Ottantottesima puntata 07/11/2010
Meglio che nulla. Per tirare avanti l'opera si parla d'abbigliamento.
In quest’autunno cadon pur le rime
oltre che sulla strada foglie gialle
sotto i fascioni, scivolose e opime.
Le bici restan spesso nelle stalle
e quando tornano al normal regime
alla musa pur cadono le palle,
perché i ciclisti usciti dai giacigli
son forieri di noia e di sbadigli.
A Caparrin la cosa poco tange:
l’importante è tenere il gruppo folto
sotto un cielo propizio che non piange.
“Oggi” sospira “il giro sarà assolto
anche se l’Arno è gonfio come il Gange
e il mattino da grigia coltre avvolto.
Il sole verso San Donato in Poggio
sembra prometter un pacato sfoggio.”
La musa pare poco consenziente
perché pensa: “Mi tocca scriver versi
anche se in gruppo non succede niente.”
È vero, ormai da tempo si son persi
quei bei ciclisti con le ruote lente
che su modesti colli eran sommersi,
o quegli agoni con Boldrin transgenico
ch’eran degni d’eccelso palcoscenico.
Or che la pioggia fa pedalar poco,
l’atletismo pian piano s’appiattisce
e meno interessante si fa il gioco.
Le vicende son tanto piatte e lisce
che sol quando Carlon diventa cuoco
il gruppo dal torpor s’inorgoglisce.
Alla musa così cantar conviene
non più di bici ma di ricche cene.
Ma intanto Caparrin mostra ottimismo.
“Già vedo comparir parecchi atleti
che non sembrano dediti a turismo.
E mi sembrano pure molto lieti
d’esser partecipi di tal ciclismo
vestiti con i crismi degli esteti.”
Lo dice mentre indossa un bel trequarti
che scopre sol due lembi di quattro arti.
Anche Carlon Rinaldi fiero ostenta
due polpacci torniti e varicosi,
e Chiarugi ha un trequarti che rasenta
le ginocchia, tenendo i piedi ascosi
nei copriscarpa di social imprenta.
Nessuno c’è che estivo vestir osi,
ma di autunnali se ne vedon tanti
ognun con discutibili varianti.
La moda dei ciclisti del duemila
son gli eleganti e mobili gambali
che Tempestin indossa e mai si sfila.
Così fa Lisi con quelli sociali,
così Bitossi, che in gruppo s’infila
con paramenti ancor più originali
che non gli coprono le gambe intere
ma son più propriamente ginocchiere.
Il posticcio
predomina e l’orpello.
Nucci è il più sobrio e pure se non piove
sbandiera al vento un candido mantello.
Boldrin invece ha vesti strane e nuove:
una tutina grigio pipistrello
senza alcun marchio, presa chissà dove.
Ma non è meritevol di dileggio
perché qualcun è in grado di far peggio.
Non si dica dei variopinti veli
che indossano i due Borchi e Ramerini,
perché son asociali ma fedeli.
Pi Borchi veste come i cherubini,
ligio al biancore degli odierni cieli,
mentre Erre Borchi ha almeno tre giubbini
come d’autunno e inverno spesso suole,
senza contar le varie camiciole.
La musa osserva e non convien che goda,
poiché il ciclismo pare che s’appelli
a una sfilata futile di moda.
I ciclisti son fiacchi però belli,
e con voto plenario pur si loda
l’arrivo in corsa d’altri due modelli.
Furtivamente infatti par che appaia
il team di Montespertoli a Cerbaia.
Oggi è composto da due bei esemplari
che per sensato e unanime giudizio
son normali soltanto nei calzari.
Il primo si conosce per indizio
come l’Annibal noto agli schedari
per un Serra finito in gran supplizio.
S’ode da lunge voce che lo chiama:
“O che ci fai vestito col pigiama?”
Ma Caparrin con più stupor adocchia
Rossi, che pur è un altro redivivo,
perché ha palesi solo le ginocchia.
Di base indossa un completin estivo
con calzetton da fuso e da conocchia
e maniche per scopo suppletivo.
Così i più attenti notano che Rossi
scopre le parti che copre Bitossi.
Or ci sarebbe pure la salita
che di sudor nessuna veste intride,
San Donato piuttosto blanda e trita
dove s’abbozzano fugaci sfide.
La concorrenza è forte e ben vestita
ma Tempestini coi gambal la irride,
Chiarugi è inane con le sue calosce
e di Boldrin si perdono le cosce.
Per fortuna che c’è la sosta Pagni
a chiuder tal risibile sfilata
senza sudor né pioggia che la bagni.
La musa ai concorrenti pare grata:
è bene che quest’opera guadagni
un’avvincente e insolita puntata
ove ai ciclisti ignari si consiglia
come d’autunno in bici ci s’abbiglia.