Ventitreesima puntata 27/02/2005

Dedicata a bianca neve, Biancaneve e i sette ciclisti

 

“La Classica del Tinti è rimandata!”

Gridavano gli araldi per la strada.

Prunetta dopo un dì di nevicata

sembrava un pezzo della Marmolada.

Caparrin con mestizia il cielo guata

e lo trova seren, ma non vi bada,

poiché per lui comincia il vero dramma

d’organizzar un gir fuori programma.

 

Ogni mese egli pubblica i percorsi

in modo che fra i sudditi non regni

l’incertezza e la volontà d’opporsi.

Sa ben che senza pristini disegni

ognun a condottier vuole proporsi

e ad ogni bivio nascono convegni:

questa è sventura certa, e meno rischio

sarebbe a pedalar dentro al nevischio.

 

Ma è tardi ormai per promulgar decreti,

e la prima sua timida proposta

incontra subito incrociati veti.

“Vellano no, perché la neve ci osta!”

Dicon Chiarugi ed il Boldrin inquieti

che vorrebbero un giro senza sosta

(evento che, sia detto senza inganni,

manca all’Empolitour da almen dieci anni).

 

“Dove si va?” S’udiva nel plotone.

“Dove si va?” S’udiva ancor più forte.

E Caparrini per disperazione

emetteva risposte vaghe e corte,

finché l’istinto della direzione

lo spinse ad indicar la miglior sorte

verso il luogo di soste più sovrano,

la turrita, cioè, San Gimignano.

 

Per via diversa convien che si parta,

anche se Tempestini fa notare

che questa in sol due mesi è già la quarta

visita a quelle torri, benché care,

e che almen oggidì sarà la carta

a ricordarla con parole chiare:

in Piazza andremo allor della Cisterna

per una sosta poco men che eterna.

 

Oltre ai quattro che sono già citati,

v’erano Giunti, Nucci, la Bertelli

e Bagnolin in panni ancor ingrati.

Qualcun domanderà: “Soltanto quelli?”

Citiamo anche Mirmina fra i malati

che venne a salutare i suoi fratelli.

Altri così potremmo pur citarne

però le bici son sempre più scarne.

 

Eppure il presidente ci ricorda

che il Col delle Finestre ognor incombe,

e se la squadra sarà inane e sorda,

quel giorno sentirà suonar le trombe

e tardi capirà quanto rimorda

il vile cor sulle sassose tombe

dove sarà sepolto con gran pena

colui che fin da adesso non s’allena.

 

Detto questo, il maestro premuroso

si concentrò sulle proprie vicende,

perché il percorso vario e collinoso,

pur senza fargli trasudar le bende,

lo rendeva comunque sospiroso.

Lena ch’al cor gentil ratto s’apprende,

s’apprese pur al giovin Bagnoletto

che ponzava in armonico duetto;

 

ma i fiati che salivan forti e stanchi

furon distolti dagli sguardi immensi

dispersi sopra ai campi tutti bianchi.

Fu neve che pervase menti e sensi.

Come bambin al qual il fiato manchi

per prodigi improvvisi e troppo intensi,

così rimasero i ciclisti muti

in quegli spazi di candor tessuti.

 

La neve, è vero, fa tornar bambini.

Finché riman lontano dalle ruote

rende lirico pure Caparrini

e fa dimenticar le fredde gote

e gli obblighi di pugna con Boldrini.

Finché riman lontano dalle piote,

dalle mani arrossate e dalla faccia,

si loda e ci si scorda ch’è acqua ghiaccia.

 

La nostra via solcava il bianco vello,

schivando rocce assise come marmi

ma nell’anima sciolte al solicello.

La neve, che si presta a dolci carmi,

ispirava ai ciclisti sol “Che bello!”

mentre che pedalavano senz’armi.

Coll’unto viso come pellerossa

anche Boldrin frenava la gran possa.

 

Quel manto virginal per un bel tratto

incurvava degli alberi le spalle

e dava vita sol a qualche gatto

uscito per errore a far farfalle.

Naturalmente è sottinteso il fatto

che i ciclisti si diedero alle palle.

D’agguato Giunti e Nucci satanassi

scagliavan palle dure come sassi.

 

Fu un peccato arrivare alla turrita

e trovarla di neve quasi sgombra

ma di popol turistico fornita.

Con la sosta però nessun s’adombra,

tranne Chiarugi che i coglion si trita

per diciotto minuti a far bell’ombra,

poi quando si riparte in tutta fretta

è tardi che così nessun l’aspetta.

 

Con la neve che a valle ormai si scioglie,

si sciolse anche il silenzio che c’incanta,

e la Bertelli, qual gracchiante moglie,

ad urlar cominciò di sana pianta:

“Che si plachino, o maschi, vostre voglie

di tornar alla media di quaranta!”

In nome del mio atavico prestigio,

ognun al lento incedere sia ligio.”

 

Fecero tutti finta d’assentire

ma intanto acceleravan l’andatura

fino a raggiunger proprio un bell’aire.

Quand’ella con gran sdegno fu sicura

che nessun dava retta alle sue mire,

la corsa ormai volgeva alla chiusura

e Biancaneve dai prestigi vani

ritornò a casa sola con tre nani.