Quarantaduesima puntata 03/09/2006
Molti ciclisti da botta ma nessuno esercita. Però qualcuno sbotta.
Da quattro mesi taccion quest’ottave
e non perché le danze son concluse,
né perché il pondo delle rime è grave,
né per lunga vacanza delle Muse,
né per bando di bici sotto chiave.
A dire il vero non ci sono scuse,
fioriron pure in questi mesi rose
raccolte per contratto nelle prose.
Non voglion metro già, non voglion versi,
il Giro e il Tour che narran le vicende
di ciclisti inusati in luoghi tersi.
Oggi però con gaudio e senza ammende
tornan color che furono sommersi
e nel poema ognun posto riprende.
E subito direm con nostra stima
cosa non detta in prosa mai né in rima.
Erano ancora freddi i primi raggi
quando Via Baccio consacrò i ritorni
che morgane sembravan e miraggi.
Non conviene che l’opera s’aggiorni
con nuove pene e nuovi personaggi
i qual son sempre i soliti contorni.
Però arrivaron tutti insieme e primi
i tre che nella botta fur esimi.
Muritan, Pelagotti e pur Mirmina:
così comincia la stagione nuova
e speranza di pena allor s’opina.
Per quanto sia modesta questa prova
la botta può risorger una e trina,
ma nei lor corpi qualche tarlo cova
e Caparrin opina con sgomento
che in lor s’annidi un turpe allenamento.
Il presidente enumera gli arrivi:
fra quelli scritti negli antichi codici
e quegli inaspettati redivivi,
parte una pingue formazion di dodici
che tale vuol restar per colli e bivi
tanto i chilometri son lievi e modici.
Badia di Passignan sarà la meta
però con strada incognita e segreta.
Pedala il gruppo variopinto e pingue
e la loquela di chi si rivede
sul Gelli, prima rampa, già s’estingue.
Boldrin attacca ma nessuno cede,
prima attacca botton con sette lingue,
ma adesso tace per scovar le prede
e Caparrini che bofonchia in coda
non par che della situazione goda.
“Che sian tutti allenati di nascosto?”
Bofonchia con inquiete introspezioni
quando lo lascian rapidi sul posto
pur Traversari e i due Bagnol sornioni.
“Miserere di me che in tutto Agosto
m’allenai con Gazzette e bomboloni!
Che
valse La Toussuire al Tour de France
se mi staccan pur quelli con le pance ? “
Ma Caparrin, che ha più d’una risorsa,
fa valer l’esperienza e la perizia
d’antico e rassegnato fin di corsa,
e mentre in brio si sfoga la milizia
egli pedala fuori dalla morsa
ma nei pensier di pesca si delizia.
Dopo tre rampe infatti arzille e liete
dimolti pesci cadono in sua rete.
Allora sembra chiaro a tutti quanti
che dentro quella rete protettiva
nemmeno Pelagotti tosto schianti;
e poi se una falange fuggitiva
ha in sé Mirmina e Bagnolin davanti,
vuol dir che dalla botta sarà priva
questa puntata nata con l’auspicio
di rumorosi fuochi d’artificio.
E pur l’ultimo nato sul pedale,
quel Muritan di non lontani scoppi,
or doma una pregiata Cannondale.
Non che ciò lo preservi dagli intoppi,
ma pare proprio ch’abbia aperto l’ale
e destinato sia a più bei galoppi.
Cosicché i nostri lirici destini
riposti son nell’estro di Boldrini.
Il qual non tarda a presentarsi in luce
e in ogni gibbo fin a Tavarnelle
attacchi ponderati egli conduce.
Pria scalcia e freme sulle pedivelle
ma poi si volta con lo sguardo truce
per aspettar chi insegue a crepapelle:
gioca coi topi lo spietato gatto
così a Sambuca il gruppo è ancor compatto.
Quando si sale su per la Badia
Boldrini ancor non sa quel che l’aspetta
sul limitar della segreta via.
Dimanda ai contadin, forse sospetta,
e Chiarugi i suoi dubbi non rinvia:
“Ma che bella” gli dice “bicicletta!
Luccica tanto ch’è un vero peccato
guidarla su quel sudicio sterrato.”
Uscì dal ventre allor un sordo tuono
e gli occhi fur un foco che s’attizza
quand’ebbe udito di sterrato il suono.
Quando vede che il suol si polverizza,
senza chieder né scusa né perdono,
volge la bici a valle con gran stizza.
Dice: “La Wilier mia giammai s’abbassi
a questa strada di polvere e sassi!”
A niente vale dei compagni il prego.
Boldrin china la chiorba e torna indietro
mimando nel silenzio il suo diniego.
“Sterrato è breve e d’assai dolce metro!”
Lo rincorre Chiarugi. “Non ti frego.
Ricorda il tuo valor, Boldrin, t’impetro,
ancor ti vedo l’anno scorso alpestre
sul più gleboso Col delle Finestre.”
Transgenico è Boldrin ma si rincuora
e si presta a tornar sul proprio intento
anche se gli altri son lontani allora.
Ode solo Chiarugi il suo tormento.
“Ora si casca in terra, ora si fora!
Non sono cento metri, non son cento!
La mia preziosa Wilier di Trieste
ora la concio proprio per le feste!”
Conviene che Chiarugi allor lo segua
a debita distanza mentre sbotta.
“Perché lo sterro orsù non si dilegua?
Perché ho seguito quest’insana rotta?
Ahimè, son sassi che non danno tregua!
La bici ancor per poco non s’è rotta!
Ma questa è strada per rupestri capri!
Ahi dura terra mia, perché non t’apri?”
Quivi sospiri pianti ed alti guai
risonaron nel suolo senza smalti,
ma quando parve troppo tardi ormai
lieti tornammo a riveder gli asfalti,
ove “Forza Boldrini” con lo spray
fu scritto dai compagni sugli spalti
che attesero ridenti il capoccione
tributandogli unanime ovazione.