Quarantanovesima puntata 14/01/2007

Serial killer. Il vendicatore Boldrini ne fa fuori uno alla volta.

 

Almen l’inizio prometteva bene,

anzi sembrava promettesse meglio

su strade fresche di ciclisti piene.

Quattro d’Integrateam più Borchi il veglio

assiston subito ad amene scene

della Bertel che anticipa il risveglio,

ma poi per non sciupar l’inedia oraria

rompe gonfiando la camera d’aria.

 

Caparrin compiaciuto prende appunti:

“Elle con Effe ed A, fan tre Bagnoli,

ed ecco pure il redivivo Giunti,

Muritan, Traversari e i due figlioli

Nucci e Chiarugi, di vigor compunti.

Ecco gli Integrateam con il Borgioli,

Landi, Martin e incognito virgulto

venuti ad immolarsi al nostro culto.”

 

Così premessa pare una puntata

già ben tediosa prima ch’essa inizi:

a Montefoscoli una scampagnata

a pacche sulle spalle e sodalizi.

Ma c’è Boldrin con aria invendicata

memore ancora dei passati esizi,

quando tre volte vide il suo destino

immortalato a quel di Calandrino.

 

“Inulto non morrò!” Pensa raccolto.

“(Anche se inulto non so che vuol dire,

però lo dico per sembrar più colto).”

Già prima ancora di pigliar l’aire

pensa, per quell’onor che gli fu tolto,

alla pena ch’ognun dovrà subire.

In quest’inverno che ci sembra autunno

Boldrin più danni vuole far di un unno.

 

E non deve sprecar troppa inventiva,

e nemmen coglier l’attimo opportuno:

china la chiorba e fa locomotiva

senza guardar in faccia più nessuno,

voltandosi a contar chi sopravviva

dopo averli annientati ad uno ad uno.

Ed incomincia ad applicar tal regola

nella brughiera di Molino d’Egola.

 

Qui Borgioli s’apparta lesto e zitto

per la sosta che chiaman di Vinicio

che fu ciclista dal frequente mitto.

Così facendo firma il suo supplicio,

ché Boldrin se ne accorge, fila dritto

e innesca in gruppo fuochi d’artificio,

sì che Borgiol parecchio s’affatica

per colmar il distacco di vescica.

 

“Uno di men.” Boldrin commenta e ride,

mentre sull’erta ripida di Tonda

a chiorba bassa impera e poi divide.

Lo strenuo Borchi e Nucci mira e affonda,

Chiarugi gli resiste ma s’elide

e non è quel che di sudor più gronda,

mentre Bagnol A, Giunti e Bagnol Elle

fuggono in tempo per salvar la pelle.

 

“Quattro di men.” Boldrin ride e commenta,

e Nucci indomo, per salvar la faccia,

d’attaccarlo in discesa almeno tenta

e il traino di Martini si procaccia.

Di preceder al desco s’accontenta

Boldrini che nemmen gli dà la caccia.

Martini e i tiratori suoi compagni

però s’immolan per la sosta Pagni.

 

“Sette di men.” Boldrin commenta e gracchia,

mentre nel bar chi non è contumace

si gode i frutti d’apparente pacchia.

Perché Boldrin, ultore pertinace,

come noci sull’albero li bacchia,

loro che imploran vanamente pace.

Da Chiecinella in pian fino alla Serra

un bel po’ di cadaveri sotterra.

 

Sospiri e pianti dietro a lui che tira

non muovon d’un millimetro la chiorba

che nel silenzio dei dolor s’ammira.

Con quel passo gentile come sorba

per miracol nessuno si ritira,

ognun però di stenti ormai s’ammorba,

giungendo al bivio dove volle il fato

distinguer Calenzano e San Miniato.

 

San Miniato è salita, e non si nega,

ma Calenzan è un’erta breve e forte

dove un po’ si pedala e un po’ si prega.

Boldrin, che in pugno ha di ciascun la sorte,

le cosce verso Calenzan dispiega

come sentenza di sicura morte,

ma Caparrin paterno e risoluto

per viltà fa l’atteso gran rifiuto.

 

“Venite meco,” dice “cari figli!

Fatti non foste per scalar quell’erta.

Vadan Nucci e Chiarugi ai gran perigli.

Che Boldrini con loro si diverta,

ma voi seguite i dolci miei consigli.”

La risposta fu tacita ma certa:

Bagnolin, Traversar, Bertelli e Landi

si sommetton con gioia ai suoi comandi.

 

“Tredici in men.” Boldrin sogghigna e gode.

“Dodici, prego.” Tosto puntualizza

Muritano ch’è diventato prode

e giammai si ritira dalla lizza,

almeno fin a quando non esplode.

Con sprezzo del dolor si martirizza

e quando l’erta va al venti percento

mostra alle genti di scoppiar contento.

 

“Or meno tredici.” Boldrin sogghigna.

E il conto arriva a quindici ben presto

quando sull’acme della rampa arcigna

gli ultimi due completano il dissesto.

Chiarugi frana e Nucci quasi frigna,

mentre Boldrin transgenico e rubesto

eleva al ciel gaudioso ragli ed urla

per la vendetta dell’antica burla.

 

Era d’uopo che questo raccontassi,

pur se Boldrini c’era prediletto

quando finiva a bubbolar sui sassi.

Su di lui, da Natura assai negletto,

un epinicio qualche volta passi,

però sia chiaro a tutti un sol concetto:

che se cotal supremazia conferma

a cinquanta puntate ci si ferma.