Ventesima puntata 01/01/2005
Capodanno con un Monte Senario pieno di ciclisti e buoni propositi
non porta solamente quegli auspici
che fanno oroscopisti e negromanti:
sarem tutti più buoni e tutti amici,
giammai conoscerem dolor o pianti
e tutto l’anno passeremo in bici,
al punto ch’oltre ad essere contenti
non saremo nemmen più tanto lenti.
A parte queste implicite promesse,
chi si presenta in bici a Capodanno
altre ne fa, dall’anima riflesse,
che nei fondali d’ogni cuore stanno
e poi con l’occasione son espresse,
perché quei che pedalan con affanno
quando al cuore concedono riposo
lo trovano più grande e generoso.
Comincia Caparrin: “Prometto e giuro
che nel duemilacinque ogni percorso
inedito sarà, pur aspro e duro!”
E Nucci: “Sì, rinforzo il tuo discorso:
non ci saran più soste, ed in futuro
non mangerò più paste a guisa d’orso!”
Chiarugi: “Allor ritiro mia proposta
d’esser attivo mangiator in sosta.”
E il redivivo Pagni: “La bilancia
di nuovo mi vedrà allenato e snello:
sfoggerò nuova bici e nuova pancia!”
Mentre Giraldi, milite novello:
“M’allenerò per venir pure in Francia!”
“Verrò pur io,” fa Tempestin appello
“i Vosgi che, mi par, son a Magonza
mi vedranno smagrito e senza lonza!”
“Non giungerò mai più dopo la banda
(è la Bertelli). E imparerò le vie
senza ricorrer all’anda-e-rianda!”
Giunti: “Quest’anno farò più magie
di Tinti, pedalando a tutta randa,
più bravo che in accordi e melodie!”
“Io vi prometto, sono Bagnolino,
sol vestirò il sociale completino!”
L’immagine di sua sorella bianca
la brina simulava sui giardini
e la città giaceva ancora stanca.
“Oggi è il gran giorno.” Disse Caparrini.
“Ma fermi, un buon proposito ancor manca.
In vece tua l’esprimerò, Boldrini.
A Boldrin imponiam ch’egli prometta
di tacere per sempre in bicicletta!”
“Ora si può partir per l’alto monte
dove ripeterem nostre sentenze
acciò che verso il ciel salgan più pronte.
Non s’eran viste mai tante presenze,
e un’altra ancor la troveremo al ponte
che varcherà la soglia di Firenze:
oggi rinnoveremo il calendario
con l’ennesima ascesa del Senario.
Lassù si purga l’animo ciclistico
e di salire al ciel diventa degno.
Percorso men atletico che mistico,
ove si suda, sì, ma senza impegno,
quel sudore ch’è puro, quasi artistico
e che sembra sgorgar fuor dall’ingegno,
come se innata il guardo avesse brama
d’aprire il cuor al vasto panorama.”
Bello a vedersi il primo di gennaio.
Bello ad udirsi il suo tacer glaciale.
Ma chi pedala sa che il suo bel paio
di mani e piè ben presto più non vale.
La scarpa è un insensibile mortaio
e il guanto assume già rigor mortale.
I più ottimisti speran che due quarti
si scongelin col tempo, dei lor arti.
Il gruppo è rumorosa tartaruga
che dell’Arno costeggia l’alte prode.
Chiarugi tenta di scaldarsi in fuga,
mentre che Caparrin coibente gode.
Al gelo lui nemmeno si corruga
e addirittura suda senza frode,
ma tutti gli altri, tranne la Bertelli,
cominciano a temer dei lor piselli.
Così qualcun, fingendo che gli scappa,
si ferma ad orinar e intanto accerta
d’aver ancor la rattrappita nappa.
E spesso la question rimane aperta
perché quella bottiglia mal si stappa
quando all’aria glaciale vien offerta.
Si narra che un ciclista abbia diretto
sulle man congelate il caldo getto.
A Firenze s’aggiunge pure Vanni,
un Verag che dichiara omonimia
con la Bertelli, ma più larghi panni.
Vanni son nel linguaggio di poesia
l’ali, che a lui sarebber senza inganni
utili attrezzi per quell’erta via.
Siamo difatti sulla Via Faentina
che con alterne veci ora s’inclina.
Comincian finalmente i primi caldi,
i primi veri affanni ed i sudori.
Nel modo detto, Boldrin e Giraldi
si ferman per espeller altri umori,
ma Boldrini riparte senza saldi
mentre Giraldi è lento a tirar fuori.
Gaul ci ricorda, che per aver minto
perse un Giro che aveva ormai già vinto.
Oggi non conta l’ordine d’arrivo.
Chi conquista il Senario, tardi o presto,
vince l’onore di sentirsi vivo.
Quell’orizzonte chiaro a tutto sesto,
colto nel fotografico obiettivo,
è in quest’istante un marginal pretesto
per liberar nuovi pensieri al vento
e leggerli lassù nel firmamento.
Poi, come vuol la stretta tradizione,
bisogna scender fino a Pratolino
per consumar costoso panettone
con brindisi augurale e frizzantino.
E si può dir con somma ispirazione
che il buon anno si vede dal mattino,
e con chiusura degna dei Lincei:
arrivederci nel duemilasei.