Centotrentesima puntata 31/08/2014

Primo giorno di scuola. Dopo le vacanze tanti anziani professori conoscono una giovine alunna.

 

Quest'opera prosegue lenta e stanca

ma Caparrin che dalle ferie torna

è un evento speciale che non manca.

Nel mese in cui su un'isola soggiorna

egli lascia la bici in zona franca,

mentre i ciclisti di cui si contorna

pedalano da soli in tutto agosto

o s'allenan in gruppi di nascosto.

 

La voglia di staccare il presidente,

anche se su un banale Strada in Chianti,

richiama alla partenza tanta gente.

Non sanno quel che è scritto in altri canti:

egli pedala sempre mediamente,

chilometri allenati pochi o tanti.

D'Eubulide in lui vale il paradosso:

un grano è equivalente a un mucchio grosso.

 

Comunque la lusinga di staccarlo

attira molti che da lui son vinti:

Mandolino Mancin, Rinaldi Carlo,

Ulivieri e il fusibile Maltinti.

D'Assan e Giunti e di Buglion poi parlo,

di Ramerin riemerso dagli estinti,

e d'altri proci storti, bassi e obesi

dei qual s'ignora il nome e l'esegesi.

 

"Giammai temo Corder, Nozzol, Scardigli."

Sostiene Caparrin che fa la scorsa.

"Né Chiarugi o Cocchetti, miei famigli,

né Corsinovi che ha fama trascorsa.

Dopo un mese di flutti e di giacigli

ambisco al vecchio onor di fin di corsa.

Dopo un mese di fiacchi e dolci lidi

fra voi non vedo ancora chi m'insidi.

 

Non sarà la Bertelli ch'è in ritardo,

né un Nucci pur in veste godereccia,

né Costoli, nemmen se fa il petardo."

Frattanto nel ploton s'apre una breccia

e si converge il collettivo sguardo

su una giovin ciclista con la treccia.

"Buongiorno," dice come chi si scusa

"son Galli Viola e mi manda la musa.

 

Alla Bertelli poscia feci appello."

Lo dice in mezzo ai primi movimenti

come fra lupi un innocente agnello.

"Sol da tre mesi ho appreso i rudimenti,

ma si narra che d'Empoli e Castello

fra i ciclisti voi siate quei più lenti."

Pedala e sul polpaccio le traspare

un marchio quasi semicircolare.

 

È il cosiddetto marchio del bubbone,

d'unta moltiplica fedele stampa,

che ai più ingenui ciclisti ben s'appone.

Sul Chiesanuova, la sua prima rampa,

sale marchiata ma non s'indispone,

anche se alla Bertelli più non scampa.

Si crea difatti un garrulo binomio

che anche a San Polo merita l'encomio.

 

Lungi da lor è la ducale schiena

e Caparrin ben presto si rassegna

a recitar nella mediana scena.

La giovin Galli col sudor s'impegna

ma non si sa se noccia più la lena

o la Bertelli sua compagna degna.

A Strada, sito della sosta-Pagni,

la segue sempre, pure dentro i bagni.

 

Liete e caudali le due damigelle

dai maschi non si fanno mai distrarre.

C'è chi insegna, consiglia o dà novelle:

Nucci sull'uso del caffè nel barre,

Cocchetti su pedali e pedivelle,

Giunti sull'accordar delle chitarre.

La giovin Galli pensa già al sollievo:

"In salita di torno me li levo."

 

Infatti un po' di pace le è concessa

sulla dolce collina di Luiano

che ai maschi sembra il Poggio o la Cipressa.

Con la Bertelli, mano nella mano,

stan sole alunna e sua professoressa.

Altri eventi son di secondo piano:

di Tempestin con Nozzol l'ardua lotta

e di Maltinti la fugace botta.

 

Maltinti ch'era parso inver brillante

or giust'appunto come mina brilla.

Assan che invece pare traballante,

con quella pancia svirgola e vacilla,

sembra sul punto d'esser detonante

ma poi ritrova sempre la scintilla

che lo salva dal letterario scorno

e gli accelera il passo del ritorno.

 

Con lui molti s'affrettano all'ovile

per niente preoccupati né curiosi

sul destin della squadra femminile,

che arriva senza infarti od acidosi.

La giovin Galli ha scariche le pile

ma i maschi adesso sono premurosi:

Cocchetti nelle curve la pilota

e Tempestin la invita a stare a ruota.

 

La musa su tal tema non si esprime,

ma la Bertelli tosto profetizza:

"Al Giro la vedrete tra le prime."

Son poche, è vero, le rivali in lizza

e audace è parlar or di passi e cime

ma Caparrin presago sintetizza:

"Il nostro Tour di Francia primordiale

all'anno suo di nascita risale."

 

Se mai continga che la giovin Galli

sia invece stucca dopo il primo assaggio,

per altre vie, per altri impervi calli,

le resterà il ricordo d'esto viaggio,

forgiato ben con oli e con metalli,

a guisa d'indelebile tatuaggio.

Basterà che non lavi con lo straccio

il marchio del bubbone dal polpaccio.