Novantunesima puntata 06/02/2011
Ciclisti nella nebbia. Sparizioni e apparizioni nel giorno di Borromeo e Machiavelli.
Caparrini pontifica e discetta:
“Non vi vestite troppo ché si suda!”
Lo afferma come ipotesi predetta
e pochi sanno a qual sudor alluda,
non quello indotto dalla bicicletta
che ancor elude la fatica cruda.
“Il sol” insiste “giace sotto coltre
e tra tre miglia scalderà ben oltre.”
Lo pensan anche i pochi che son giunti,
Carlon lo pensa con la sciarpa al collo,
lo pensa Tempestin, lo pensa Giunti,
lo pensa Zio, quel prodigo rampollo.
Il sol odierno è tra i principi assunti,
di tal certezza nessun par satollo.
Solo Chiarugi freddoloso azzarda:
“Passate son tre miglia e il sole tarda.”
Il gruppo tarda a prendere l’aire,
come se Caparrin davvero fosse
fiducioso nel sol dell’avvenire.
Nemmen l’orco Boldrin prende le mosse
ma indugia nel tentar d’interloquire
con chi per scapolar finge la tosse.
Intanto Ramerini a Montelupo
appare sotto un ciel sempre più cupo.
“Traversar, Muritano e due Bagnoli.”
La nebbia lo costringe a far la conta.
“Son dodici e ne vedo undici soli.”
Le lenti torbide sul capo monta.
“Son undici, convien che mi consoli.”
Per Caparrini l’ammanco è fonte d’onta.
“Se qualcun in pianura è già scomparso,
vuol dire” pensa “ch’è davvero scarso.”
Lo scomparso è Chiarugi, a quanto pare,
che ha tagliato la via per Montagnana
e si ritrova solo a primeggiare.
Questa burlesca fuga i forti stana,
Nucci e Boldrini van di contraltare
e nella nebbia ogni ricerca è vana:
la nebbia che secondo molti esperti
dovrebbe or spalancare spazi aperti.
E invece è lì che umetta e che nasconde,
e quando sull’asfalto si riposa
poca fiducia nelle ruote infonde.
Il Borromeo, salita già onerosa,
con quel velo umidiccio corrisponde
a superficie impervia ed oleosa.
“Perché la ruota posterior non slitti”
sostengon tutti “pedaliam non ritti.”
Boldrini sulla sella nuova e cava
spreme perciò le natiche ferine,
pur Caparrini sulla bici grava,
e per citarne un altro poco fine
diciamo di Carlon che solchi scava
sulla salita a lui parecchio affine.
E difatti egli stesso ben conciona
di Borromeo, quel San Carlon d’Arona.
Il Borromeo più che la nebbia folta
fa scomparire Muritano lasso
e due Bagnoli tutti in una volta.
La musa che studiava il loro passo
lento, slittante e con penosa svolta,
ritorna in Elicona a capo basso.
Gli eventi anche stavolta l’hanno edotta
che ormai nessuno più farà la botta.
Solo di Traversari un umil raggio
soccomberà all’asprezza dell’ascesa,
rotto nel collo da più forte oltraggio.
Ma tal lesione troppo non gli pesa
e con l’esortazion del duca saggio
sale sull’Impruneta senza resa.
“Non ti crucciare Traversar di ruote,
vuolsi così colà dove si puote.”
Quand’anche sulla piazza d’Impruneta
constata il duca che il sole promesso
è un’evenienza ormai vana e segreta,
si promette d’avere più successo
con la non annebbiabile sua meta:
due ridondanti paste con l’espresso.
Non come Nucci che in un altro posto
bevve il caffè con tre fette d’arrosto.
E dopo Borromeo c’è Machiavelli:
sull’aspra sua dimora d’Albergaccio
i ciclisti riaffilano i coltelli.
Nucci, che col caffè mangiò il carpaccio,
vuole staccar Boldrini senza appelli,
il qual però vedendolo in impaccio
gli vocia: “O Nucci, con cotal rapporto
usi il fucile ma sei un omo morto!”
Va col cinquantatre ma sbuffa e arranca,
e Boldrin ch’è un transgenico signore
mazzolando i pedali a lui s’affianca;
come all’agnel che sfugge al buon pastore
gli fa capir che non l’ha fatta franca
perché ripete: “Col fucil si muore.”
E con quella sua piccola pistola
in vetta agli Scopeti egli s’invola.
Caparrin che si estrania dalla lizza,
scrutando il ciel ancora disadorno
mentre respira nebbia profetizza:
“Preparatevi al sol di mezzogiorno
che i repressi sudori molto attizza.”
In verità quest’anelato forno
quando pur s’intravede Cheisanuova
resta una profezia che nessun prova.
Nemmeno la Bertelli pervenuta
apposta per il solatio godersi
può dirsi nell’intento molto astuta.
Fra quelli mai comparsi e quelli persi,
fra chi con speme ancora il cielo scruta,
fra quei rimasti nel grigior immersi,
l’onor spetta a Boldrin glabro gorilla
che nella nebbia fieramente brilla.