Trentottesima puntata 02/04/2006

Fama e fame protagonisti della Classica di Monteriggioni

 

“Ecco i ciclisti con le polpe ignude,”

comincia Caparrin “ecco il pelame

che al sol di primavera si dischiude.

Venite a interrogar le vostre brame,

ma non ci sarà specchio che v’illude:

oggi son io il più bello del reame.”

Lo dice senza malcelata spocchia

ostentando le spoglie sue ginocchia

 

e i manicotti sulle braccia adesi

ma destinati a pronte estirpazioni

quando i primi sudor saranno spesi.

Oggi la varietà dei pantaloni

è pari a quella dei ciclisti attesi

in questo giro di Monteriggioni,

la Classica che è nota dappertutto

come quella del pane col presciutto.

 

Detto di Caparrin d’ignude cosce

e d’altri coi calzoni alla zuava,

vien un che quasi non si riconosce

tant’è vestito in foggia trista e prava:

completino invernale con calosce!

Egli è Chiarugi, e il modo ancor lo aggrava.

Vabbè, pur Muritan ha l’invernale

e Tempestin l’estivo con gambale,

 

però Chiarugi è nuovo a queste beffe,

di solito con garbo egli s’abbiglia.

(Non come l’estroverso Bagnol Effe

che cogli abiti scempi fa pariglia).

“Strani già ce ne son con noi a bizzeffe,”

gli dice Caparrin “ma che ti piglia?”

“Voglio che con tal sfoggio di vestiti”

risponde “il narrator di più mi citi.”

 

Brama di citazion che al cor s’apprende,

prese non sol Chiarugi col tabarro;

e c’è un sistema che dimolto rende.

Chi al percorso ufficial faceva sgarro,

prima subiva scorno e reprimende,

ora è virtuoso tanto più è bizzarro.

Un tempo pavidi i riduzionisti,

or nelle rime son protagonisti.

 

Muritan, che oramai più non esplode,

sul limitar di Montespertol taglia

e del miglior fuggiasco vince l’ode.

Pucci, che in tal virtù pure si staglia,

nel dilemma dei bivi non si rode

e dalla retta via tosto deraglia.

Così col caposcuola Bagnol Elle

scongiura l’esplosione a Tavarnelle.

 

Ma coloro che meritan trofei

son i riduzionisti Zio e Tempesta

che eccellono al di sopra dei babbei.

Volendo tornar presto per la festa

i due, che ad orientarsi son lincéi,

s’immettono per via che a lor par lesta

ma che (non c’è bisogno che lo aggiunga)

dell’ufficial percorso è assai più lunga.

 

Di tanta speme a Caparrin rimane

Chiarugi che trasuda col cappotto,

Nucci che agogna già l’onusto pane,

Effe Bagnol di cui bramiamo il botto

e la Bertel che non fa cose strane

ma vuol pur lei la fama sotto sotto.

Chiarugi intanto, sempre per citarsi,

sul Gelli fugge senza mai voltarsi.

 

Lo ritroviam a Castellina in Chianti

quando oramai non son più da supporre

altri esodi di pavidi scorcianti.

La fame intanto lentamente scorre

più della fama dei partecipanti

che miran l’unico esemplar di torre

per assaltar la nota cerchia tonda

che di turisti manducanti abbonda.

 

“Se mangian loro” dice il Presidente

“noi meritiam razione sovrumana.”

Ordina dunque i pani e non si pente.

I quattro entrati da Porta Romana

mettono in dura attività ogni dente

come a digiuno da una settimana.

Chiarugi ancor in cerca di fortuna

entra per via sterrata e inver digiuna.

 

Oggi Monteriggioni si corona

non più di torri ma di enormi bocche

mentre il sol accarezza ogni persona

e il vento tace sulle antiche rocche,

e Caparrini biascica e conciona,

e la Bertelli scioglie l’ampie ciocche

poi con Bagnoli disputa una sedia

e Chiarugi li guarda  nell’inedia.

 

Ma la voglia di fama non s’estingue

nemmen sulla statale del ritorno

quando di Caparrin la pancia è pingue

e si crogiola al sol di mezzogiorno,

che fa ridestar gambe e assonnar lingue,

e dà a Chiarugi il senso d’altoforno.

D’un tratto la Bertelli si rammenta

che dai peccati vuol esser redenta.

 

Il gruppo sorpassò un povero cristo

che pedalava col floscio fascione,

lieto non era ma nemmeno tristo.

Forse se n’era fatto una ragione

e sperava così, senz’esser visto,

di rincasar poggiando sul cerchione.

Ma la samaritana fiera e tronfia

lo vide e disse: “Ci hai la ruota sgonfia!

 

Fermati tosto ché te la riparo!”

Non potendo negare l’evidenza,

l’uomo risponde speranzoso e ignaro.

Perché Bertelli ostenta competenza,

ma nei compagni vagamente è chiaro

che di quell’uomo è scritta la sentenza.

Con la pompetta, questo è l’altruismo,

lei sembra maschio intento ad onanismo.

 

Però alla fine gonfia, chissà come,

la ruota che consegna a lui smontata

salutando col vento nelle chiome.

A casa ritornò grato alla fata

quell’uomo, di cui mai sapremo il nome,

con bici in spalla e lunga camminata.

E la Bertel, cavalleresca dama,

si conquistò la meritata fama.