Trentacinquesima puntata 18/12/2005
A grande richiesta torna il tema della botta. Luci della ribalta su un uomo nuovo e su una bici vecchia.
Più girano le ruote e le puntate,
più si consuman l’estro e la parola,
ed è duro mestier quello di vate.
Di Caparrin la bici ci consola
ma son vicende ormai troppo adusate.
La trama langue se nessun s’immola:
è inutile sfoggiar la rima dotta
se non c’è più nessun che fa la botta.
Da quando son spariti i seri dotti
della crisi, oramai siam all’embargo:
Pucci, Mirmin, Boretti e Pelagotti
sono da tempo immemore in letargo
o si rifugian nei giri ridotti.
Ai novizi perciò si faccia largo
e prediletto sia chi non si allena
per apprezzare meglio la sua pena.
Il segretario Nucci che molt’ama
assistere agli umani sacrifici,
qualche ciclista ignaro spesso chiama,
adescando colleghi, soci o amici
ai qual fa creder che per aver fama
bastan le scarpe e l’equilibrio in bici.
Pur l’antico ciclista Gianni Motta
fu reclutato un dì per far la botta.
Stavolta il ruolo del ciclista ignaro
Nucci assegnò da perfido sensale
persino a un integerrimo notaro.
Di lui che giunse in abito sociale
il nome per prudenza non dichiaro,
giacché è pur sempre un pubblico ufficiale,
e a salvarlo non basta dal ludibrio
la dote della bici in equilibrio.
“Vieni,” gli disse Nucci “senza tema.
Aggregati a quest’umil carovana
di cui Caparrin è guida suprema.
Come già sai, nell’etica nostrana
contano più le paste con la crema
che i chilometri in bici a settimana.
Perciò per esser d’esto gruppo degno
basta sostar con fame e con impegno.”
Lo sventurato giovine rispose
e per molti chilometri credette
che stessero davver così le cose.
Quelle che vide sulle biciclette
eran figure torpide e adipose
(a parte di Bertel la silhouette)
così pensò che per l’odierna meta
cagion non v’era d’esser nato atleta.
Ma se di vita la storia è maestra,
la meta odierna è proprio il San Donato
di Mirmina e la botta sua maldestra,
quando partì felice ed ispirato
e suonato tornò più di un’orchestra.
Nessuno più così s’è deflagrato,
sembravan da quel dì davvero estinte
queste salite terminate a spinte.
Sol sulla rampa detta la vinicola
mostra il notaio una ridente faccia
e parole sensate ancor articola.
Ma intanto l’atmosfera è così ghiaccia
(è verità, non è rima ridicola)
che granita si fa nella borraccia.
Però Boldrin transgenico vi beve
integratore diventato neve.
Il ritmo lento che il notaio approva,
l’umano calorifer non accende
e già c’è chi le dita più non trova.
Algor ch’al cor gentil ratto s’apprende
e nell’ossa profonde ognor s’indova,
prende Chiarugi e il modo ancor l’offende.
Così per evitare la gangrena
fugge dal fiacco gruppo di gran lena,
trascinando Boldrin, Martin, Tempesta,
poi Zio, poi Borchi ed altri infreddoliti
che mai vedran le notarili gesta.
I saliscendi decorosi e miti
consumano al notaio quel che resta
dei pochi allenamenti preteriti
e s’erge in mezzo a quattro testimoni
nella più classica delle esplosioni.
Quando la strada va cangiando stile
e il sol s’adagia sugli aprichi campi,
s’ode da lunge il colpo d’un fucile
e non è colpo a cui la preda scampi:
è la prevista botta notarile
che si materializza con i crampi.
E Nucci divenuto ormai impaziente
con voluttà lo spinge finalmente.
A San Donato in bar nostro notaio
accasciò il corpo sulla prima sedia,
steso come se fosse sedia a sdraio.
Non stava lì per recitar commedia
manducando una pasta poco gaio,
come se da curar fosse l’inedia.
Fra sé pensò, celando il grave scorno:
“Con le mie gambe a casa non ritorno.”
Così nel tacito dolor s’immerse,
e chi fuggì temendo di far notte
assai rimpiangerà quel che si perse.
Si potrà dire che le bici rotte
di Caparrin ormai sono diverse
e interessanti come paste scotte,
ma pur stavolta il duca non fu pago
e riscassò l’olimpica Colnago.
“Aiuto, s’è rirotta, Bagnol Elle!”
S’udiron queste grida meste e sorde
già prima d’arrivare a Tavarnelle.
Chiamava la sua man misericorde
mostrando tentennanti pedivelle
e del deragliator recise corde.
Il responsabil tecnico s’appressa
all’egra bici e dice: “Va soppressa!
Ha patito abbastanza, o Caparrini,
se ad Empoli ritorni pur stavolta,
ti convien ritrovare la Fanini.”
Intanto Nucci con sagace svolta
abbandonò notaio e burattini
lasciando la Bertelli a fargli scolta.
E il derelitto allor con giusta calma
tentò di rimpatriar la cara salma.
La bici rottamata e l’uomo morto
si narra che, non senza molt’affanno,
approdaron all’agognato porto.
Del notaio la sorte pochi sanno,
ma a letto dopo un dì forse è risorto.
Se non avrà subito eterno danno
e non avrà intenzione di querela,
l’Empolitour a ritrovarlo anela.