Sesta puntata 28/03/2004
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il ciclismo ma stranamente si parla di presciutto, vino e marmellata.
Però che come sulla cerchia tonda
Monteriggion di torri si corona,
così fra i vasi di perduta fronda
del bar La Cerchia, come il verso sona,
torreggiavan ciclisti sponda a sponda,
dagli atti fieri e di viril persona.
Coglievan di fatica il giusto frutto
sbranando pani pieni di presciutto.
Il sole che ignudava Caparrini
tepeva lieve sulle esposte pance
rilucendo nei calici dei vini,
rossi brillanti come quelle guance
dei cavalier oziosi ai tavolini,
incuranti di lonze e di bilance.
Questa di tanta lena è la sentenza:
tra Pagni e gli altri non v’è differenza;
tutti a domare quelle onuste fette
che non entravano nemmen in bocca
tanto tagliate parver colle accette.
Guardate a cosa assistere ci tocca
invece che cantar le biciclette
venute a conquistar l’ardita rocca!
Pur la Bertel, che di sospiri campa,
su una pagnotta trenta denti stampa.
Anzi, costei non paga di sue pecche
volle traviar colui ch’è ancor asceta,
col pan ripieno di cotai bistecche.
“Chiarugi,” disse “cessa di far dieta
ed offri tosto alle tue membra secche
questo presciutto che dimolto asseta.
Nol vuoi? Lo cedi a Giunti? Non m’adonto,
però come mangiante paghi il conto.”
Il pio Chiarugi, in tentazion indotto,
guatava fra il rumor delle mascelle
quei sette in viso senza fare motto.
Sentiva che il suo stomaco ribelle
non avrebbe giammai il digiuno rotto,
figuriamoci poi proprio con quelle
fette suine che non fian digeste
pria delle prossime pasquali feste.
Però per una volta disse: “O membra
secche temprate da un’antica inopia,
oggi per volontà suprema sembra
che si debba di Pagni essere copia.
Pure se fame ancor non si rimembra
cediamo ai frutti d’esta cornucopia:
orsù compagni, sì, pur io m’ingozzo,
di pane datemi impudico tozzo.”
Allor Boldrin, transgenico ragazzo,
pietoso si mostrò verso quell’alma.
Di tasca estrasse un assai strano razzo,
sul pan puntò l’ogiva e disse: “Spalma!
Di mora è questo un delizioso guazzo,
così tu mangi e la Bertel si calma.”
Quel che si vide poi fu proprio un morso
dopo un lustro d’ascesi ormai trascorso.
Chissà se fu di più la meraviglia
o quel gotto di vin che a Giunti diede
la punta del nason calda e vermiglia.
Pur Caparrini, quando n’ebbe fede,
i peli raddrizzò e le sopracciglia,
come colui che gran prodigio vede,
o forse furono reazioni crude
al fresco ombroso di sue membra ignude.
Fu meraviglia o vin che diede sangue
a Nucci che giaceva un poco mesto
al sol silente come l’uom che langue?
In Ziodipucci florido e rubesto
specchiava il suo visin egro ed esangue
desideroso di tornar in sesto,
mentre Zio, dopo pan, presciutto e chianti,
mordeva cioccolata in man coi guanti.
A questo punto ci si chieda pure
se d’esto giro di Monteriggioni
son tutte mangerecce l’avventure.
Sì. Ci son tante e valide ragioni
per tacere dell’esperienze dure
vissute in bici fuori dai torrioni:
la mediofondo stia dentro il nartece
e il resto in bici merita una prece.
Emblema sia dell’onta e dello smacco,
del pingue Elle Bagnol la lunga fuga
sospesa a Castellina per distacco.
Staccati Achilli dalla tartaruga:
questo di cronaca riman nel sacco
e pezzola non val che il pianto asciuga.
D’altri commenti non si trova il fiato,
pianger non vale sul Bagnol fugato.
Tacciamo pure del ritorno a casa.
Di colli e dossi ch’erano in programma
s’e fatta per pietà tabula rasa.
Ma non bisogna affatto farne un dramma,
la mediofondo in fondo è stata evasa
con un sollecito ritorno a fiamma.
Duro e selvatico più delle rape,
Boldrin alfin fuggito è dietro un’Ape.
Onore in fondo a questa mediofondo
portata in fondo da tanti di voi
che alle riserve avete dato fondo,
raschiando il fondo ben dei serbatoi,
senza lasciar nei vetri di vin fondo,
pasciuti e lesti come in fondo buoi.
Mediofondo è parol composta e varia,
a fondo è andata sol la media oraria.