Settantasettesima puntata 11/10/2009
La Classica del Chianti ovvero una spietata gara a sottrazione, nel rispetto della tradizione.
“Quanti siam, diciassette o diciannove?”
Caparrin guarda, enumera e riflette
mentre il gruppo si stira e fa le prove.
“Difficile è contarvi” allora ammette
“se non so chi sia qui né chi sia altrove,
ma mi sembrate forse diciassette.
Vi conto e vi riconto in senso inverso
e torna sempre un numero diverso.”
La nebbiolina sfoca i loro visi
ma il presidente elenca tutti quanti.
“Perché” dice “bisogna esser precisi
e snocciolarli tutti come santi,
anche quei sopraggiunti come Lisi
s’elencan nella Classica del Chianti,
e a quelli che s’infiltran tra i partenti
bisogna chieder nome e documenti.”
“Ecco due Borchi e un giovine occhialuto.”
Esclama dentro sé passando l’Orme
e poi riconta senza dar saluto.
Il gruppo intanto normalmente dorme
ed osservando il suo social tessuto
lo si nota policromo e difforme.
Li voleva vestiti di vintage
ma il decreto trovò veto ed ambage.
Li voleva all’antica Caparrini
perché antica è la Classica e accettata
fin dai tempi dell’avo Lambruschini.
Oggi rimane identica e immutata
con Nucci e con Chiarugi suoi delfini
e la Bertelli ancor unica fata.
Si aggregano sociali e eterodossi,
Trasacco, Marconcini, Scali e Rossi.
“Ma siamo diciannove oppur ventuno?”
Chiede il duca al ciclista che l’appaia,
quando schiocco già noto ed importuno
s’ode d’un tratto al dosso di Cerbaia.
“È Caparrini?” Dubita qualcuno.
“Allor la situazion tosto s’inguaia.”
Ma per fortuna la frazion d’un raggio
del giovin con gli occhiali fu appannaggio.
Chiarugi e il tiraraggi è scena nota,
ma il ciclista di poca fama e rango
a casa torna con l’incerta ruota
così aggiustata che ballava il tango,
e Caparrini che uno in meno annota
sostiene pur: “Mi dolgo ma non piango.
Soltanto sui miei raggi il lodo vige,
gli altri s’arrangino: noblesse oblige”
Lo show va avanti ma nebbie e salite
spezzano il gruppo senza parapiglia
in molto brevi e indipendenti vite.
Due Borchi van da sé come famiglia,
due Bagnoli svaniscon senza lite
e Maltinti con Lisi si consiglia:
tutti decidon per evitar noie
di rincasar per varie scorciatoie.
“Tu pure Tempestini non rimani?”
Caparrin l’ultima domanda pone
e d’ora in poi li conta con due mani.
“Muritan, Traversar, Scali e Carlone”
Del suo rosario schiccola altri grani.
“A Radda avrò ufficiale formazione
di quei che posso scriver nella lista
sotto la voce d’integral ciclista.”
“Ma siamo nove” opina “oppur siam otto?”
Caparrin sta con i ritardatari
ma dalle fughe nell’error è indotto.
“Davanti è Muritan con Traversari,
nessuno pare degno d’esser cotto.
Marconcin sta coi baldi trinitari
Chiarugi, Nucci e l’inclito Trasacco
che hanno sferrato un poderoso attacco.”
“Allora siamo in undici o siam dieci?”
Caparrini rettifica il conteggio.”
“Pallottolier ci vuole oppur i ceci.”
Su un ponte i primi intanto hanno parcheggio
e di bimbi molesti fan le veci.
Trasacco portavoce del dileggio
versa borracce come se pisciasse
sulle teste che passano giù basse.
Son le uniche emozioni oggi concesse,
e ormai più non s’aspettan dai pedali
ché le botte da tempo son represse.
Nemmen i nuovi o quelli occasionali,
come Rossi, mantengon le promesse
o come il mite e corpulento Scali
che in salita palesa d’esser lento
ma poi chilometri ne fa duecento.
L’Empolitour sbarcata a Castellina
la prova inenarrabil ora affronta
del pasto trangugiato con lattina.
E Caparrin i commensali conta.
“Va via Trasacco e resta la decina
che con le soste-Pagni non s’adonta.
E ricordiam che tradizione vuole
mangiar panini freschi come suole.”
“Siamo tutti?” Ed il conto adesso è esatto.
La discesa non è tanto frenetica
così che il gruppo cala giù compatto.
Il sole la Valdelsa ora solletica
e a Caparrini resta per contratto
un’ultima questione d’aritmetica.
“Dieci men due, perché a Certaldo vanno
via Marconcini e Rossi senza inganno”
Si tirano le somme finalmente,
anzi si tirano le sottrazioni
nella presidenzial estesa mente
che archivia nomi e classificazioni
per pubblicarne un sunto diligente
con poche e ragionevoli eccezioni,
come quella di Chiarugi a Castello
che saluta un
virtuoso Settebello.