Sessantesima puntata 10/02/2008
Pensando e ponzando in tranquillo mattino di San Gimignano.
“Respirate, compagni, l’aria tersa,
e quest’algido vento che vi sferza
non sembrerà nemmeno cosa avversa.
Godete l’oggi che doman si sterza
per una vita ripida e diversa.
Quest’è l’ultimo giorno in cui si scherza,
l’ultimo giro dal profilo umano
nella turistica San Gimignano.”
Col tenor che si deve a un presidente
Caparrini con enfasi introduce
l’ameno giro al pubblico partente,
e questo tono minaccioso e truce
dovrebbe nella sua virtuosa mente
funger da monito per chi riduce,
per scoraggiar col tono del discorso
chi vuol scorciar l’agevole percorso.
“Tutto il percorso è ben che ognuno onori”
prosegue e guarda attento Bagnol Elle
“se vuol esser citato dai cantori.”
Elle Bagnol che stabilmente eccelle
nella classifica dei riduttori,
scorcia pure i percorsi senza stelle
e ogni volta proseliti raccoglie
pronti a corroborare le sue voglie.
L’altro Bagnoli che sembrò redento
e Traversari che stanchezza accusa,
lo seguon nella via del tagliamento.
E con molto rammarico la musa
annota, rinnovando lo sgomento,
che la botta pur oggi par preclusa,
anche se un po’ di speme non è tolta
sopra Maltinti con la barba incolta.
Egli con aria supplice s’aggira
nero fra gli altri biancazzurri e belli.
Guarda la strada facile e respira.
Lo attendono percorsi arditi e felli
ma intanto sta nel gruppo che si stira
lungo l’acclività del blando Gelli
e s’augura che su cotanta rotta
anche stavolta eviterà la botta.
Il gruppo che si muove sonnacchioso
ringrazia il sole e il vento sulla schiena
e Boldrini che predica riposo.
Oggi il transgenico non pare in vena
e limita il vigore portentoso
a qualche inane scatto da far pena,
tanto che un plotoncin senza pretesa
lo prova ad attaccar nella discesa.
Chiarugi, Nucci, Zio, pure Mirmina
non osan fare quel ch’è sempre ambito,
ossia staccar Boldrini su ogni china.
Perché costui quand’anche par sopito,
con due colpi di cosca li tampina
e poi dà loro il giusto benservito.
Pertanto, come vile compromesso,
restare a ruota sua va ben lo stesso.
Intanto la Valdelsa aprica e piana
li accoglie tutti assorti nei pensieri
e il buon Maltinti in gruppo si rintana.
Che la speranza d’esplosion s’avveri,
è reputata cosa molto vana
anche se sopra a lui volano neri
grossi uccellacci minacciosi e torvi
come avvoltoi presaghi oppure corvi.
“Son aquile” dentro di sé ripete
“o falchi pellegrini.” Guarda e pensa.
“O demoni malvagi, non mi avrete!
O musa, al sacrificio mio propensa,
non aver del mio sangue ancora sete
e dalla botta dammi la dispensa.”
Tali pensieri docili ed intonsi
lo accompagnaron fino a Poggibonsi.
C’è Tempestini che si mette in testa
e tira il gruppo sotto la salita
con la velocità del dì di festa.
Di lì si vede la città turrita
che ai galli fa risollevar la cresta,
e la pace dei sensi è già finita.
Qualcuno grida: “Giunti dove corri?
Troppo lontane ancora son le torri.”
Lo scatto è perentorio e lapidario,
e gli altri sembran flaccidi ed emunti,
di colmar incapaci quel divario.
Gli inseguitori sembrano compunti,
e Boldrin urla al rivoluzionario:
“Dagli al fuggiasco, dagli, dagli a Giunti!”
E lui in risposta ad un cotal subbuglio
si ferma ad orinar dietro un cespuglio.
Di tale burla lo spavento cessa
ma lascia accesi gli animi e la miccia
che fa scoppiare la salita stessa.
Con pedalata tonica e massiccia
Boldrin al predominio ormai s’appressa.
gira però la chiorba e il naso arriccia
quando vede incollati alle sue ruote
Chiarugi e Zio che gonfiano le gote.
Allora pure lui sbuffa e s’affanna
ma per quanto percuota i suoi pedali
non smuove i due sodali d’una spanna.
E vedendo d’aver tarpate l’ali,
pria di subir ciclistica condanna
si mostra cavalier con i rivali
e li invita al sorpasso diplomatico
mentre ancor sta ponzando come asmatico.
Maltinti invece sta con poche ciance
in mezzo a Caparrini, Giunti e Lisi,
molto insufflando le lanose guance.
Evita, è vero, la temuta crisi
ma al prezzo d’un arrivo in piena trance,
d’ossigeno voglioso e fleboclisi.
S’accasciò sulla Piazza di Cisterna
e finalmente udì la pace eterna.