Settantacinquesima puntata 31/08/ - 06//09/2009
Pedali due e scrivi una. Per un decente ritorno ci vogliono due tappe e due squadre diverse.
Quest’anno allo scoccar di fine agosto
era puntuale nella social sede
a scrutare i ciclisti di nascosto,
sperando di veder gustose prede
da cuocer con parole al girarrosto,
perché sappiamo quanto infilza e lede
la musa che le rime incute e ispira
perseguendo i più deboli di mira.
Conosce Caparrini e in lui non spera
perché già sa che venti giorni d’ozio
non scalfiscon la sua temprata cera.
Spera in color che pria dell’equinozio
pur si rammentan della bici ch’era
chiusa per ferie come in un negozio.
Son rari ormai ma almen uno ne serve
per dar alla puntata un po’ di verve.
Al primo tentativo di puntata,
quella tradizional di Passignano
con la strada simbolica e sterrata,
ogni desio fu tristemente vano
nonostante la schiera inusitata
che prospettava interessante piano.
Ma rimasero in corsa solo in otto,
nessun disposto ad eseguire il botto.
Perché eran pochi sì, però convinti
e terminaron di fatica privi,
illesi senza vincitor né vinti.
C’era un novizio e vari redivivi,
uno coi baffi che parevan finti
a cui però non furono nocivi,
e coi nuovi e famelici compagni
mostrò destrezza nella sosta Pagni.
Boldrini non sfogò la sua nequizia,
senza Nucci convien che non si scaldi,
e Chiarugi da sol non fa notizia,
come il vigil Barbieri con Rinaldi
e Bagnol Effe che senza malizia
stanno nel mezzo tra gli inani e i baldi.
E ritornò Salani ancora forte
dopo una dura prova della sorte.
Da tarallucci e vin pareva il clima,
così la musa ch’è esigente e strana
a metà strada emise tale rima:
“Fatti non foste voi come l’Astana,
ma scarsi e numerosi come prima
vi voglio ancora tra una settimana.”
E Caparrin che il suo voler dispone
cambiò completamente formazione.
Escono Tempestin, Salan, Barbieri,
quello coi baffi, Lisi ed un Bagnoli
ed entran nuovi indomiti guerrieri.
Esce Boldrin deluso dagli assoli,
e il poco gruppo senza capi interi
convien che con le code si consoli:
Giunti, Maltinti, Muritan, Mirmina,
Traversari, A Bagnol, sporca sestina.
A scanso di premessa assai illusoria,
poiché la delusion talora scotta,
è giusto dir che intensa fu la storia
ma nessun di costor fece la botta,
non finì nessun salmo in alta gloria
anche se fra le ruote ci fu lotta.
Bisogna almen lottare a stretti denti
affinché nostra musa s’accontenti.
Inedito spettacol ci fu in testa
e non coi soliti protagonisti
di cui si narran già parecchie gesta.
Mirmina, Muritan, Giunti mai visti,
ora battaglian con le gambe in festa,
con la possanza dei veri ciclisti.
È risaputo, se mancan i gatti,
i topi ballan molto soddisfatti.
A Tonda, San Vivaldo e Villamagna
l’aurea mediocrità prende il potere
e i mediani si godon la cuccagna.
Mirmina svetta come corazziere,
Giunti con noncuranza l’accompagna
e rugge Muritan come le fiere.
Per loro finalmente c’è la fama
e i versi godon di diversa trama.
Con rispetto guardingo ma profondo
Chiarugi ai nuovi capi fa la scorta
sull’erta facile di Boscotondo,
e c’è un momento in cui con aria assorta
s’accoda Caparrin lesto e giocondo.
E sarebbe da festeggiar con torta
se il presidente un dì della sua vita
andasse a primeggiar su una salita.
Ma Caparrin, che pure un po’ ci tenta,
al fin di tal lusinga più non osa
e dopo sei chilometri rallenta.
Era occasione troppo vantaggiosa
e chissà quando mai si ripresenta
per cantarla a gran voce in rima o in prosa.
“Il presidente stacca tutti in vetta”
era titolo degno di Gazzetta.
E invece l’ambizione non lo scuote
come Mirmina, Muritan e Giunti
che per un giorno lustrano le ruote,
e poi quando sul valico son giunti,
sì come i capitani d’aurea dote
aspettano color che son compunti,
anche se alfin non s’odon botti e spari
di Maltinti, Bagnoli e Traversari.
Così con due puntate al prezzo d’una
la musa ben o mal si barcamena
pur senza qualchedun che s’infortuna.
Però prima che secca sia la vena
bisognerà invocar la nuova luna
che nuovo eroe ci porti e nuova pena.
D’ora in poi per la fama nessun dorma,
nemmen quelli malati o fuori forma.