Tredicesima puntata 19/09/2004
Dopo i lampi la botta. Boldrini continua a buscarne, pure dagli infermi.
Non s’è ancor spenta l’eco di Mirmina
che già son tutti pronti alla conquista
di un’altra inevitabile collina.
I nove soliti il trinacrio avvista,
più due fermati dalla medicina:
Nucci e Bertelli son di nuovo in pista,
col primevo Bagnoli, quello saggio,
che in bici si rivede qui da maggio.
Si rivede vicino all’equinozio
pur qualche guanto e qualche manicotto
e un’andatura che rasenta l’ozio.
Né per scherzo si vuol, né per strambotto,
rischiare questa volta il vil negozio
che conduce un ciclista a farsi cotto.
Così Bagnoli prima del ritorno
s’è allenato una volta almeno al giorno.
La crisi può arrivare all’egro Nucci,
intabarrato pure in un farsetto
che gli copre la pancia e gli altri crucci,
non a Boldrin che scatta da furetto
e aspetta qualcheduno che si ciucci
il suo possente ardor che gli va stretto.
Tira, mazzuola, spinge e non si stanca
e nessun per terror giammai l’affianca.
Eccolo primo, folgorante in soglio,
col suo collo taurin che raccapriccia
tanto di grosse crespe fa rigoglio.
C’è un gruppo ignoto che di noi s’impiccia
nella vallata dell’esausto Roglio;
potrebbe dunque accendersi la miccia,
ma quando ognuno quella chiorba inquadra
fugge a cercar riparo in altra squadra.
La foga di Boldrin ormai tracima,
vorrebbe raccontar all’orbe intera
dell’esperienza sua del giorno prima
alla ciclistica ambrosiana fiera:
ruote, telai, manubri in bella rima
potrebbe sciorinar fin a stasera,
ma nessuno del gruppo par che apprezzi
e scansato è com’un ch’emana olezzi.
Allora d’ira sorda si prosciuga
e ripaga gli ingrati d’ugual metro:
china la chiorba, il collo assai corruga,
e s’invola con Giunti che sta dietro.
Questa sarebbe decisiva fuga
ma vanno dritto, non a Santo Pietro,
così Chiarugi e Tempestin sagaci
curvan in testa con saluti e baci.
Giunti è tagliato fuori e pure piscia,
ma Boldrin non accetta cotal onta
e la bici con ansietà scudiscia.
Dei dodici un ad uno fa la conta
e i due felloni non la passan liscia
subendo l’implacabile rimonta.
Tempestini rampogna e poi Chiarugi,
ma dietro non si perdono in indugi,
con Giunti senza il peso di vescica
e con Elle Bagnol che li conduce,
il resto del ploton senza fatica
questo distacco a Terricciol ricuce,
anche se a guardar bene non c’è mica
il Conte Zio, né Caparrin il duce.
C’è stabile oramai fra i semidei
Mirmina rivestito da Mapei.
Ora incomincian le roventi note
quando La Rosa Peccioli presenta
dove s’andranno a riposar le ruote.
Elle Bagnol d’avvantaggiarsi tenta
con Borchi e con Chiarugi alle sue piote,
ma il gruppo su di lor tosto s’avventa.
Inizia la salita che non c’è,
Peccioli, degna di cinquantatré.
E mentre l’avanguardia tergiversa,
sfreccia Boldrin con smisurata furia
tanto che il muro del suon attraversa.
È solo e d’avversari c’è penuria
dietro ogni curva nel sudor immersa.
Sale così e saliva con lussuria,
cresce la vanità di sponda in sponda
mentre la bava dalla bocca gronda.
Se è saliva d’orgasmo o d’acidosi,
Boldrini lì per lì poco comprende
e continua a gonfiar polpacci irosi,
finché il suo corpo bruto lo sorprende
e sulla via dei corridor famosi
ai colpi altrui sfibrato egli s’arrende:
Chiarugi lo sbatacchia come il vento
sul finale da dodici percento.
E questo passi. Non è molto strano
che Boldrini si becchi botte e corna
dal valor dell’antico capitano.
Quel che però alla critica non torna
è l’egro Nucci che col fiato in mano
come un babbeo lo cuoce e se lo inforna.
E qui Boldrin, ciclista del transgene,
non sembra l’abbia presa troppo bene,
perché si vede quel suo cranio eburno
aggirarsi per Piazza Garibaldi
con abito dolente e taciturno.
Gli altri che giungon misurati e saldi
piomban nel bar senz’aspettar il turno
e pascono cornetti e caffè caldi,
e vuol saper ansioso Caparrini
chi ha vinto questa Coppa Sabatini.
Si voleva qualcuno che scoppiasse
ed è toccato a quello con le assai
più gigantesche muscolari masse.
Anche se non l’ammetterà giammai,
questa è una vera botta di gran classe
che fa tremar le rocce ed i nevai.
Ed a Boldrin per chiuder la puntata
spetta una solitaria ritirata.