Cinquantaquattresima puntata 20/05/2007

C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: la botta.

 

“O voi che tardi e lenti pedalate,”

cominciò Caparrin fiero e solenne.

“qui si parrà vostra nobilitate.

Chi di voi sul Fossato non pervenne,

chi scansò tutte le dure puntate

oggi si copra di virtuose penne,

giacché trascriverò con mente e biro

chi sarà degno di venir al Giro.

 

Insieme a quelli iscritti di diritto

oggi conferirò gli ultimi inviti

sul bus che di ciclisti è già ben fitto.

Oggi si compie l’ultimo dei riti

che può esaltare o render molto afflitto

pria d’immolarci sui prescritti miti,

pria di subire l’esaltante ordalia

sulle Tre Cime del Giro d’Italia.

 

Venite meco a ripassar la trama

su una salita che non è suprema

perché non gode della giusta fama.

Chi l’ha scalata già al pensier ne trema

e pochi di scalarla ne hanno brama,

e se qualcuno c’è che non la tema

è perché come quasi tutti è ignaro

di cosa sia l’orribile Callaro.”

 

La timida platea non si scompose

udendo quelle orribili favelle.

Sapevan già di non trovar le rose

i pochi che rischiarono la pelle

e montaron com’armi giudiziose

rocchetti che sembravano padelle,

perché il ciclista men ha gambe forti

e men con la catena fa i rapporti.

 

All’inizio guardando i personaggi

la Musa non sembrò molto contenta.

“Questi son tutti” disse “forti e saggi.”

Di Nucci e di Boldrini si rammenta

trista tenzone fin dai primi raggi,

che per l’intero gruppo è una tormenta,

e non si vuol cantar della lor lotta

ma di chi sul Callaro fa la botta.

 

Non isperate genti in Muritano

che non esplode più da almen un anno,

o in Zio con l’osso ritornato sano.

Traversari sarà certo in affanno

ma non scoppia, e ci sembra molto vano

che Tempestin subisca qualche danno

o che sian nella botta laureandi

Borchi, Chiarugi oppur Bitossi e Landi.

 

Di caldo già incombeva nuvolaglia

quando comparve un elegante atleta

con giubbotto invernale e calzamaglia.

Il presidente, che non fa segreta

l’arsura che al suo cor sempre s’attaglia,

quando lo vede s’agita e s’inquieta:

egli sudato già come una carpa,

e quello lì con guanti e copriscarpa.

 

“O frate,” allor gli chiese “ togli il saio,

dimmi chi sei che il gran Callaro sfidi

vestito come il primo di gennaio!”

Ed elli a lui: “Perché di me tu ridi?

Io di te fui compagno antico ed aio.

Con l’avita Fanini già ti vidi.

Voi cittadini mi chiamaste Lelli

ed or pedalo con gli scarponcelli.”

 

Ma l’abito si sa non fa il ciclista,

e pure se le maniche son corte

la fama e la fortezza non s’acquista.

Ecco il Callaro, aspra salita e forte,

ecco le rampe che sol alla vista

le gambe fan venir tremule e corte!

E Caparrini che al timor non bada

intanto al gruppo fa sbagliare strada.

 

Ma il Callaro è lassù che ancor aspetta

di Nucci e di Boldrini la tenzone,

con Zio che un’altra strada sbaglia in fretta,

con Caparrin che limita il fiatone

a un rantolo che s’ode sulla vetta,

con Landi che s’inarca sull’arcione

mentre il rinato Zio stringendo i denti

moccoli arditi emette e sacramenti.

 

“Bang! Barabang!” La botta a quanto pare.

Ma poi si scopre con delusa scena

che a Nucci è esploso solo il tubolare.

E si tralascerà con quanta pena

Nucci si fermi inane a permutare

e c’è chi teme di tornar per cena.

“Bang! Barabang!” Un’altra ruota esplode?

No, questa è botta vera senza frode:

 

Lelli, che pur s’era sfilato a stento

un po’ dell’armatura sua di guerra,

dopo un quindici e un sedici percento

sente la crudeltà che il cor gli serra

e con atto di nobil portamento

sgancia il pedale e mette il piede a terra,

e Caparrin come persona cruda

non ragiona di lui ma guarda e suda.

 

Nucci ripara e Lelli poi rimonta,

e di Boldrini che si bea sinistro

il solito primato ancor si sconta.

Caparrini depenna dal registro

Lelli dal Giro e poi la sosta affronta

col piglio autoritario del ministro

e di Lelli non valgon proprio niente

i cinquant’euri offerti per tangente.

 

Incorruttibil Caparrin sancisce

che il Giro è fatto ed i girini pure,

e con sermon severo ci ammonisce.

S’eleveranno tante bici pure

ove la terra con il ciel s’unisce

su per algide vie rupestri e dure.

Chi su tal vette prenderà lo scettro

forse altri canterà con miglior plettro.