Centododicesima puntata 18/11/2012
San
Donato in Poggio, ovvero un tedioso preludio ad una coltellata.
Era
un mattino bigio e un poco tetro
ma
Caparrin sembrava ben disporsi
guardando
le nubecole dal vetro.
"A
Novembre già tre su tre percorsi
ho
cassato, ed il quarto adesso impetro
che
almen s'inizi senza ma né forsi.
Prima
che esondin altri fiumi e fossi
aspetto
una marea d'eterodossi."
Invece
il primo è un ortodosso puro,
quel
Chiarugi che poco lì si vede
ma
in tutte le puntate è di sicuro,
e
sempre cita le famose prede
di
questo giro che non pare duro
ma
che esordienti e sprovveduti lede:
"Mirmina
e Muritan sono i famosi
che
a San Donato in Poggio son esplosi."
I
due da tempo son ormai scomparsi,
e
di novizi ne passaron tanti
non
abbastanza temerari e scarsi.
Baglioni
per esempio si fa avanti
ma
non dà molta speme d'immolarsi
dopo
che indenne sopravvisse al Chianti.
Gambali
ha bianchi e par pure elegante
con
un farsetto inedito e pesante.
"È
roba rara," Caparrin confessa
"che
avevo in magazzino da molt'anni.
Meno
male qualcuno se l'è messa."
Oggi
son strani e variegati i panni
ma
quei che vince per stranezza espressa
è
Ulivieri che sembra il prete Gianni:
una
rete dorsal che non s'ignora
come
sul capo il velo d'una suora.
C'è
davvero un curioso campionario
di
ciclisti che paion freddi o caldi:
nero
è Donati accanto a quel reziario,
Giunti
ha il pastrano e ghette ha il buon Rinaldi,
Menichetti
ha di lana un gran sudario:
son
le quattro stagioni di Vivaldi.
Poi
ci son quelli come Tempestini
che
sulle scarpe mettono i calzini.
Son
tutti lenti, variegati e belli.
Un
solo eterodosso oggi è venuto
che
par noto soltanto alla Bertelli,
o
fa finta d'averlo conosciuto,
perché
lei chiama tutti "questi" o "quelli"
e
pur ai senza nome dà saluto.
Intanto
insieme a lei convien che inforchi
la
bici pure il noto Remo Borchi.
Tolto
l'imbelle Nonni ch'è fugace,
o
Nucci che da quando Boldrin manca
sembra
proprio aver messo il cuore in pace,
per
altri due la musa si rinfranca,
e
ben sa che al lettore pure piace
quanto
in salita qualcheduno arranca.
De
Rienzo è il primo ch'è vestito buffo
tutto
celeste come il Grande Puffo,
e
poi da tanto tempo non si sfotte
chi
di tale materia è competente,
Maltinti
gran cultore delle botte.
Non
è certo un impavido esordiente
ma
quando esplode son finestre rotte,
anche
se un po' s'allena ultimamente.
E
mentre il gruppo sfila, a dire il vero,
c'eravamo
scordati di Cordero.
Questi
son giri di giardini e d'orti
dove
regna sovrano il chiacchiericcio
epperò
non v'è trippa per i forti.
La
salita non è nemmen d'impiccio,
perché
con flemma e fiati poco corti
parlan
d'ogni argomento, anche il più spiccio.
Menichetti,
cultore della topa,
invece
parla qui di chi si dopa.
Boldrini,
Contador, Cunego e Basso
son
quelli più citati nel plotone
che
impercettibilmente allunga il passo
senza
interromper la dotta concione.
Maltinti
che non è però il più lasso
rallenta
coi compagni di fiatone
e
col passo di chi lavora a maglia
intatto
valica il bivio Canaglia.
Non
si sa ben perché così si chiami
ma
poi di San Donato c'è la rampa
che
sgomenta Maltinti e gli altri grami.
Resiste
col pensiero mentre avvampa
anche
perché convien che tosto brami
le
paste a cui l'Empolitour mai scampa.
Maltinti
lotta come un pancraziaste
ma
al bar tutte finite son le paste.
Esser
potrebbe un bel colpo di grazia
inferto
sulla sua fragile pelle
mentre
la compagnia riparte sazia.
"Dov'è
Maltinti?" Infatti un grido impelle
quando
la strada del ritorno spazia
nei
dossi tra Morrocco e Tavarnelle.
"Aspettate"
poi s'ode " ancor Maltinti
e
Caparrin che sempre sta coi vinti."
I
commenti son multipli e indecisi
ma
la musa che aspetta ormai da mesi
già
pregusta una sacrosanta crisi.
Maltinti
è fra color che son sospesi
e
scrutando sospetta nei lor visi
i
cedimenti del suo corpo attesi.
Ma
d'impeto al castello di Marcialla
sorpassa
tutti con le gambe in spalla.
Mai
dall'arco scoccò cotanta freccia:
un
fulmine che squarcia il grigio tedio
e
turba l'andatura godereccia.
Contro
di lui nessun trovò rimedio
e
nel cuor dei tifosi fece breccia,
alla
musa mostrando il dito medio.
Così
s'alternano le umane gesta:
questo
di tanta speme oggi ci resta.