Trentaquattresima puntata 11/12/2005

Dove le ruote del Presidente movimentano più della tramontana una tranquilla sortita autunnale

 

È noto ormai da tempo a chi ci legge

che quando Caparrin a Brando porta

la bici che ormai in piedi non si regge,

il danno avuto lì per lì s’ammorta,

ma il giorno dopo per spietata legge

la bici torna più di pria distorta.

Questa legge scientifica e oggettiva

serve a capir la scena successiva

 

che si svolge al ritrovo di partenza

ove lo Zio, Bagnol Effe e Martini

gareggiano in meccanica insipienza.

La bici attorniano di Caparrini

parlottando, mentr’ella giace senza

la ruota posterior su cui son chini

come chirurghi sopra l’operando

che fu operato il giorno pria da Brando.

 

“Eppure” Caparrin si cruccia allora

“c’erano sol due toppe belle dure,

e sulle toppe più non si rifora!”

È una legge brandiana questa pure

e siffatta eccezion non lo rincuora,

anche se fra possibil forature

questa ante motum par la men ferale:

come ammalarsi già nell’ospedale.

 

Però se è Zio che funge da dottore

(e Bagnol Elle con sospetto assiste)

si parte gonfi ma con un sentore

di vecchi esempi, di cose già viste.

Ultimamente Caparrin è attore

di molti contrattempi, però insiste

a pedalar su bici rattoppata

che render può frizzante la puntata.

 

Controvento partì il ploton nostrano

per approdar con copriscarpa e guanti

a loco che di solito è agostano.

Meta evitata da ciclisti e fanti

è l’amena Badia di Passignano

che incuriosì pur altri tre viandanti:

Borchi, un Pasquali e un Integra baffuto

trovati sul percorso convenuto.

 

Già si capisce pria di Villanuova

che finirà malato presto o tardi

chi riparo dal turbine non trova.

C’è gara per star dietro a due traguardi,

Bagnoli e Caparrin che danno prova

d’esser carnosi e saldi baluardi.

Barriera con Boldrin Martin si crea

dal vento ma non da sua logorrea.

 

Può dar riparo pur la compattezza,

ma il gruppo a Chiesanuova tra le spire

in due rami più fragili si spezza.

I quattro eterodossi dan l’aire

a Boldrini e Chiarugi, e pur s’apprezza

Elle Bagnoli che non vuol subire.

Esser non vuol dopo ridotti e stasi

vaso di coccio fra più ferrei vasi.

 

Così Bagnoli nella Val di Pesa

di grande lena coi compagni trotta

e giunge a Passignan con buona resa.

Non è salita Passignan da botta,

ma degli altri lunghissima è l’attesa

nel bar con stufa che parecchio scotta.

Dopo ipotesi varie e disinvolte

arriva il duca che forò due volte:

 

la prima sulla china di Bargino

e la seconda due minuti poscia,

perché la gomma sotto al suo sellino

non fa in tempo a montar che già s’affloscia,

e c’è chi dice che questo destino,

che fa montar a Caparrin l’angoscia,

sia frutto ancora di brandiane toppe

che per Brando, si sa, non son mai troppe.

 

Comunque sia, quest’odissea finiva

dopo mezz’ora, quando gli diè Giunti

camera d’aria d’ogni toppa priva.

Sembravano finiti i disappunti

nel fuoco della stufa che ghermiva

Chiarugi con i piè d’algor compunti.

Ma Caparrin v’entrò con gran sussulto

chiamando a sé Bagnol per un consulto.

 

Il responsabil tecnico rientra

con una ruota in man e poi decreta:

“È forata di nuovo!” E allor la sventra,

la palpa, la strofina come seta,

prende una nuova gomma e poi la centra,

poi gonfia, e Caparrini un po’ s’acquieta.

Conosce di Bagnoli la perizia

così si siede e a consumar inizia.

 

“Voglio fetta di dolce con pinoli!”

Ed indica un reperto sotto teca.

“Ed un caffè conviene che mi scoli.”

Boldrini stranamente non impreca

per il ritardo, mentre Elle Bagnoli

ancora in man la fatal ruota reca,

e Chiarugi che al cibo non anela

al tubo della stufa si disgela.

 

Poi Caparrini baldo monta in sella

ma dopo due chilometri s’arresta

ché il vil fascion di nuovo lo corbella.

“Son cinque forature, ahimé, con questa!”

Geme ed a quinta camera s’appella,

mentre pedone con la bici resta.

Tempestin gli dà gomma sua di scorta

ma la speranza di tornar par morta.

 

“Basta!” Grida Boldrin mentre il plotone

d’evader mostra ormai chiare avvisaglie.

“Fatemi analizzar questo fascione.”

E con le nude man che son tenaglie

a severa ispezion lo sottopone

per cercare puntute minutaglie;

e infatti con aspetto lieto e tetro

estrae dal battistrada un picciol vetro.

 

“Ecco la causa di cotanti fori”

sentenziò “ch’è sfuggita a mani esperte.

Ora scaldiamo ben nostri motori

ché contro l’uragan ci si diverte.”

Infatti coi coscion suoi propulsori

al vento diaccio è fermamente inerte.

Ma del ritorno un po’ la trama varia

per la carenza di camere d’aria.

 

Quell’aria che sparpaglia e che percuote

li fece rimane uniti insieme

a quei ch’ancor avevan gomma in dote.

Stavolta pure chi al ritorno freme

costretto fu ad accomunar le ruote.

E poiché a Caparrin l’unione preme,

forse dal ver assai non si discosta

chi pensa ch’egli l’abbia fatto apposta.