Trentaseiesima puntata 08/01/2006
Come fortuna va cangiando stile. Siccome l’uomo nuovo evolve nel giro di una puntata, si cantano botte alternative.
“Quando al mattino i fiati sono fumi
e la brina attecchisce anche all’asfalto
mentre sull’erba giace a grossi grumi,
io di natura frigida m’esalto
e alleggerendo pure i miei costumi,
col cancello saldato andrò all’assalto,
anche se devo dir, sarò sincero,
m’esaltavo di più col sottozero;
invece il vil termometro fa due
e nel glaciale mar che sempre addito
non potremo affondar le nostre prue.”
È Caparrin che parla, s’è capito,
e mentre fuman le parole sue
nota che molti radunò l’invito,
e il più bardato di cotal milizia
primo è Chiarugi che non fa notizia.
Ben altri arrivi son da notiziari:
non dico che con Zio c’è pur Nipote,
non dico d’A.Bagnol con Traversari,
di Bertelli o Boldrin presenze note,
d’Elle Bagnol o Tempestin non rari,
io dico, e rallegrarsi già si puote,
del notaio ormai noto e ancora vivo,
fresco di botta eppure recidivo.
C’è chi temeva l’ira o la querela,
o il ritiro per troppa spossatezza,
ma inaspettatamente egli si svela
un che si piega ma che non si spezza,
ed oggi nell’ignoto non si cela
ma afferma con esplicita fierezza:
“Il nome mio, sappiate, è Muritano
e non esploderò a San Gimignano!”
Nessun che l’ode sa capire quale
strano disegno nel pensier si finga
quand’egli inforca rossa Cannondale,
però convien che a pedalar s’accinga,
e se stavolta cederà il pedale
non troverà più un Nucci che lo spinga.
Sa ben che questa sarà l’occasione
per diventar ciclista oppur bubbone.
Lasciamo Muritano a tal dilemma
e ritroviam Boldrini rude e baldo
intento a castigare l’altrui flemma.
La piana che l’ingresso dà in Certaldo
sembra tutta coperta di salgemma
e dà vapore ad ogni corpo caldo.
Quivi Boldrin con un eterodosso
inizia a pedalar a più non posso.
Quando sul vello della piana ghiaccia
il sol dai colli finalmente alligna
e di Boldrin illumina la faccia,
l’eterodosso osserva quella ghigna,
percepisce incombente la minaccia
e con timida scusa se la svigna.
Con lui si perde pur nipote Pucci
che si preserva da sicuri crucci.
È Muritan che non si cruccia affatto
e finché dura l’ondulata valle
s’imbosca dentro al gruppo quatto quatto.
“Or scoprirai sì come è duro calle”
gli dice Caparrin “ché piange il piatto
pria dell’arrivo nelle calde stalle.”
Pensa il notaio allor sui lievi dossi:
“Così diceva pur quando mi cossi.”
Il gruppo intanto sfiora Poggibonsi
e Boldrin a cui freme assai la ruota
non vuol lasciar anch’oggi i fogli intonsi.
Pria la vescica lestamente svuota
e quando vede che Chiarugi non si
premura d’aspettarlo, non fa nota
ma ritorna con molto ardor in testa
e al primo acclivio sbuffa, pigia e pesta.
Sulla salita delle torri appare
l’inclito Nucci che malato stette
ma che alla sosta non vuol rinunciare.
Un’auto guida di quelle perfette
a trasportare le più lunghe bare
o grossi cani o molte biciclette.
Ma chi prevede già chi sarà il morto
da trasportar, vedrà che aveva torto.
Infatti Muritano non s’estingue,
benché su quella modica salita
sia lunge pure dal Bagnol più pingue.
Non fa la botta ch’era garantita,
come speravano le malelingue,
e fiero al dolce desco allor s’invita,
e sul gastrico campo si dimostra
tosto all’altezza della fama nostra.
Non è nemmen Boldrin che fa ritorno
sul carro funebre, sebben nasconda
a stento di Chiarugi il grave scorno.
Sul limitare della cerchia tonda,
quando di gloria già sembrava adorno,
s’è visto sorpassar vilmente in fionda.
Boldrin con eleganza il colpo incassa
e torna pedalando a chiorba bassa.
Chi sarà mai colui che in auto monta
macchiandosi al cospetto degli dei
di clamorosa ed indicibil onta?
Fra tutti, udite, i potenziali rei,
chi tanta pena tristemente sconta,
ebben non è un colui ma una colei:
colei ch’un tempo fu donna d’agone,
ebben ritorna a casa sul vagone!
Non si ricorda storia più penosa:
sol Tempestini con la bici infranta
in Sita rincasò da Vallombrosa.
Ma la fata stavolta non c’incanta
anzi, di tal condotta indecorosa
non solo non si pente ma si vanta,
ed adduce qual scusa (ed è l’ennesima)
la fretta per una presunta cresima.
Già impenitente rea d’anda-e-rianda,
ora la sua impudenza troppo nuoce
e la sentenza più non si demanda.
Perché la pena sia abbastanza atroce
e pertinente a colpa sì nefanda,
al mondo intero spargerem la voce
che la Bertelli a casa fu tradotta
per aver fatto una sonora botta.