Settantaseiesima puntata 27/09/2009
Dopo una lunga tregua Caparrini viola la pax meccanica. Con strazianti conseguenze.
Il primo autunno di sembianza estiva
nell’imminenza degli otto rintocchi
una puntata intensa presagiva.
Castelsangimignano coi Cornocchi
attrasse tanta e tale comitiva
che Caparrini si stropicciò gli occhi.
“I morbi son finiti ed i letarghi,”
disse “ed in gruppo non si sta più larghi.”
“Ma quanto siete belli e tutti uguali!”
Ridisse quando vide una ventina
di corridori splendidi e sociali,
vestiti senza piega e senza spina
sfilavan tra semafori e viali
col passo di chi a messa s’incammina.
Un fiume tanto lento ed uniforme
che Boldrini sbuffò: “Ma che si dorme?”
Caparrini era in testa a conversare
con Bagnol Elle prodigo figliolo
tornato dopo mesi al focolare,
e dietro a lui quel cilestrino stuolo
avanzava come in bonaccia il mare
aspettando, ma invano, qualche assolo.
Sembrava proprio la mattina adatta
per narrar di un’intensa calma piatta.
Ma il fato prevedeva un’altra trama
che non colpì gli usati personaggi
già ben onusti d’esplosiva fama.
Subiti di Boldrini i primi assaggi,
la botta che s’invoca e si declama
raggiunse Caparrin in mezzo ai raggi:
Caparrin che in discesa i freni inchioda
una ne udì a Nebbiano secca e soda.
“Chi ha sparato?” Gridò, ma già era chiara
l’origine del colpo senza inganni
dalla robusta ruota nuova e cara.
Esperto egli com’è d’intoppi e danni
tosto comprende che non si ripara
nemmen con gran perizia o con affanni.
“La sfiga” rifletté “non basta mai.
Già ruppi due pedali e due telai.”
Al capezzal si strinsero gli esperti.
“Il raggio è rotto ed è troppo moderno,
non gira più la ruota, siamo certi.”
Disse Rinaldi. “Ma se ben discerno
la ruota con i freni semiaperti
potrebbe basculare sul suo perno.”
Ma quella ruota bella e assai costosa
senza il suo raggio rimaneva in posa.
Caparrin impassibile sostiene:
“Non si cura, s’è visto, ormai la falla:
lasciatemi al destin delle mie pene.
Se la ruota non gira e nemmen balla
farmi venti chilometri conviene
a piedi con la bicicletta in spalla.
Ma uno strumento antico di Chiarugi
sembrò sanarla senza sotterfugi.
“Un tiraraggi!” Espose ai miscredenti.
“Di quelli usati per le antiche ruote:
convien che un raggio e un altro allor s’allenti,
ed adelante, ripartir si puote.
Con giudizio, va bene, stando attenti
perché la ruota ondeggia senza dote.”
Ma Cocchetti: “Se un altro raggio spezzi
poi dobbiamo chiamare il carro attrezzi.
Se il giro si prosegue assai si rischia.
Torniamo a casa e t’offro ruota sana.”
E il presidente tituba e cincischia,
mentre d’intorno nella fresca piana
s’era formata parlottante mischia.
“L’intrigo in altro modo si dipana.”
Dice Chiarugi ch’abita nei pressi.
“Io t’offro ruota e poi si va indefessi.”
E il presidente: “V’ordino ed impetro:
il Cornocchio d’un turno allora slitta
ma quelli in fuga sian chiamati indietro.”
È regola provata ma non scritta
che senza Caparrini col suo metro
l’Empolitour è fatalmente fritta,
tanto val che la succube caterva
lo segua nel suo giro di riserva.
La decision difficile comporta
una serie di voci e contrappelli
che rendon lunga pure una via corta.
Mentre poco convinta è la Bertelli,
il presidente con ruota di scorta
per quanto col telefon s’arrovelli
constata che Bagnol, ciclista antico,
non saprà mai che gli altri vanno a Vico.
“A Vico d’Elsa, breve ma pendente,
c’è salita per noi riparatrice.”
Sostiene Caparrin che in cuore sente
un pungolo sommesso che gli dice:
“Abbandonasti il vicepresidente,
per tutto il giorno non sarai felice.”
In salita, si sa, si resta soli,
ma lui pur con lo spettro di Bagnoli.
“Miserere di me!” Piange il meschino
mentre presiede il rito della sosta
nell’invernale bar di Barberino.
“Lo abbandonai ma non lo feci apposta,
non udì voce né telefonino
che in tasca pur io porto e tanto m’osta.
Chissà se ancor ci aspetta sul percorso.”
Pensava a Bagnol Elle con rimorso.
Così pensando non s’accorse pure
ch’eran rimasti quattro o cinque scarsi,
persi gli altri in equivoci e premure.
Al danno poi finì per affiancarsi,
dopo tante ferali congiunture,
la beffa dei chilometri scomparsi.
Chissà se alfin Bagnol riduzionista
ne fece più di chi perse di vista.