Diciannovesima puntata 05/12/2004
Dove la virtù dei ciclisti erranti emerge anche in uno stillicidio di pioggia, inconvenienti e soste
Sul ciclismo da pioggia già s’è detto
e scritto empiendo numerose carte,
ma ribadiamo un unico concetto
che ci vien dalla scienza, non dall’arte,
e vale come regola e prospetto:
quand’è la strada asciutta allor si parte.
Mai consultar si deve pria del via
l’oracol della meteorologia.
E infatti Caparrin anch’oggi è ligio
alla nobile legge dei pedali
pure se il ciel appar dimolto bigio.
“Vedremo” pensa “stamattina quali
sono gli atleti di maggior prestigio
che del cielo non temono gli strali,
qui sfileran ciclisti fieri e maschi
che non temon pozzanghere e piovaschi.
Chiarugi, poi Giraldi, Nucci e Zio,
Mirmina poi Boretti e la Bertelli
e Tempestin: ma che bel gruppo è il mio!
Boldrini col più buffo dei cappelli
e Borchi che subentra sull’avvio:
ma quanto son fedeli i miei gioielli
che il dì di festa fanno a men degli agi
affrontando gli schizzi e i nubifragi!”
Taccion per ora nubi e biciclette,
anche Boldrin è stranamente cauto
mentre Mirmina narra barzellette.
E tacciono le trombe di molt’auto
che a venticinque all’ora son costrette
dietro al gruppo meditabondo e lauto
che si gode la strada ancor asciutta
occupando la carreggiata tutta.
Trepide occhiate vanno verso l’alto,
pare davvero fragile la tregua
e sempre un po’ più rorido è l’asfalto.
Così Boldrini sbuffa e si dilegua,
poi ci ripensa e torna con più smalto:
fugge, rallenta e vuole che si segua.
E non bisogna più pigliarlo a gabbo
ora ch’è diventato un serio babbo;
ora sta in gruppo tacito e composto
col berretto che sembra una pignatta
ci mostra d’aver già la testa a posto.
Non si cura di Nucci quando scatta
ma vorrebbe tornare a casa tosto
come se fosse lui quello ch’allatta.
Così pensando ai già lontani affetti
s’attarderà col bradipo Boretti.
Intanto il ciel sommessamente piange
e già nel crocevia di San Casciano
si son formate almeno quattro frange:
chi vuol entrar nel bar lì sottomano,
chi proseguir ché l’acqua non lo tange,
chi vuol tentar un compromesso vano,
poi Borchi, che alle dispute non bada
e ignaro se ne va per la sua strada.
“Giro integrale!” dicono ben saldi
il presidente e Nucci che guadagna
pure l’appoggio del neutral Giraldi,
ma di Bertel non evita la lagna:
“Non pensate voi cinici e ribaldi
alla mia augusta chioma che si bagna?
All’orizzonte il ciel è troppo tetro:
per medesima via torniam indietro!”
La Bertelli ha fra i preferiti dischi
l’anda-e-rianda, e come sempre avviene
si becca a tal proposta nieghi e fischi.
E Caparrin: “Ragazzi, non conviene
che in mezzo della strada si cincischi
ad ascoltar proposte tanto amene.
È inutile che invano si discuta:
il giro l’ho già scritto e non si muta!”
Ma mentre espone tai consigli miti,
s’accorge che da tempo il gruppo aspetta
Boretti con Boldrin che son spariti.
Allora tutti indietro in tutta fretta,
scoprendo che son fermi e assai contriti
per grave morbo d’una bicicletta:
è di Boretti l’aurea Pinarello
invalida come il più vil cancello.
“Non si muove.” Diagnostica Boldrini.
“Il cambio come vedi s’è corrotto,
convien che verso casa t’incammini.”
Solo trenta chilometri di trotto
se non ci fossero i telefonini
che salvano Boretti dallo scotto,
il quale con Boldrin senza rimorso
ritorna a casa con stradal soccorso.
Or ricomincian dispute strazianti:
si torna, si prosegue o ci s’arresta?
Caparrin, mediator tra litiganti,
a giro più conciso allor si presta,
ma è tardi, e per la pioggia titubanti
secedono Mirmina, Zio e Tempesta.
E Caparrin: “Or siamo quattro o cinque
e il percorso integrale si relinque.”
Sembrerebbe finito qui lo strazio,
ma pur tra i cinque Nucci è renitente
ad andare a sostar a San Pancrazio
dove, sostien convinto il presidente,
c’è un giovane local con ampio spazio:
la Casa, egli sostien, del Combattente.
Intanto una sottile pioggerella
comincia a innervosire la Bertella.
Un altro conciliabolo ci occorre
per approvare allor questa mozione.
Intanto il tempo insieme all’acqua scorre
e scioglie ogni residua indecisione,
cosicché, pure chi si vuol opporre,
per tacita rinuncia non si oppone.
E meno mal, perché dai combattenti
c’è un insperato pan per i lor denti.
S’aspettavano briscole e vecchietti
in un angusto loculo e fumoso
e invece trovan bei manicaretti
in un ambiente florido ed arioso
dove i ciclisti stanchi, poveretti,
per le eccessive soste, fan riposo,
passando tutto il tempo che ci volle
all’acqua per cadere a grosse bolle.
Il bubbolar della Bertelli ancora
fece più danno della pioggia fitta
che quando ci ha impregnato, poi s’ignora.
Quand’ella si decise a stare zitta,
il cuor d’ognun trovò la sua dimora
e fiero pedalò senza sconfitta.
Fradici ritornaron come sorchi
senza saper che fine fece il Borchi.