02/05/2004 Nona puntata

Ha la bici più ricca ed ora anche un titolo nobiliare: il Conte Zio.

 

È l’alba, e ognun la bicicletta ferra,

indossa l’armatura d’ordinanza,

provviste intasca ed ascia dissotterra.

Folto ploton di cavalieri avanza

per espugnar il vecchio monte Serra,

scalato e riscalato mai abbastanza.

Lassù si pavoneggia con le penne

che sono quattro spelacchiate antenne.

 

Non posso non citarlo come monte

per che i pisan veder Lucca non ponno,

ma la sua odierna fama prende fonte

dall’oste Valtere, maestro e donno

di soste-Pagni tanto leste e pronte

che tra dolce e caffè puoi far gran sonno.

Lui stesso quando sul menu c’informa

pare che lietamente ritto dorma.

 

L’idea di sosta minuziosa e lenta,

con torte dal sapor di salmonella,

il nostro gruppo errante non spaventa

anzi, s’impingua pur d’età novella

con un terzo Bagnol che va sui trenta

e in diafana divisa s’inorpella,

s’iscrive al Giro dalle dure tappe

e intanto lascia trasparir le chiappe.

 

Parli di chiappe e la Bertelli spunta

in moroso ritardo, è naturale;

e quando poi a Fucecchio c’è l’aggiunta

di Malucchi vestito di sociale,

sul registro delle presenze appunta

ben dodici soldati il generale

e se ci fosse pur Bagnoli primo

sarebbe esercito davver opimo.

 

Il Serra affascina, non c’è che dire,

otto chilometri e ottocento metri

di mistiche e martirizzanti spire.

Alla Pieve di Compito son tetri

i pretendenti al titolo di sire,

e ciaschedun convien che grazia impetri.

Favori del pronostico a Boldrini,

ma Zio, Chiarugi, Nucci e Tempestini

 

non hanno indosso l’abito dei vinti;

però scrutando a fondo quel transgenico

nell’abisso dell’animo son spinti.

Egli nitrisce, ringhia e suda arsenico.

Gli occhi chirghisi di sanguigno tinti

cercano pubblico da palcoscenico.

Soltanto Zio pensoso è sotto i baffi:

“Bisogna che sua ruota tosto arraffi.”

 

Con questi due là in testa ora si balla.

Chiarugi e Nucci fanno a chi più ponza

e poco restan coi pedali a galla.

Boldrini mena e Zio vicin gli ronza

mentre più dietro Tempestin sfarfalla

mostrando il pondo di parecchia lonza.

Boldrini pigia l’uva a testa bassa

e Zio con sobrio spirto lo sorpassa.

 

Come fortuna va cangiando stile!

Prima Boldrini s’atteggiava a lupo

ed or si sente pecora in ovile.

Lo sguardo gronda di sudore cupo

e, sentendo la gamba molto ostile,

si volge verso il vuoto del dirupo,

mentre lo Zio nel segno del comando

verso l’Amico Lento sta volando.

 

Là par la rocca dell’Innominato

con la truce locanda Malanotte:

ci son due bravi col mitra spianato

che guardano arrivar l’anime cotte.

La piazza s’anima come al mercato,

fra chi racconta, chiede, esclama o sfotte,

e in questo manzoniano scalpitio

eletto a pieni voti è il Conte Zio.

 

Ora non resta che assaltar le torte.

No. Caparrini, giunto in pompa magna,

con Malucchi e Bertelli alla sua corte,

un record imbattibile guadagna.

Non si dica però ch’è andato forte

sennò di troppa vanità si lagna .

Fa tempi della vita e poi li batte,

allor di vite n’ha più delle gatte.

 

Il Conte Zio per premio ricevette

di torta rancida al sapor di cocco

due meritate e appetitose fette.

Del Lento il cibo per alcuni è sciocco,

però le spese son talmente strette

che sembra quasi di mangiar a scrocco:

con un euro consumi un lauto pasto

ed una foto all’asino col basto.

 

Boldrini allor, trafitto dallo scorno,

per dimostrar la sua supremazia,

evade nella piana del ritorno,

spingendo a tutta con Boretti a scia.

Ma quando par senza avversari intorno,

il gruppo senza ardore e frenesia

lo riacciuffa per una scorciatoia,

così alla fine un altro rospo ingoia.