Quarantatreesima puntata 10/09/2006

Quando la botta sembrava ormai una tramontata emozione, Boldrini ce ne regala una letterale.

 

Le comiche c’insegnan da tant’anni

a rider quando un uomo a terra cade

senza mostrar né sangue né malanni,

altrimenti se il dubbio ci pervade

su fisico dolor o gravi danni

il senso del ridicolo decade.

Ma in general, culate ed occhi pesti

son d’umorismo validi pretesti.

 

Seppur non fu Charlot né Ridolini,

ora che torna in bici salvo e sano,

lieti può farci pure Tempestini

che sulla tempia un ricucito sbrano

ostenta con l’orgoglio dei bambini.

Esperto a pedalare contromano,

egli, quel dì che la sua destra tenne,

il contrappasso d’un motore ottenne.

 

Lo festeggian in tredici, pensate,

vestiti di social senz’eccezioni,

pur A. Bagnol che d’eccezion è il vate.

Caparrin indica i commilitoni:

con Giunti e Bagnol Elle ormai l’estate

gli ha reso pure l’ultime inazioni;

e perché sia completo lo schedario

arriva la Bertelli fuori orario.

 

L’Empolitour or sembra vera squadra;

le pedalate son invero mosce,

ma c’è qualcosa ancora che non quadra.

C’è un’eccezione che si riconosce

quando Boldrini da vicin s’inquadra:

oltre ai calzon ravvolti sulle cosce

(che rassomiglian com’è noto a taniche)

estirpato egli ha pur le corte maniche.

 

E così basta una fugace vista

al pubblico lettor per intuire

chi di nuovo sarà il protagonista.

Se l’abito talora può mentire,

il tono della voce non depista

e fa temer ancor attacchi ed ire.

E quando son ciclisti eterodossi

ad udirlo, lo fuggon molto scossi.

 

Il crudele destin stavolta volle

che sulla nostra stabilita strada

d’eterodossi ce ne fosser folle.

Il biancazzurro allora si dirada

in un misto gruppone che ribolle

come fiume d’ardor che non si guada:

scorre, ristagna, vira, ingloba, intorba

pure Boldrini serio a bassa chiorba.

 

Con Nucci, Zio e Chiarugi è una quaterna

di rari Empolitour nel gorgo vasto,

gli altri s’adeguan alla pace eterna.

Le quattro spie s’infiltran senza fasto

mentre la gran fiumana si squaderna

mostrando in seno trappole e contrasto.

Boldrin che in coda stava buono e zitto,

tosto di capeggiar chiede diritto,

 

prende l’aire, pencola e sorpassa,

non ragiona di lor ma li balestra

e li trafigge, sempre a chiorba bassa.

Sol uno non vuol stare alla finestra

e tal diritto all’offensor non lassa

ma con manovra improvvida e maldestra

frena e la marcia bruscamente inverte,

e Boldrin dietro a lui non si diverte.

 

Bici con bici, corpo a corpo piomba

su quel malcapitato guidatore

e cade come in terra cade bomba,

esplodendo in transgenico furore

che tanto infiamma e tanto in cielo romba

da sparpagliar il gruppo nel terrore.

Il prete d’Alberi a quel botto immane

sgombrò la chiesa e suonò le campane.

 

Il reo ciclista sbigottito resta

e inane si trattiene al capezzale

con l’abito di chi soccorso presta.

“Non ti sei fatto” dice “mica male?”

E per tutta risposta una tempesta

di censurati moccoli l’assale.

Vorrebbe egli nascondersi in un saio

mentre Boldrin armeggia sul telaio.

 

Emette incomprensibili singulti

carezzando la Wilier come mamma

che consola il bambino dagli insulti.

E intanto tutti intorno al cupo dramma,

insieme al reo che cerca vani indulti,

arrivan gli altri a spegnere la fiamma,

ma Boldrin che mugugna e non favella

sta a raddrizzar con brugola la sella.

 

“Placa Boldrin quest’orrida tormenta!

Hai carni toste e duro assai l’ossame.”

(È Tempestin che d’ammansirlo tenta)

“Tua regal bici di carbon e rame

esser può del sinistro ben contenta.

Pensa a Colnago mia ch’ora è rottame,

e mia virtù vedi or che non è doma

a sol due settiman di quasi coma.”

 

“Non ti crucciare, placa l’amarezza”

gli dice Caparrin “ché a quanto veggio

l’urto mi pare d’infima gravezza,

e te lo dice, a scanso di motteggio,

un che un telaio per stagione spezza.

Anzi, ti posso dir che c’è di peggio:

pensa a due cose in bici più nefaste

come un bar chiuso oppure senza paste.”

 

Quest’argomento assai consolatorio

fece Boldrin dissuaso dal disegno

di fuggire da lì senza uditorio.

A Villamagna vien con quell’impegno

e quell’umor che s’usa in obitorio

o in luoghi adatti a similar contegno.

Ma c’è chi spera che la sosta al barre

lo possa dal rancor un po’ distrarre.

 

Chi nascose a Boldrin qualche risata

fu però colto in punizion, udite,

con comica finale già annunciata:

le paste al bar davvero eran finite.

Nessun’altra pietanza a lor fu grata,

sol tramezzin da spasmo o da colite,

e Boldrini restò d’umore tetro

come il caffè che sorseggiò nel vetro.