Cinquantottesima puntata 26/12/2007

Due squadre e due condottieri alla ricerca del cotto d’Impruneta.

 

Chi spera nella strenna natalizia

cambi lettura, perché qui siam certi

che nessun canto angelico s’inizia.

Son ciclisti pragmatici ed esperti

che sfidano il pandoro e la pigrizia

senza risvegli abulici e sofferti,

ma ormai per esperienza siam sicuri

che non si scambieranno troppi auguri.

 

Qualche pacca, va bene, sulla schiena,

qualche ossequio stentato alla Bertelli,

ma poi l’attesa sta cangiando in pena

e il presidente freme negli appelli

guardando l’ora mentre si dimena,

e quindi senza fronzoli ed orpelli

del critico ritardo mostra i segni.

“Chi c’è, c’è” dice “e chi non c’è s’ingegni.”

 

Or ve ne sono tanti e d’ogni razza,

come ploton che sulla strada sverna

ignorando quell’auto che strombazza.

Dieci ciclisti Caparrin squaderna

ed i molti mancanti li rimpiazza

l’Integrateam con fervida quaterna:

l’autorevol Borgioli la presiede

con Martini, con Giani e con l’erede.

 

Un esercito sol con due reggenti

a dieci all’ora va sul Villanova

e tutti sembran lì a patir di stenti.

D’equilibrismo forse fan la prova

e nemmen curan gli invernali venti;

da lontan pare che nessun si muova,

per poi scoprir che di sì lento avvio

la colpa è del ritardatario Zio.

 

La formazion può dirsi allor completa

ma la la velocità per lunghi tratti

è quella ancor dei magi alla cometa.

Nessun ardisce con allunghi e scatti

a diventare il cotto d’Impruneta

e tutti stanno in gruppo quatti quatti,

soprattutto color come Maltinti

che allenamenti mostrano succinti.

 

La botta che dà gloria imperitura,

chissà perché nessuno più l’accetta.

Eppur non manca la salita dura,

breve di costruzione però schietta

che per la sua ingannevole natura

potrebbe castigare chi s’affretta.

Per tradizione che non s’indovina

gli antichi la nomaron Palazzina,

 

ma la toponomastica locale

mostra soltanto San Michele a Torri

che di nessun palazzo ognor s’avvale.

Lì ci son solo campi, boschi e borri

e ciclisti che ondeggian sul pedale.

Ma la musa stavolta fa lo gnorri

e ci riserva sudaticci visi

senza nessun esempio d’alta crisi.

 

Nell’Impruneta ancor c’è da sperare

e Maltinti vestito in tinta nera

della botta può far il titolare.

Chiarugi è lì che biecamente spera

mentre negli occhi di Maltinti appare

lo spettro della crisi giustiziera.

Pur Nucci non par sordo a quel richiamo

e fa la scorta come menagramo.

 

Ma la Bertel s’accosta al derelitto

gridando: “Guai a voi anime prave!

Non isperate di vederlo afflitto.”

E il grido fu così molesto e grave

che i due gufi filaron a diritto

asciugando per forza le lor bave.

E la ciclista dalla lunga chioma

di Maltinti restò l’ingrata soma.

 

Maltinti e la Bertelli alle calcagna

proseguiron solinghi il lor viatico

col passo di chi va a cercar castagna.

Caparrin ch’è ciclista diplomatico

lasciò Maltiniti alla sua degna lagna

quando vide il cartel di Pozzolatico

e per un po’ cercò d’esser presente

alla tenzon con l’altro presidente.

 

Sì, perché ci sarà pur gemellaggio,

le due squadre saranno pur affini,

ma in salita si danno al duro ingaggio.

D’Integrateam i tre miti pulcini

diventan forti galli all’arrembaggio

contro Zio, Nucci, Giunti e Tempestini.

Impruneta per loro è boccon ghiotto

e per Maltinti la città del cotto.

 

Arriva in cima cotto per le feste

e Caparrin munifico lo attende

mentre da tempo giunte son le teste

a solatio nel gran piazzal che pende.

Lì dedica per la depulsa peste

Maltinti legge ed il vigor riprende,

fiero di sé per la botta scampata

pur con l’ausilio d’una soma ingrata.

 

Intanto i capi delle due milizie

si scontran nell’arengo della sosta:

Caparrin porta i suoi nelle delizie

fra dolci ridondanti a bella posta,

mentre Borgiol non predica mollizie

ed ai militi suoi nutrizion osta.

Acqua della borraccia a tutti e tre,

ed al figliol nemmeno un vil caffè.

 

Soddisfatti sembravan al ritorno

di questa blanda e natalizia gita

vissuta senza scatti e senza scorno,

con una media oraria poco ardita,

con un ordito molto disadorno,

con una botta subito inibita:

una dolce puntata in palcoscenico

senza mai nominar un tal transgenico.