Centotrentaseiesima puntata 04/01/2015

Anno nuovo, Peccioli vecchio. Dove si notano nuovi interessanti innesti in testa e in coda.

 

La musa fece festa a Capodanno

lasciando un plotoncino temerario

alla mercé del freddo e dell'affanno.

Gli otto che congelaron sul Senario

degna fama e fortuna non avranno,

mentre i primi del nostro calendario

che arrivan riscaldati e mattinieri

son Caparrin, Chiarugi ed Ulivieri.

 

"Ho caldo veramente e mi costerno."

Precisa Caparrin con gli otto gradi

e il completino nuovo dell'inverno.

I compagni asocial, sociali e bradi

che la musa trascrive sul quaderno

sono di lui vestiti anche più radi.

"Se uscisse il sol sarebbe un grosso guaio."

Sospira il presidente di gennaio.

 

Parecchi, invece, d'indole normale

stranamente non sembrano infelici

se il clima non è rigido e glaciale.

"Allora Caparrini che ne dici"

(è voce che dal gruppo tosto sale)

"di dare l'ando a queste trenta bici?"

Fremono all'otto e trenta come è scritto

di partir per un Peccioli rifritto.

 

All'otto e trentatré son già partiti:

adepti nuovi, imberbi in bicicletta

e asocial socialmente rivestiti

non sanno cosa a Peccioli li aspetta.

Forse hanno letto delle antiche liti

vissute sulla sua modesta vetta:

sul percorso di Coppa Sabatini

sempre vien voglia d'attaccar Boldrini,

 

fatto sta che sul brullo San Gervasio

molti tentan d'apprendere i precetti

come ligi studenti del ginnasio.

In coro pensan Costoli e Cianetti:

"A staccare Boldrin sempre m'estasio."

Concordi son Garosi e Menichetti.

Questa prima salita è blanda e fiacca.

"Ma Nozzoli" ripensan "chi lo stacca?"

 

C'è pure lui che l'ali ai prodi tarpa,

mentre i più lenti gravitan attorno

a Caparrin sudato come carpa.

Bertelli e Galli vanno senza scorno

al passo delle suonatrici d'arpa

mentre De Rienzo aspetta miglior giorno.

E poi c'è un tal che d'epa non è avaro

e che i compagni chiamano Copparo.

 

Si narra, ed autorevole è la fonte,

che con quel bell'addome batraciano

tre giorni fa scalò il Senario monte.

Chi di costui potrebbe andar più piano

quando del Roglio passeranno il ponte

è pregiudizio veramente arcano,

perché a sorpresa danno inizio ai balli

il colosso Mannucci con la Galli.

 

Sotto l'usbergo di quel gran torace

ella pedala come dietro un derny

trascinando una scia lunga e rapace.

Per poco stanno in fila ai suoi governi

ché ancora in piano Costoli predace

attacca sodo con due subalterni:

Boldrin ne inquadra da lontan le schiene

e li riacciuffa senza troppe pene.

 

Una muta di can brutti e ringhiosi

in salita dietro Boldrin s'avventa:

Costol, Chiarugi, Tempestin, Garosi,

Cianetti e Ciampalini, chi può tenta

di staccarlo con ritmi pretenziosi,

ma quando la salita sembra spenta

spunta un omino col passamontagna

che metri preziosissimi guadagna.

 

Si chiedon tutti: "E quello chi l'ha sciolto?"

Poi quando la salita infin si rizza

rimbalza indietro rapido e irrisolto.

A sorpassar Boldrin son dieci in lizza

ma con passo regale e disinvolto

li stacca tutti Nozzol senza stizza,

e Boldrin molto indietro a quanto pare

dichiarerà che li ha lasciati andare.

 

A Pecciol nella piazza Garibaldi

è atteso Caparrin coi suoi famigli

per far la sosta-Pagni senza saldi,

e fra un brusio di chiacchiere e sbadigli

si svela che fra i dieci maramaldi

il mascherato si nomò Scardigli.

"I. Scardigli" precisa "e son giulivo:

staccai Boldrin al primo tentativo."

 

Non si sa se Boldrin vinto dai dieci,

a casa ritornò con i pedali

o in ginocchio su punitivi ceci.

Si dileguò con molti suoi sodali

riservando il final con doglie e preci

a un gruppettino di penitenziali.

Chiarugi infatti a Caparrin s'appaia

e i due scortan le code sul Palaia.

 

L'inclita coda da Copparo parte,

per Ulivier passando e per Mannucci,

per le due dame fervide in quest'arte,

tutti al passo di vino e tarallucci,

detto altrimenti di chi gioca a carte,

che solo ad uno può riservar crucci:

la sorpresa final non influenzo

se dico che si tratta di De Rienzo.

 

Partito con baldanza e addirittura

del batrace Copparo più veloce,

De Rienzo in corso d'opera s'oscura,

a fuoco lento sul Palaia cuoce

ma i compagni di corso rassicura

che senza spinte porterà la croce.

Ha il grande onor da scrivere sugli indici

di prima botta del duemilaquindici.