Sessantottesima puntata 11/01/2009
Dove si potrebbe dedurre che l'Empolitour è più forte della CSC.
“Dall’uscio del garage ora m’affaccio,”
proclama Caparrin con aria certa
mentre l’alba già penetra Via Baccio
“ma son sicuro che sarà deserta,
perché i ciclisti spesso al gelo e al ghiaccio
preferiscono talamo e coperta.
Nell’anno nuovo pien di brina infatti
ho visto solo quattro arditi gatti.
E chi spera nel nuovo porga orecchio,
perché il computerino inver s’azzera
ma il ciclismo nostrano resta vecchio.
E chi negli augurali botti spera,
di tal speranza farà vuoto il secchio
perché ho timor che la puntata intera
verterà su argomenti di gran tedio
cui la musa nemmen porrà rimedio.”
“Ci vorrebbe di genio un colpo d’ala.”
Mormora Caparrin dallo spiraglio
dell’uscio, mentre l’aria fresca inala.
Intanto il sole tepe senza abbaglio
e la via che sembrava vuota sala
in un minuto s’empie con incaglio.
“Son ritornati tutti,” grida “evviva!”
Caparrin mentre enumera chi arriva.
“Chiarugi, Nucci, Zio, Boldrin, Cocchetti,
Mirmina, Giunti: ci son quelli forti.
Lisi, Maltinti: e pure gli imperfetti.
E due Bagnoli per percorsi corti.
Ah quanti pur discesero dai letti
per risanar le letterarie sorti!
Ecco Martin, due Borchi e una Bertelli:
il giro inizi, orsù, senz’altri appelli.”
(Per inciso c’è pure Muritano
che dopo tre chilometri s’arrende
ai nocumenti d’un ginocchio insano).
E l’alma invitta del ploton s’accende
già pria parecchio di San Gimignano
quando Boldrini la parola prende.
“O neghittosi,” dice “nessun dorma,
ché son parecchio, ma parecchio in forma.
Non voglio spaventarvi ma sappiate
che le mie cosce toniche e rubeste
quest’oggi sono bene ben temprate.
Le ho temprate ben bene per le feste
e non dico per dir rodomontate,
perché le prove del mio dir son queste:
sette ciclisti della Ciessecì
ho staccato sul Serra venerdì.”
Con questa convinzion Boldrin capeggia,
con chiorba china e casco nero e giallo
al varco d’Ulignan l’armata greggia.
Il Borchi senior prova a fare il gallo
col suo famoso colpo della scheggia
ma Boldrini non vuol cogliersi in fallo
e con piglio serioso e intransigente
nessun accenno d’evasion consente.
Qualche ciclista alla sua ruota freme
ma lui che ha già staccato sette atleti
pedala a chiorba china e nessun teme.
Non sembran nel codazzo molti inquieti
e, a parte Borchi che in silenzio geme,
anzi hanno facce da ciclisti lieti.
Boldrin che queste facce inver non nota
pensa: “Li tolgo subito di ruota.”
Prima però vuol cuocer le sue prede
e al centro della strada un po’ si sposta
come colui che in testa i cambi chiede.
Poi, siccome da lor non ha risposta,
con la sua chiorba china sbuffa e incede
laddove la salita si fa tosta.
Qui Chiarugi con aria assente e fiacca
il cambio sì gli dà, ma poi lo stacca.
E prima che Boldrin dica “Non vale!”
Zio lo sorpassa con la stessa flemma,
e lui non è che ci rimanga male.
Qualcosa ha da ridir sulla Maremma,
e l’orgoglio di coscia e di pedale
si comincia a scalfir come salgemma..
E quando pure lo sorpassa Nucci
balenan sulle cosce i primi crucci.
“Sulla rampa al quattordici percento
or li lascio sfogar” Boldrini pensa
“e poscia su quei tre vili m’avvento.”
Quella separazion talora immensa
di cui Boldrin fa tosto esperimento
è fra res cogitans e res extensa,
e i principi essenziali son desunti
quando financo lo sorpassa Giunti.
“Ora basta! Son io” Boldrin esclama
“che Sastre e Schleck staccò sul monte Serra.
Non voglio sottostare a vostra trama.”
Due bei colpi di coscia allora sferra
ma la catena gira lenta e grama,
e s’apre sotto a lui la dura terra
mentre grida: “Me misero tra i lassi,
or tu quoque Mirmina mi sorpassi?”
Mirmina preferì non infierire
e lo scortò alla porta senza onori
sorbendosi di lui proteste ed ire.
“Chi vi credete d’esser, traditori?”
Verbigerava. “Mie son altre mire:
ho staccato dei veri corridori,
mentre voi mi pigliate sempre in giro
perché son quel che sempre in testa tiro.
E tu Chiarugi non fare lo gnorri.
Tutte le volte di voi parassiti
convien che la mia groppa si zavorri.”
Con questi ed altri ammonimenti miti
Boldrin solingo abbandonò le torri
alla maniera dei suoi antichi riti.
Come puledro ormai lanciato all’ambio
non si voltò per chieder alcun cambio.