelle.

De Rienzo e il pio Buglion dal vino affranti,

cercando di domar le pedivelle

intravedon madonne e vari santi,

uno dei qual concreto ma cortese

è il colletto chiamato San Lucchese.

 

Qui per concluder la puntata in tono,

mentre l’alcol nel sangue si riversa

ed alle spalle il vento dà condono,

un gallo nero la strada attraversa,

segno di qualità propizio e buono

per la Classica uguale ma diversa

che corona Monteriggion di bici

e dell’ebbrezza di voraci amici.