Centotrentottesima
puntata 10/05/2015
La
metamorfosi. Dove si leggono di Chiarugi cose non dette in prosa mai, né in rima.
Nel
gran giorno di Trebbio e di Pizzorna,
dopo
tre lunghi mesi di latenza,
quest'epica
ciclistica ritorna.
"Che
successe?" Si mormora in partenza,
ed
è Via Baccio di gran
folla adorna
ma
ancora di Chiarugi v'è l'assenza:
pare
che sia lontan dalle sue truppe
perché la dura testa un po'
si ruppe.
Caparrini
conferma e rassicura:
"Sano
par egli ma pietade incute
e
con la tempra di chi poco dura
ci
sta aspettando in bici alle Vedute
ma
siccome ha una tempra dura e pura
vuol
dimostrar l'antiqua sua virtute."
E
vedendolo in questa condizione
la
musa torna subito in funzione.
"Trebbio
e Pizzorne insieme è tanta roba."
Riflette
allor l'erratico Chiarugi
mentre
un fiume azzurrognolo lo ingloba.
Ma
non convien che in scuse si rifugi:
il
gruppo è pien di gente forte e proba
e
la puntata più non vuol indugi.
Il
lettor non vuol battere la fiacca
e
vuol saper: "Boldrini chi lo stacca?"
Chiarugi
guarda i forti con rimpianto
stentando
a stare a ruota nella piana.
Son
molti invero che gli stanno accanto:
Ri
Nucci, la Bertelli, la Maltana,
Caparrin,
Ulivieri e qualche santo
lo
aiuterà finché la strada è sana.
Ma
poco prima della Val di Serchio
il
divario nel gruppo è già soverchio.
Mentre
Chiarugi sui pedal si corca
fuggono
tanti senza mai voltarsi
e
il destin con la strada si biforca.
Con
Chiarugi rimangon lenti e scarsi
e
con Boldrini pendagli da forca
che
cercan gloria effimera e catarsi.
Meno
male che Nozzol ci consola:
li
staccherà con una gamba sola.
Lasciati
i prodi in lotta sui due passi,
la
musa cede allor tutta la scena
all'affiatato
plotoncin dei lassi.
Qui
la Bertel propone a miglior pena:
"E
se per una foto vi fermassi
al
ponte sghembo della Maddalena?
E
per tre frivole e fugaci pose
lo
sventurato Caparrin rispose.
Al
Trebbio ora il drappello è predisposto
e
Chiarugi coi lombi già indifesi
sbocconcella
qualcosa di nascosto.
Il
digiuno era un tempo la sua ascesi
ma
vuol finir la tappa ad ogni costo
seppure
tra color che son sospesi,
poi
speranzosi vanno i suoi pensieri
a
Farnetan, Maltana ed Ulivieri.
"Se
mi staccano lor, la fo finita."
Pensa
Chiarugi mentre Caparrini
scandisce
il passo degli alunni in gita.
"O
Chiarugi, rallenta, che combini?"
La
Bertel saggiamente riverita
frena
l'ardor dei suoi passati fini.
E
così il Trebbio tra bisbigli e cenni
lasciò come previsto tutti
indenni.
Le
Pizzorne son fatte d'altra pasta
ma
senza più i doveri dell'attesa
son
prese dalla frettolosa casta.
Chiarugi
ancor stupisce senza resa
perché con l'energia che gli
è rimasta
e
mangia e beve e piscia anche in discesa,
così a Pontoro, inizio
d'altri crucci,
lo
aspettan Caparrin solo e Ro Nucci.
Degli
antichi compagni patriarcali
il
gesto lo rincuora e lo commuove.
Ma
qui è il momento di spiegare l'ali,
e
quando vede altre due schiene nuove
avvicinarsi
lente fra i crinali
sente
un barlume di vigor che piove:
è la Bertel che assiste oggi gli inani
insieme
al derelitto Farnetani.
Per
il morale Farnetan è adatto
ché è l'unico che sorpassar
si puote
mentre
Nucci svanisce in uno scatto.
Caparrin
sembra perdere le ruote
mentre
Bertelli con Chiarugi sfatto
è al ritmo di chi estirpa le carote,
ma
dopo un po' nell'aere si risente
il
fiato risuonar del presidente.
Fra
di loro Chiarugi allor eccelle
per
il vigore della pasta frolla,
fritto
e salato come le zonzelle.
Di
Caparrin la schiena un po' controlla
ma
quando inizia a contemplar le stelle
l'orgoglio
rimanente allora molla,
guardandosi
comunque ancor le terga
acciò che Farnetani non
riemerga.
Il
faceto sessuoman Menichetti,
giù ridisceso a fungere
da scorta,
è il cireneo che forse non t'aspetti.
Insieme
a lui a Chiarugi par risorta
l'anima,
mentre il corpo fa i dispetti
desiderando
Coca Cola e torta.
"Siamo
sull'altopiano, orsù resisti!"
Si
sprona e torna a riveder ciclisti.
Molti
son già partiti, ma chi resta
interpreta
quel suo mangiar e bere
come
l'effetto della rotta testa.
Chiarugi
non poteva prevedere
che
un giorno a un bar avrebbe fatto festa
senza
pigliarsi un po' per il sedere,
anzi,
felice del sua condotta
che definirsi può, per altro, botta.